“Non posso insegnare niente a nessuno. Posso solo farlo pensare.”
(Socrate)
A me piace molto pensare sulla Fotografia, e scriverne.
Intendiamoci, non perché io sia chissà chi; io sono un semplice
fotografo come molti altri, però mi piace riflettere su ciò che la Fotografia
significa per me o per la vita degli altri.
Non vorrei parlare di “funzione” perché una parola che non mi piace,
credo che “impatto” sia un termine più appropriato.
Ultimamente ho ripreso a leggere un vecchio amore dei tempi
dell'Università, e mi ha fatto tornare a pensare, a provare a tracciare linee.
Socrate. Quanto mi affascinò.
Ricordò ancora le lezioni di Filosofia antica di uno dei migliori
professori che ebbi in tutta la mia carriera universitaria: il Prof.
Giannantoni, morto nel 1998 qualche anno prima della mia laurea, pace all'anima
sua.
All'inizio mi sembrò un suicidio provare a seguire le sue lezioni per
dare gli esami, perché io venivo dal Grafico Pubblicitario, un istituto
tecnico, e non dal Liceo Scientifico o Classico come quasi tutti quelli che
seguivano le lezioni di filosofia antica; io non sapevo né greco né latino.
Ma come spiegava lui rendeva tutto così chiaro e appassionante. Due
anni, due corsi e due esami sui “Dialoghi” di Platone, entrambi superati con il
massimo dei voti e qualche parola di greco imparata.
Soprattutto l'amore profondo per Socrate. Per me il più grande filosofo
di sempre; grande Aristotele, Platone, Hegel, Kant, e chiunque venga in mente,
ma Socrate rimane al di sopra di tutti, anche se poi non ha mai insegnato
nulla, non esiste infatti un sistema di pensiero socratico.
Esiste un metodo socratico.
Leggere i suoi “dialoghi”, scritti in modo splendido dal suo allievo
Platone, apre la mente come il coltello apre una mela in due parti.
“Il sesto giorno del mese di Targelione, nel terzo anno della LXXVII
Olimpiade, gli ateniesi si riversarono lungo le strade principali per assistere
alla processione annuale dei Pharmakoi […] Quello
stesso giorno, Fenarete, moglie di Sofronisco del demo di Alopece, dà alla luce
un bambino cui viene dato il nome di Socrate.” (Armando Massarenti)
Era il 470 A.C.
Pare che il padre gli insegnò il mestiere dello scalpellino, perché per
la legge ateniese ogni padre doveva insegnare un mestiere ai propri figli.
Ma c'è chi dice che Socrate non abbia fatto altro per tutta la vita che
filosofare.
A suo modo, cioè dialogando, sempre, su qualsiasi argomento, con la sua
proverbiale ironia.
Brutto fisicamente, dal pessimo odore e con una moglie dalla fama
terribile, Socrate è passato alla storia per diversi motivi.
Innanzitutto la sua citazione più celebre: “L'unica cosa che io so e
che so di non sapere”.
L'arte del dialogo, portata da lui ai massimi livelli. Leggere i suoi
dialoghi è come assistere ad una partita a scacchi che inizia sempre con la sua
caratteristica domanda “che cos'è...?” (tì esti?), e dove lui vince
sempre.
Era la parte che mi eccitava di più all'epoca dello studio. Veramente
ti insegna a pensare, a prendere le frasi di chi parla e a ribaltarle contro la
stessa bocca che le ha pronunciate.
Era un gran rompiscatole, senza dubbio. Non allineato politicamente,
incorruttibile. Per questo fu alla fine condannato di empietà dal governo
ateniese, nel 399 A. C., e costretto a bere la cicuta come è descritto
nell'ultimo dialogo di Platone, quell' “Apologia di Socrate” che è uno dei
vertici non solo della filosofia ma della letteratura di tutti i tempi.
Nonostante la sua innocenza preferì morire, rifiutando l'esilio come
scelta perché sarebbe stata un'ammissione di colpevolezza.
E come riporta un aneddoto, pare che tra le sue ultime parole ci fu la
risposta ad un amico che, piangendo, gli disse: “Socrate, tu muori innocente!”,
e il filosofo rispose serenamente, “Preferivi che fossi colpevole?”
Ma che c'entra tutto questo con la Fotografia?
Bene, un altro delle eredità più famose di Socrate alla nostra cultura
è il metodo detto della maieutica.
La potenza del suo modo di pensare e filosofare è sempre stata quella
del debbio, della domanda, proprio perché non ha mai insegnato nulla – del
resto ha sempre ammesso di non sapere.
