Shapoor Nusserwanjee Bhedwar “The Mystic Sign” From Album “Art Studies”, c.1890 Carbon print |
Ci sono delle fotografie veramente particolari, come questa che ho
avuto la fortuna di trovare in uno splendido libro che ho comprato
recentemente: “Photography in India – A Visual History from the 1850s to the
Present”.
Il libro è notevole e completo, ben 300 pagine che spiegano come la
Fotografia sia arrivata in India e tutti i suoi maggiori esponenti.
C'è da dire che l'India, in quanto colonia britannica, il “gioiello
nella corona”, fu tra i primi paesi che vennero a conoscenza della Fotografia,
già dopo pochi mesi della sua invenzione.
Perché essa fu usata come uno dei mezzi del progetto di colonializzazione
degli europei nei vari paesi asiatici, e del sub continente indiano.
Fu così, grazie ai sultani e ai Re che esercitavano il loro potere per
i paesi dominanti, che la Cina, la Malesia, l'Indonesia, l'India, conobbero
questo nuovo mezzo di espressione, soprattutto con il movimento “pittorialista”
che traghettò la pittura verso la moderna invenzione di Daguerre e Talbot.
Io credo che vada sempre ricordata l'enorme influenza che ha avuto
Felice Beato, grazie al suo ininterrotto viaggiare per i paesi asiatici
insegnando l'arte del pittorialismo.
Comunque non è di questo che voglio parlarvi.
Bensì di questa foto di Shapoor Nusserwanjee Bhedwar, nato nel 1858 da
una ricca famiglia Parsi di Bombay, dove studiò arte e letteratura.
Interessato anche al teatro, si avvicinò alla fotografia nel 1888 per
illustrare i suoi propri testi. Studiò alla Scuola Politecnica di Fotografia di
Londra e divenne presto celebre in Europa e India, vincendo diversi premi.
Anche lui, come molti all'epoca, abbracciarono l'ideale del
pittorialismo, che vedeva la fotografia come qualcosa di più di una semplice
rappresentazione della realtà. Bensì come una forma d'arte, non lontana dalla
pittura, con quale narrare in forma drammatica e teatrale.
Questa fotografia si intitola “il Segno Mistico”, ed è del 1890.
Penso che raramente un titolo fu mai più azzeccato.
La prima volta che l'ho vista sono saltato sulla sedia.
Va bene, chissà che sta facendo quell'uomo davanti al gruppo di donne
in sua ammirazione. Però, a primo impatto penso che ognuno di noi abbia pensato
a quel “segno mistico” che è diventato un marchio del nostro secolo, un'icona
antropologica della nostra modernità: lo scatto con il telefono.
È veramente buffo, e certamente molti di voi, leggendo con tutta la
vostra razionalità, starete pensando che non ha alcun senso, che quell'uomo sta
facendo tutt'altro.
Ovviamente, a quell'epoca non esistevano di certo gli smartphone.
Ma, ogni tanto, dobbiamo anche vedere il mondo e le immagini con gli
occhi da bambino, giusto? Sennò che noia...
E allora lasciate il cervello sotto il cuscino, come diceva saggiamente
qualcuno, e godete della posa sorridente e attenta delle donne raccolte in
gruppo davanti a questo ricco nobile, con le mani nel gesto perfetto che
vediamo ogni giorno della nostra vita. Non scattare una fotografia con la
macchina fotografica ma proprio con il suo telefono.
Immersi in quel bellissimo bianco e nero stampato a carbone.
Penang. MALAYSIA, 2019 |
Il caro Shapoor Bhedwar mai avrebbe immaginato che quel segno sarebbe
veramente diventato “mistico”, perché come si racconta ormai da anni,
l'immagine ha colmato per molti esseri umani il vuoto lasciato dalle religioni.
Narciso ha bisogno di cercare sé stesso sullo specchio dell'acqua
perché il cielo è ormai vuoto di significato.
Alla mistica dei santi siamo giunti alla mistica delle immagini, ma non
quelle iconiche religiose, bensì quelle quotidiane di noi stessi moltiplicati
all'infinito come unica forma d'immortalità (terrena).
Godiamoci allora, come bambini stupefatti, la curiosa bolla temporale
di questa immagine. Uno scherzo certo, un'illusione – un prodromo.
Mistica e razionalità non sono mai andati d'accordo, del resto.
“Photography in India – A Visual History from the 1850s to the Present”, a cura di Nathaniel Gaskell e Diva Gujral (Prestel, 2018)
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