“Danza, danza, danza,
lascia che il cielo raccolga
i tuoi passi in ghirlande
di note, con il corpo rigato di sudore
e il viso coperto da un velo.”
(Stefano Romano)
Danzatrice Bharatanatyam in riposo. ROMA – 16 Febbraio 2018 |
Danza deriva dal sanscrito tan
che vuol dire tensione, ovvero la tensione spirituale tra l'uomo e la
natura, tra l'uomo e Dio.
In Oriente si dice che il Dio
Shiva-Nataraja ha creato il cosmo danzando. Nel Buddismo lui è il Signore della
Danza, Shiva danza e la materia intorno a lui si crea e distrugge in vortice
come fiamma.
Fotografare la danza significa
partecipare ad essa, perché non vi assistiamo come tutti gli altri, immobili e
capaci di osservarla nella sua interezza e complessità, ma dovendo scegliere
dei momenti da fotografare noi ci isoliamo dal resto e seguiamo solo una coppia
di danzatori, o uno solo, una mano, un particolare dell'abito e ne seguiamo
ogni movimento, diventiamo parte di esso.
È vero, non ne godiamo appieno come ogni altro spettatore, ma ne abbiamo una visione più intima, siamo nel muscolo teso sotto la pelle, nel sudore del volto, nella campanella che suona alla caviglia.
La danza è un momento splendido da
fotografare, nelle sue difficoltà: è come strappare una pagina di un libro che
sfogli velocemente. Ogni danza è un racconto, specialmente quelle indiane, e di
tutti quei gesti e movimenti noi dobbiamo scegliere quale ci piace di più,
grazie alla quale chi non può leggere quel libro interamente può comunque
farsene un'idea.
C'è la bellezza degli abiti, i suoi colori, il make-up, le espressioni del viso, l'intimità tra i danzatori.
Una buona fotografia di danza
dovrebbe non solo rendere la complessità e la meraviglia della danza in sé, ma
anche raccontare i suoi suoni, gli ansimi di fatica, la tensione e la
liberazione.
Questo è un omaggio a tanti anni di
fotografie e danze, e ai loro danzatori che – molto spesso – sono diventati
miei carissimi amici e amiche.
Nela scelta non ho inserito molte
foto della Bolivia, della Thailandia o dell'India perché ne avevo già parlato
in altri articoli.
Non voglio neanche descrivere, appesantire con parole la leggerezza dei corpi e delle vesti. Fatevi portare in giro per il mondo dal loro movimento, da Occidente ad Oriente, e infine con i ritratti dei danzatori.
E che la musica sia nei vostri occhi e nei vostri cuori.
Tinku, una tradizione boliviana di Aymara, iniziò come una forma di combattimento rituale. In quechua, significa “incontro”. Durante questo rituale, uomini e donne di diverse comunità si incontreranno e inizieranno i festeggiamenti ballando. Le donne formeranno quindi dei circoli e inizieranno a cantare mentre gli uomini procederanno nel combattimento; raramente, anche le donne si uniscono ai combattimenti. Grandi tinkus si tengono a Potosí durante le prime settimane di maggio.
ROMA – 2 Marzo 2014World Break Dance contest
La break dance è una danza di strada sviluppata da teenager afro-americani e latino-americani nel Bronx di New York a partire dalle feste organizzate da dj Kool Herc nel 1972.
ROMA – 4 Settembre 2011
Le maschere africane non sono semplicemente
bellissimi oggetti artistici da ammirare. Piuttosto, fanno parte di un costume
cerimoniale. Non sono pensati per rappresentare persone reali o animali.
Queste maschere servivano come modo
per le persone di comunicare con il mondo degli spiriti. Gli spiriti che si
stabiliscono nelle maschere possono essere antenati o entità naturali.
Quando qualcuno indossa la maschera la sua identità viene rilevata dallo spirito rappresentato dalla maschera.
ROMA – 23 Maggio 2015
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“Pradeep Shastra Dance Group”
Esistono tre stili principali della
danza classica dello Sri Lanka:
Le danze Kandyan di Hill Country,
noto come Uda Rata Natum;
Le danze della bassa campagna delle pianure meridionali, conosciute come Pahatha Rata Natum; Sabaragamuwa dances, o Sabaragamuwa Natum.
ROMA – 24 Aprile 2017
Contingente indiano.
Una lunga giornata di parata per le
vie di Berlino con le danze di tutto il mondo.