Allora da dove escono le definizioni dei vari aspetti dell'esistenza
umana, dalla bellezza, alla giustizia, all'amicizia, alla politica, che sono i
temi di ogni singolo “dialogo”?
Provengono dai suoi interlocutori (che danno il nome ad ognuno dei 35
dialoghi).
La maieutica la spiega lo stesso Socrate nel “Teeteto”: dialogando con Teeteto, il filosofo cita il mestiere
della propria madre, la levatrice, dicendo appunto che è il suo stesso mestiere
– la maieutica, il far nascere i figli. L'arte di tirare fuori.
“La mia arte di maieutico in tutto è simile a quella delle levatrici,
ma ne differisce in questo, che essa a iuta a far partorire uomini e non donne
e provvede alle anime generatrici e non ai corpi. Non solo, mail significato
più grande di questa mia arte è ch'io riesco, mediante essa, a discernere, con
la maggiore sicurezza, se la mente del giovane partorisce fantasticheria o
menzogna, oppure cosa vitale e vera.” (Socrate,
“Teeteto”)
Questo era il suo dono e il suo più grande segreto.
Attraverso il dialogo Socrate riusciva a tirare fuori la verità dalle
anime delle persone, senza che ne fossero a conoscenza.
Lo ha fatto per tutta la sua esistenza, in modo sublime, sicché i suoi
allievi furono tra i più grandi filosofi del mondo intero.
Si, ma che c'entra con la Fotografia?
Non lo so, io sono qui a pensare, a rivedere le fotografie dei maestri,
a vedere le mie foto modeste, a sentire come tutta la mia vita adesso ruoti
intorno alla Fotografia, e come me tante altre persone provano lo stesso amore
ed attrazione.
La magia di osservare immagini stampate che raccontano; ma raccontano
che cosa?
La Fotografia non crea nulla, non modifica, non inventa. La Fotografia
riproduce.
Allora perché ciò che noi vediamo riprodotto in un'immagine ci lascia
con stupore e meraviglia, con un senso intimo di bellezza che ha qualcosa di
diverso dalla realtà in sé?
Io credo che ci sia una sottile somiglianza con la maieutica
socratica.
Anche il filosofo non creava niente, ma dialogando faceva in modo che
la verità venisse fuori da chi gli stava davanti.
E non fa la stessa cosa il fotografo? Con la sua macchina fotografica,
scegliendo una porzione di realtà e iniziando a dialogare con essa, cercando di
far emergere una bellezza che è nelle cose e nelle persone ma la cui presenza
non è così evidente finché non è messa su carta.
Quante volte mi è capitato di vedere donne stupite nell'osservare i
loro ritratti. Come se vedessero un'altra da sé. Ma la macchina fotografica non
è uno specchio magico che modella e corregge: essa semplicemente riproduce e
mostra, ma se lo fa in modo abile allora è in grado di tirare fuori una
bellezza che le persone non sapevano di avere.
Questo vale per i paesaggi, i fiori, le architetture e tutto ciò su cui
si posa la lente, se con intenzione.
Perché c'è dialogo e dialogo.
Non sempre si parla con il vero interesse di ascoltare, di sapere che
c'è dentro i nostri interlocutori. Molto spesso si parla ma con metà mente
intenta a pensare ad altro, in modo sterile.
Senza attenzione, senza amore per il dialogo.
Filo-sofia, amore per la sapienza, quella che
Socrate provava profondamente tanto da essere ormai citato da tutti come il
filosofo per eccellenza.
Il dialogo è appunto il dia-logos, un discorso (logos) tra
(dia), tra le persone.
Io credo che il fascino che la Fotografia esercita su di me come su
molte altre persone è proprio questa sua capacità maieutica.
Ogni foto è una nascita, la nascita della bellezza di ciò che
osserviamo, come un'epifania.
Ma soprattutto è la nascita dell'amore che noi proviamo per tutto ciò
che è davanti ai nostri occhi.
Dedicato al mio Prof. Giannantoni...
Pantai Teluk Bayu. Teluk Kumbar, Penang. MALAYSIA – 12 Ottobre 2019 |
“Socrates – Life, Thought, Testimonies” (Il Sole 24Ore, 2006)
Plato: “All dialogues” (Greek and Latin Classics, Oscar Mondadori, 1993)
Plato: “Apology of Socrates” (Marsilio, 1993)
Gabriele Giannantoni: “What did Socrates say” (Astolabio Ubaldini, 1978)
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