“Le Fotografie Che Amo" 5 – Yasuzo Najima

“Per Nojima il vedere era tutto, e non si privava mai della macchina fotografica.
Egli registrò, protesse e pubblicò la 'bellezza' che lo circondava.”
(Yuri Mitsuda)


Titolo sconosciuto (Modella F.)
Bromoil print, 1931

Non c'è esperienza più elettrizzante, in libreria, che aprire un libro di cui non si sa nulla e rimanere magneticamente ipnotizzati dalle sue pagine.

Questo accade spesso con i libri di fotografia, con autori di cui si era completamente all'oscuro fino ad un attimo prima, e che – una volta acquistati – diventano compagni di una vita.

Mi è successo con il libro di Yasuzo Nojima.

La sua fotografia è la mia quinta scelta.

 

Yasuzo Nojima (1889-1964) nacque a Urawa, Prefettura di Saitama, non lontano da Tokyo, da una famiglia benestante che gli consentì di acquistare una macchina fotografica – lusso per pochi allora – e di vivere della sua arte.

In quegli anni in Giappone era in atto una fase rivoluzionaria di transizione da secoli di tradizione verso un'apertura alle arti e alla cultura dell'Occidente.

Negli anni '20 Nojima faceva parte del shirakaba-ha, un movimento letterario e artistico che si nutriva di suggestioni occidentali; nel 1928 diviene invece membro della Società Fotografica Giapponese.


Koji Nishigori. “Yasuzo Nojima”
Bromoil print, 1930

Dopo aver fatto parte, come molti fotografi giapponesi all'epoca, del movimento pittorialista e della fotografia d'arte, nella sua prima fase fotografica (1915-1923), lo abbandonerà per dare vita al suo periodo “modernista”, negli anni '30, considerato il suo vertice artistico.

Abbandona la gomma bicromata e passa al bromolio, influenzato dalla pittura ad olio.

“Le stampe al bromolio erano fatte a partire da normali stampe alla gelatina a sviluppo che venivano “sbiancate” e inchiostrate a pennello con inchiostri grassi che si depositavano solo in corrispondenza delle zone scure dell'immagine.” (Chiara Dall'Olio)

La parola giapponese per indicare la fotografia è “shanshin” che significa “riprodurre la realtà”. Ma i ritratti degli anni '30 hanno qualcosa che va oltre la semplice realtà.

Lui sceglie poche modelle e le ritrae continuamente, in diverse sessioni di scatti. Come la famosa serie della Modella F.

Nojima stesso scrisse, una volta, che il fotografo dovesse usare l'ombra della luce, la forma e lo stile per creare un'estetica espressiva. Era convinto che nei ritratti delle sue modelle dovesse emergere più la sua individualità ed emotività che non quella delle donne che posavano per lui.


“Miss Chikako Hosokawa”
Bromoil print, 1932

Ma la sensazione è ben altra.

 

Il suo obiettivo non ha distanza, è a ridosso dei volti, come se la sua lente volesse annusare le emozioni del volto, grazie ad un sublime gioco di luci e ombre e con una resa tattile della pelle che sembra poterla accarezzare.

Il più delle volte le donne ritratte guardano in modo deciso nell'obiettivo, ma nella serie di F. il suo sguardo sfugge, si sottrae al nostro.

 

Eppure, ricordo ancora la prima volta che ho aperto le pagine del suo libro e ho visto questi ritratti: li ho trovati irresistibili, unici, magnetici.

Anche se i nostri occhi non incontrano gli occhi di F. si ha la sensazione di poter entrare nella sua mente, nel suo cuore, con un'empatia che rare volte mi è capitato di provare guardando altri ritratti fotografici.

Come se l'ombra della luce rivelasse una dimensione interiore a cui è impossibile sottrarsi; e F. ci chiamasse a provare a sentire ciò che la rende così malinconica e silenziosa.

Distante, ma allo stesso tempo a pochi centimetri dal suo respiro calo.




Titolo sconosciuto (Modella F.) 
Bromoil print, 1931

“Quando faccio un ritratto muovo il soggetto verso un punto dove la luce è adatta. Poi valuto la qualità della luce, delle ombre e delle forme.

Quando sono soddisfatto scatto.”


Ogni fotografia intreccia storie personali con chi le osserva, mi piace chiamarle con il titolo di un famoso romanzo, “relazione sentimentali”; non è detto che possano essere comuni anche ad altri.

Io ho osservato centinaia di ritratti in questi anni, e molto sono splendidi ed indimenticabili.

Nonostante questo, i suoi ritratti continuano ad esercitare su di me un fascino irresistibile, diverso da tutto quello che ho visto.

Hanno un mistero che è difficile tradurre a parole – in questo Nojima è profondamente “giapponese”, come scrive Chiara Dall'Olio, nella sua bellissima introduzione al libro.

I suoi volti sono là, che non ci guardano eppure sentiamo la loro presenza in ogni nostra fibra.

 

Yasuzo Nojima è celebre in Giappone ma quasi sconosciuto in Italia.

Io spero che i suoi ritratti possano accompagnare anche voi, come hanno fatto con me.

La bellezza va sempre condivisa.

 

“Noi troviamo la bellezza non nella cosa in sé, ma nei modelli di ombre, la luce e l'oscurità, in ciò che una cosa contrappone all'altra crea.

(Jun'ichirō Tanizaki)


“Miss Chikako Hosokawa”.
Bromoil print, 1932
 




“Yasuzo Nojima” (Skira, 2011)


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