Parlando Con Stefano Mirabella: Street Photography

  

Stefano Mirabella. ROME – 21 Dicembre 2019


Le amicizie più belle sono quelle con cui si condividono anche le passioni e la mia, ovviamente, è la fotografia. Tra i miei amici  più cari ci sono molti fotografi, e Stefano Mirabella è tra quelli che stimo di più.

Noi ci conosciamo ormai da un po' di anni ed è una persona che rispetto molto, prima ancora che per il valore fotografico per l'aspetto umano.

Il mondo della Fotografia è – purtroppo – pieno di individui il cui ego va di pari passo con la lunghezza focale degli obiettivi, basta un niente per far schizzare la vanità a livelli insopportabili.

Stefano è sempre rimasto lo stesso da quando lo conosco, la stessa umiltà, nonostante sia un docente di alto livello in una delle scuole di fotografie più importanti a Roma, Ambasciatore Leica, e tra i più bravi fotografi di Street in circolazione in Italia.

 

Sarebbe sufficiente questo per conoscerlo meglio, ma dato che della parola Street in molti si riempiono la bocca e intasano i social di fotografie che di Street hanno, appunto, solo la “strada” come luogo fisico, ma non intesa come filosofia di pensiero, cogliamo l'occasione per sapere il suo punto di vista.

Come docente, fotografo e pensatore visuale.


Rome, 2013


Roma, 2015


Innanzitutto, presentati a chi non ti conosce.

Ciao Stefano prima di tutto grazie della bellissima presentazione e grazie delle interessanti domande alle quali vado a rispondere, sono nato nel 1973 a Roma, la città in cui vivo e lavoro da sempre. La fotografia è stata da sempre la mia più grande passione fino a diventare anche il mio lavoro circa 4 anni fa. Prima lavoravo nel campo della televisione, realizzando format televisivi per un emittente satellitare.

Ora come hai già accennato tu sono docente presso “Officine Fotografiche” e docente della Leica Akademie.

Non adoro i generi o le classificazioni in fotografia, per questo ti dirò che amo la mia città e ritrarre il quotidiano in modo unico e originale. Per quanto mi riguarda: “La fotografia  è la sintesi tra la rappresentazione della realtà e la capacità di trascenderla.”


Roma, 2013

Quando e come è nato l'amore per la fotografia? Raccontaci i tuoi inizi e con che cosa scatti.

È iniziato parecchio tempo fa, quando in compagnia di una Yashica, che uno zio mi regalò il giorno della prima comunione, intrapresi i primi weekend “fotografici” in giro per l’Italia prima, e per l’Europa subito dopo, poi i primi corsi di formazione e un lungo percorso personale fatto di pratica, studio e approfondimento. Sono fermamente convinto che il guardare il lavoro degli altri, studiare, informarsi, visitare mostre e sfogliare libri, sia essenziale per il percorso di ogni fotografo.

Scatto con una Leica Q, una macchina piccola ma dalle grandi prestazioni ovviamente. Prediligo il 28mm, un’ottica che ti “costringe” ad avvicinarti e ad entrare letteralmente nella scena.

 

 Come sei arrivato ad essere Ambasciatore Leica e cosa ha significato per te?

Tramite un concorso online che Leica Camera Italia organizzava qualche anno fa, il Leica Talent. Nel 2014 partecipai anche io e con mia grande sorpresa e soddisfazione lo vinsi, diventando così Ambassador. Un’esperienza forte e formativa che mi permise di entrare nel mondo della fotografia professionale dalla porta principale. Conoscere di persona e poter interagire con fotografi di fama internazionale, che fino a qualche anno prima erano solamente miti assolutamente irraggiungibili, è stato davvero importante per la mia crescita.


Molto spesso la passione per la fotografia, come tutte le passioni divoranti, comportano delle rinunce, dei sacrifici. È stato lo stesso anche per te?

Non credo di aver rinunciato a nulla per la fotografia, anzi credo che mi abbia dato e mi stia dando davvero tanto. Dico spesso che senza l’amore per la fotografia non so nemmeno pensare che persona sarei potuto essere. Sicuramente molto molto diversa.

Spesso il lavoro mi porta lontano da casa, credo però di riuscire a gestire tutto con il giusto equilibrio.

