(Albert Einstein)
Appia Antica. ROMA – 6 febbraio 2021 |
La via Appia era la strada romana principale, lunga ben 650 chilometri,
che collegava Roma a Brundisium (Brindisi), il porto più importante dell'Italia
antica nel sud, da cui avevano origine le rotte commerciali per la Grecia e
l'Oriente. Considerata dai Romani la regina viarum (regina delle
strade), è universalmente ritenuta, in considerazione dell'epoca in cui fu
realizzata (fine IV - III sec. a.C.), una delle più grandi opere di ingegneria
civile del mondo antico.
I lavori per la costruzione iniziarono nel 312 a.C. per volere del
censore Appio Claudio Cieco. I lavori di costruzione si protrassero durante la
seconda metà del III sec. a.C., quando fu raggiunta Tarentum (Taranto), e poi
fino a verso il 190 a.C., epoca in cui fu completato il percorso fino al porto
di Brundisium (Brindisi).
Creata con l'intenzione di agevolare il rapido movimento delle truppe verso
il meridione, questa grande arteria finì per diventare il principale tramite
tra Roma e la Magna Grecia.
Non solamente soldati e merci camminavano sulle grandi pietre ma anche
cultura, la lingua, la letteratura e la filosofia greca.
E che pietre....
Fa una certa impressione camminare su queste pietre levigate da piedi e
tempo. Come lettere ficcate nella terra a ricordarci l'ingegno umano.
Perché la pioggia rendeva gli spostamenti impervi, perciò la sua
pavimentazione in pietrisco (glareatum) permetteva di spostarsi durante
ogni stagione: l'acqua piovana drenava tra i canali dello spazio tra le pietre.
A partire dal 258 a.C. (intervento dei fratelli Ogulni) si provvide gradualmente a dotare la strada di una pavimentazione più evoluta, con grandi pietre levigate di pietra vulcanica (basoli), fatte combaciare al momento della posa. Il basolato divenne poi lo standard per la costituzione della capillare rete stradale del mondo romano.
Quello che più mi affascina è vedere il lento mescolarsi di natura e
lavoro dell'uomo, quel che si dice, con una parola antica, vestigia. L'orma che
va seguita, investigata, per trovare la direzione di ciò che fu – poi divenuta
la forma poetica per definire i ruderi del passato, tracce di monumenti, mura,
statue, divorate dal tempo.
Come un bolo temporale e fisico, un boccone di pietre e arte pronto da
essere digerito dalla natura che tutto avviluppa e corrode.
E noi ci camminiamo sopra, a fianco, inconsapevoli di non essere poi così differenti da quei residui di effigi e mattoni.
Camminare sulla storia non significa evitarla, sopraffarla, scampare
alla sua digestione. Ma non è così triste come potrebbe sembrare.
Perché questa antica strada ci ricorda come niente scompare.
Anche se quello che fu rimane solamente un ricordo, esso ancora è
visibile, è nella stessa pelle della natura – lo puoi toccare.
In qualche forma noi rimarremo...
Le fotografie sono state scattate durante un'uscita fotografica con l'associazione Al3photo.
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