Lacrime. Maurice Mikkers |
“A volte non ci viene dato di scegliere tra le lacrime e le risate,
ma solo tra le lacrime, e poi è necessario sapere decidere per le più belle.”
(Maurice Maeterlink)
Recentemente mi ha molto incuriosito la storia di Maurice Mikkers.
Mi è capitato di leggere su di lui perché questo ex tecnico di
laboratorio olandese è appassionato di micro-fotografia.
Mi ha aperto un mondo di cui ero completato ignaro.
Sembra che, nel 2015, mentre stava lavorando ad un progetto per
mostrare la cristallizzazione dei principi attivi di alcuni farmaci ha sbattuto
un piede contro il tavolo della cucina, nella sua casa nell'Aia, in Olanda.
Il dolore lo fece lacrimare e, dato che aveva tra le mani un
microscopio, decise di raccogliere una lacrima per osservarla e provare a farla
asciugare, così da mettere in evidenza i cristalli dei suoi sali.
Una volta riuscito a fotografarne la struttura al microscopio, Mikkers
iniziò a chieder ad amici e parenti di concentrarsi su una precisa emozione che
potesse far scaturire il pianto, cosicché lui potesse raccoglierle, catalogarle
e fotografarle.
Da qui è nato un progetto fotografico chiamato “Imaginarium of Tears”.
All'inizio sono rimasto sbalordito.
E io che pensavo che lacrime fossero tutte uguali, acqua e sale.
Macché!
Le lacrime hanno diversa composizione, causa e funzione.
Non è cosa così semplice piangere.
Le lacrime sono formate al 98% di acqua, il restante 2% è composto
principalmente da elettroliti, numerose proteine (albumina, lattoferrina,
immunoglobuline...) e glucosio.
Hanno ben cinque funzioni: pulizia, lubrificazione, nutrizione,
trasparenza ottica e difesa delle infezioni batteriche. Tutto ciò per i cari
nostri occhi.
E sono di tre tipi: le lacrime basali, lacrime riflesse (quelle per
intenderci di quando sbucciamo le cipolle), e le lacrime psichiche, o
emozionali.
Queste ultime sono quelle prodotte durante pianti emozionali (da gioia
o tristezza) e presentano una composizione chimica diversa dagli altri tipi di
lacrime: contengono infatti un quantitativo maggiore di ormoni prolattina,
ormoni adrenocorticotropo, leu-encefalina (un oppioide endogeno e potente
anestetico), potassio e manganese.
Ecco, addio alla mia ingenua ignoranza.
E benvenuti nel mondo segreto delle lacrime.
Questa è la chimica, e va a braccetto con la psicologia.
Perché le lacrime hanno anche una precisa funzione sociale, non solo
fisiologica per l'occhio.
La psicologia ci dice che le lacrime sono evolute nei millenni.
Così come sono parte integrante dell'evoluzione delle nostre esistenze.
Se non ci fosse il pianto disperato, il neonato non otterrebbe mai la
cura, la protezione e l'amore che necessita dai suoi genitori.
Si chiama “pianto vocale” perché è rumoroso e funge da richiamo per chi
non può sentire, o non vuole (qualsiasi genitore ricorda con angoscia le notti
passate in bianco ad alzarsi di continuo, verso la culla del neonato che
piange).
Appena riesce a gattonare, il pianto diventa silente, rivolto ad una
persona specifica, come dialogo segreto tra figlio e genitore.
Ma questo pianto silenzioso non è così distante da quello degli animali
che in questo modo non si dimostrano deboli davanti ai predatori.
E quando cresciamo?
La questione diventa ancora più interessante.
È allora che le lacrime diventano fondamentali.
Così descrive la funzione delle lacrime la psicologa Ivana Thano, in un
suo interessantissimo articolo:
“Ridurre l’azione: rendendo la visione
sfocata, le lacrime diminuiscono la nostra propensione all’attacco.
Scoraggiare l’aggressore: le lacrime
diventano un segnale di pacificazione, stabilendo, anche solo per un momento,
una gerarchia a favore dell’altro.
Garantire il soccorso: il pianto segnala lo
stato di bisogno sociale e la contemporanea sottomissione a chi vorrà offrire
cura.” (Dott.ssa Ivana Thano)
Diversi tipi di lacrime al microscopio |
Le lacrime diventano una modalità immediata di scaricare le tossine accumulate durante situazioni di stress, e scaricano testosterone.
Ecco perché si piange di più la sera, come se fosse una lavanda
dell'anima.
E frenare il pianto danneggia la psiche, così dicono gli studi.
Mentre per quanto riguarda il pianto delle donne, secondo una ricerca
recente, “The action of mammalian chemosignals”, le lacrime emozionali
femminili, possono veicolare dei segnalatori chimici che fungono da
“modulatori’’ dell’eccitazione sessuale, dell’equilibrio fisiologico, del
livello di testosterone e dell’attività cerebrale negli uomini, riducendoli.
Sempre nello stesso articolo, inoltre, la dottoressa spiega che la
cultura può anche influenzare il pianto.