BERLINO – 4 Giugno 2017
Subham Mukherjee da Calcutta
Danza indiana Bharatanatyam
“Bumi Devi”
Irine e Anisha – Bharatanatyam Kunti
Devi Group
Con il neologismo Bharatanatyam si
intende un'arte neo-classica composita avente come elementi che la
costituiscono la danza, l'arte drammatica, la musica, la rima e il ritmo
costruiti su dei principi formulati nel Natya Sastra di Bharata Muni (santo
venerato nel sistema di pensiero indiano). Per secoli le Devadasi, sacerdotesse-danzatrici
dedicate sin dall'infanzia ad una divinità, hanno contribuito al culto
quotidiano con la danza Dasi-Attam o Sadir, poiché, secondo i testi sacri, nessun’offerta,
nessuna preghiera è più gradita agli Dèi. Il “Bharata Natyam”, neologismo
creato nel secolo scorso, indica la ricodifica zione di quella danza liturgica
risalente alla fine del XIX secolo, nell'ambito di un più vasto revival delle
arti e tradizioni considerate rilevanti per l'identità culturale indiana. Lungi
dall'essere una “danza millenaria” è di contro il frutto di uno specifico
processo storico di riformulazione stilistica - ed epurazione - che ha condotto all'attuale
forma definita dagli stessi critici indiani “neo-classica”.
La tradizione dice che la danza
Bharatanatyam è intimamente connessa con la religione. Viene persino affermato
che il ritmo fondamentale, implicato nella creazione cosmica, fu usato come
materiale di base per questa forma di danza. Nel cercare l'origine di questa
danza, infatti, si finisce per risalire a storie intessute di leggenda e
mitologia.
ROMA – 20 Maggio 2017
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Anurekha Gosh da Calcutta
Kathak è una delle otto principali forme di danza classica indiana. L'origine di Kathak è tradizionalmente attribuita ai bardi viaggianti dell'antica India del Nord, noti come Kathakars o narratori. Il termine Kathak deriva dalla parola vedica sanscrita Katha che significa “storia”, e Kathakar che significa “colui che racconta una storia”, o “avere a che fare con le storie”. I Kathakars erranti comunicavano storie di grandi epopee e mitologia antica attraverso la danza, le canzoni e la musica. I ballerini Kathak raccontano varie storie attraverso i movimenti delle mani e un vasto gioco di gambe, ma soprattutto attraverso le loro espressioni facciali. Kathak si è evoluto durante il movimento Bhakti, in particolare incorporando l'infanzia e le storie del dio indù Krishna, nonché indipendentemente dalle corti dei regni del nord dell'India. Kathak è unica nell'avere sia gharana indù che musulmani ed elementi culturali. Le esibizioni di Kathak includono Urdu Ghazals e usano comunemente strumenti portati durante il dominio musulmano.
ROMA – 21 Novembre 2016
DHOAD Gypsies
DHOAD Gypsies è un collettivo di
musicisti, cantanti e ballerini consumati, saggi e spiritosi di tutte le
generazioni.
Lo spettacolo affascinante, favoloso
di trovatori di poeti, musicisti, ballerini e fachiri (mangiafuoco) del paese
di Maharaja.
Con sei musicisti, un ballerino e un
Fakir / Mangiafuoco. Gli zingari DHOAD sono dediti alla raccolta delle figure
di spicco delle caste dei musicisti del Rajasthan.
In tutta l'India, il Rajasthan è il
nome di una ricca cultura e tradizioni diverse. La vivacità delle tradizioni e
della cultura del Rajasthan si riflette attraverso la musica e la danza folk.
Per il Rajasthan, la musica e la danza folk sono la vita e sono abituati a
pensarle come parte della loro vita.
ROMA – 24, 29 Marzo 2017
Chitrangee Murugan
La danza Kuchipudi, originaria
dell'Andhra Pradesh, in India Meridionale, è considerata una danza classica.
“Kuchipudi” o “Kuchelapuram” è anche il nome dell'omonimo villaggio sito nel
distretto di Krishna che si affaccia sul Golfo del Bengala, dove, da
generazioni, i detentori di questa forma d'arte vivono assieme alle loro
famiglie.
La tecnica della danza Kuchipudi è vivace e scintillante, contraddistinta da una notevole fluidità nel movimento del busto e delle braccia, in contrasto con rapidi e secchi movimenti dei piedi. Con la danza Bharatanatyam condivide diverse caratteristiche, come l'accompagnamento musicale che è in stile carnatico e alcuni brani tipici del repertorio di Bharatanatyam che in tempi recenti sono entrati a far parte anche di quello Kuchipudi: il “jathiswaram” e la “tillana”. Altri brani, come il “tarangam” che include una parte dove la danzatrice si esibisce, muovendosi su un vassoio d'ottone (e spesso anche con una brocca piena d'acqua in testa) sono peculiari del Kuchipudi. I brani musicali nello stile Kuchipudi sono mimati con espressioni del volto allettanti, rapide occhiate e fugaci stati emotivi che evocano il rasa.
ROMA – 29 Aprile 2017
Io e Kaoru Kobayashi dal Giappone. ROMA – 24
Aprile 2017 |
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