“Ricevimento di Matrimonio”. Centocelle ROMA – 20 Settembre 2020 |
Siamo arrivati al ricevimento di matrimonio, il giorno più sfarzoso in termini di spesa economica e abbigliamento.
Abbiamo visto come nei matrimoni sia fondamentale il consenso delle famiglie, soprattutto degli anziani, solo allora si può formalizzare l'assenso con la cerimonia chiamata “Dehka-dekhi” che suona come “vediamo!”. È un momento molto importante, in cui le due famiglie degli sposi si incontrano in una delle due case, spesso in presenza dell'imam, e se l'offerta della dote è ritenuta valida si firmano le carte e si decide il giorno del matrimonio.
Solo allora la tensione è sciolta e si può
festeggiare in famiglia con i dolci e il Paan-Chini, ovvero le foglie di
betel e noci di araca.
Il ricevimento solitamente è organizzato dalla
famiglia della sposa e lo sposo, con il suo seguito di famigliari ed amici (Borjatri),
arriva in tarda serata. Prima di raggiungere il luogo del matrimonio lo sposo
chiede il permesso alla madre per iniziare una nuova vita, e solitamente è la
madre che lo accompagna.
Il ricevimento, nel paese di origine, è
chiamato “Preetibhoj” e di solito è fatto all'aperto, per presentare la
sposa alla società.
Va detto che è veramente complicato orientarsi in questo dedalo di ritualità e nomi, in tre giorni, rimbalzando dalla India al Bangladesh e tra Induismo e Islam; e spesso si trovano anche informazioni errate sui maggiori siti di informazione. Valga l'esempio del Bou Bhaat, che spesso si trova scritto come Bou Bath, facendo pensare al “bagno della moglie” (bou in bangla è moglie), mentre la corretta dizione è Bou Bhaat, ovvero il “riso della moglie”.
Questo rito molto importante ha delle
differenze nelle due versioni hindu-islamico dei matrimoni: in sostanza è il
riso che la moglie cucina, per la prima volta, allo sposo e alla sua famiglia,
a casa, a matrimonio avvenuto.
Nel matrimonio induista il Bou Bhaat avviene nel
terzo giorno, durante la giornata, in cui la moglie cucina il riso per la
famiglia del marito, e lui le dona un saree e un piatto di cibo chiedendole di
prendersi cura di lui per tutta la vita - “Bhaat Kapor”.
Il matrimonio induista non è poi così differente
da quello islamico, se non per la parte religiosa, ovviamente. Ma una grade
differenza è che, nonostante sia anch'esso celebrato in tre giorni, tutti i
principali riti avvengono in un unico giorno: il primo, con il Gaye Holud
durante il giorno e il matrimonio nella sera.
Il secondo giorno si celebra il Basi Beeye e
la moglie lascia la sua casa per andare a vivere nella casa della famiglia del
marito. Sulla prima notte di nozze ci sono anche delle leggende comiche, come
quella del Phool Shojja, che è il “letto adornato di fiori”. Si
dice che nella prima notte di nozze i novelli sposi non possano avere rapporti
sessuali (“Kaal Ratri”), perciò nella loro stanza ci sono gli amici
dello sposo, anche sotto il suo letto, per vegliare con lui sulla presenza dei
demoni che renderebbero la loro vita coniugale sfortunata e maledetta – ma
questa pare sia appunto un gioco per intrattenere i giovani.
Il terzo giorno c'è il Bou Bhaat e la sera,
finalmente il ricevimento.
Uno dei rituali in particolare più emozionante,
a matrimonio avvenuto, è il Bidaay, ovvero il momento di gioia e
tristezza in cui la sposa dice addio alla sua famiglia. La sposa deve gettare
del riso nel saree della madre per compensare la responsabilità che la madre ha
avuto per lei e che, da ora in poi, sarà a carico del marito.
Questo è, in breve, il matrimonio e ora vi
lascio con alcune fotografie del ricevimento di nozze di Nadia e Sayeem.
Un'ultima cosa, tendenzialmente il colore
dell'abito della sposa è il rosso, legato alla nuova nascita, come anche per la
festa di inizio Anno Nuovo (Poela Boishakh), ma ormai si seguono altre
tendenze e non è più una certezza.
Nel prossimo – e ultimo – articolo vedremo il
Nikah islamico in un altro matrimonio.
Centocelle. ROMA – 20 Settembre 2020 |
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