“Dove e come cresci influenza il tuo modo di
piangere
Questo significa che nonostante tu sia un
individuo con le sue caratteristiche uniche e irriproducibili, il contesto
sociale e le variabili culturali incidono moltissimo sulla quantità e sulla
qualità del pianto (benefici ricavati). Per capire quanto la cultura e le sue
regole sociali influenzino l’esperienza del pianto, si pensi alle credenze
della tribù indonesiana dei Toraja. Per i Toraja piangere (udibilmente) da
adulti, è un tabù, tranne in due situazioni molto ben definite: dopo un lutto e
durante il funerale, e per le donne, quando non sono in grado di rimanere
incinte.” (Dott.ssa Ivana Thano)
Mi viene in mente la storia di Eos, la dea dell'alba della mitologia
greca, che nella antica Roma divenne la divinità Aurora.
Eos è descritta da Omero, nell'Odissea, ad aprire le porte del paradiso affinché il sole
sorga ogni mattina, bellissima donna con vesti color zafferano.
Ebbe vari amanti, tra cui Orione e Ares, il dio della guerra, che però
era anche il marito della potete Afrodite, la dea della bellezza.
Che non prese troppo bene il tradimento del suo amato e per questo punì
Eos ad innamorarsi continuamente di comuni mortali.
Infatti, un giorno, passeggiando per la città di Troia vide il
bellissimo Titone, che rapì e lo condusse ad Aethiopia, dove ebbero due
figli, Emozione e Mennone, quest'ultimo
ucciso da Achille nella Guerra di Troia.
Da quel giorno, ogni mattina Eos piange inconsolabilmente il proprio
figlio morto e le sue lacrime formano la rugiada.
“Eos”. Evelyn de Morgan, 1895 |
Ogni volta che camminiamo tra i prati, al mattino, con la luce che
accarezza dolce le gocce di rugiada tra le piante e i fiori, sappiamo che esse
sono le lacrime di dolore di una madre per il proprio figlio, punita per la sua
sete di amore.
Ma non finisce qui questa storia.
Torniamo a parlare di fiori, per un momento, ovvero delle calendule.
Secondo la mitologia greca, le calendule hanno avuto origine dalle
lacrime proprio di Afrodite. Si narra infatti che Afrodite fosse addolorata per
la morte del suo amato Adone, trafitto da un cinghiale mandatogli contro da
Ares, il suo geloso marito. La dea iniziò a piangere e le sue lacrime, come
toccavano il suolo, si trasformavano in bellissime calendule.
Tragico destino comune per Eos e Afrodite, unite dall'odio e dalle
lacrime.
È sempre poetico come nella antica mitologia tutto si trasforma, e gli
elementi della natura diventano parti di un racconto di amori, morti, divinità
e umane miserie.
Io non ho mai cercato di nascondere le mie lacrime, cosa che mi riesce
molto difficile.
Ci credo che siano una sorta di lavaggio dell'anima.
Piangere fa bene.
“Gli occhi che piangono di più sono anche quelli che vedono meglio,” diceva il grande scrittore Victor Hugo.
Ed è affascinante che a qualcuno sia venuto in mente di fotografare le
lacrime al microscopio, per vedere la struttura che differenzia una lacrima di
panico da quella per un amore finito.
È interessante perché rende speciale ciò che, magari, credevamo fosse
una semplice e univoca reazione fisiologica e psicologica.
Le lacrime sono tutte uguali. Invece no, manco per niente.
E ci sono le micro-fotografie a testimoniarlo.
Però, continuo a preferire una visione ingenua e poetica di questo atto
universale: alla fine le lacrime sono ciò che ci accomuna in ogni angolo del
pianeta.
Non amo molto le catalogazioni, se non quelle delle biblioteche, ma
quello è un discorso diverso.
Mi fa anche un po' rabbrividire l'idea che una singola emozione,
racchiusa in una lacrima possa essere messa su vetrino sotto la lente di un
microscopio.
E poi siamo così sicuri, caro Maeterlink, che sia così semplice
etichettare un'emozione?
Non penso siano a compartimenti stagni: paura, rabbia, delusione,
amore, nostalgia... Come le matite colorate disposte a gradazione negli astucci
di metallo.
Mi fa un po' sorridere l'idea che una singola lacrima sia il
contenitore fragile della nostalgia. Poi di che? Di casa, della spiaggia su cui
camminavamo l'estate, dei tempi delle scuole medie, di un paese in cui non
possiamo più tornare?
O della tristezza. Dell'abbandono.
Certo che un singolo momento produce un pianto che accade in quell'istante,
ma spesso porta con sé anche cumuli di sensazioni che non sono riuscite
esplodere, come una valanga che tutto travolge: pietre, rami, alberi, persone.
Non lo so.
È bello conoscere che le lacrime non siano così scontate, ed hanno una storia,
una funzione, un ritratto complesso.
Ma le lacrime di dolore che diventano rugiada al mattino sono quanto di
più vicino al mio sentimento.
Perché indefinito, sfuggente, molto più complesso di un vetrino in laboratorio.
Ci sono cose che non si possono fotografare.
E lo dico a malincuore, da fotografo.
Ma forse è meglio così...
Imaginarium of Tears
Lacrime al microscopio dello psicologo
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