Una cosa alla quale bisogna fare attenzione è non perdere mai lo spirito “amatoriale”, conservare lo spirito e la passione dei primi tempi anche quando la fotografia, come nel mio caso, diventa un lavoro, con i suoi impegni e le sue pressioni.

 

 Se dovessi dare la tua definizione di “Street Photography” quale sarebbe...

Le definizioni sono sempre “pericolose”, ecco perché non amo darne, o come dicevo prima, incasellare, classificare e dividere per generi. Però in qualche modo presumo debba risponderti… Quindi ti dico che per me la fotografia di strada è semplicemente indagare il quotidiano con il preciso intento di documentarlo ma anche di reinterpretarlo, nel tentativo di realizzare foto evocative, interessanti, e soprattutto originali, nelle quali si possa intravedere sempre lo sguardo del fotografo, attento e mai banale.

Si deve mettere il proprio accento, il proprio punto di vista sul quotidiano.

Godersi la propria città e chi la abita, amare le strade, i mercati, le stazioni, farsi guidare dall’istinto, dalla luce, dai rumori. Tenere poi sempre a mente che il quotidiano è anarchico, il fotografo deve farsi trovare sempre pronto, deve essere attento, curioso e veloce, però poi sarà la strada a “regalarti” la fotografia giusta.


Roma, 2014


Quali sono gli autori che più ami e che consiglieresti a chi inizia o a chi ama questo genere fotografico?

Questa è davvero la domanda più difficile di tutte, potremmo parlarne e scriverne per ore. Allora ti racconto come è nata la mia personale scoperta dei grandi autori. Tutto grazie all’acquisto in edicola di una famosa collana che raccoglieva i volumi di tutti i fotografi dell’agenzia Magnum. Dentro quei volumi c’è quasi tutto, da lì sono nati gli amori per alcuni autori e per alcuni generi. Cartier Bresson, Alex Webb, Constantine Manos, Trent Parke, Richard Kalvar, David Alan Harvey, Nikos Economopoulos e tanti altri. Ti assicuro che c’è solo l’imbarazzo della scelta.

 

Parlaci dei tuoi progetti che stai portando avanti, anche mostre. Recentemente mi hai fatto vedere un lavoro che non rientra nell'ambito della Street, molto bello, quando vedrà la luce?

Il mio progetto principale spero sia inesauribile, per me il vero obiettivo è aspettare la prossima buona fotografia e per fare questo bisogna uscire, camminare e continuare ad essere appassionato. Inoltre mi sto dedicando alla realizzazione di una serie fotografica tutta incentrata su un unico luogo, ma non posso dire di più per ora, perdonami.

Si hai ragione, ho lavorato a lungo in un piccolo villaggio in Polonia, ne è uscito un diario familiare intimo che dallo scorso anno sta girando per l’Italia, è stato in mostra al Bi Foto Festival in Sardegna e a Corigliano Calabro, il prossimo settembre sarà ospite a Verona per un festival fotografico che si chiama Grenze. Non so ancora se diventerà un libro, vedremo.

  

DOM. Polania, 2015-2019


DOM. Polania, 2015-2019


David Gibson, nel suo famoso manuale, scrive che la storia della fotografia non è stata leale nei confronti della “Street Photography”, che è sempre stata considerata un genere minore, mentre – citando Nick Turpin – sostiene che in realtà la “Street Photography” è “la fotografia nella sua forma più semplice”. Quale è la tua opinione?

Credo che la fotografia di strada sia sempre esistita, soprattutto quando non c’era il bisogno di chiamarla così. È forse l’approccio e il genere più “nobile” basti pensare al lavoro di Cartier Bresson, Willy Ronis, André Kertész e poi Robert Frank, William Klein, Joel Meyerowitz, che dici può bastare? Sono questi nomi che rispondono alla tua domanda.

 

Per concludere, quale è il consiglio che dai a chi inizia: perché qualcuno dovrebbe impugnare la macchina fotografica e uscire in strada?

Per amore.


Dove è possibile vedere le tue fotografie?

 


Roma, 2013

Stefano Mirabella. Fotografato a “Officine Fotografiche”



David Gibson: “Street Photography – Photographer's Manual” (Quintet, 2014)
David Gibson: “Street Photography – A History, 100 Iconic Images” (Prestel, 2019)
“Street Photography Now” by Sophie Howarth and Stephen McLaren” (Thames & Hudson, 2017)


English version 

Comments