“Le Fotografie Che Amo” 16 – Pinkhassov

“È sciocco cambiare il vettore del caos.
Non dovresti cercare di controllarlo, ma caderci dentro”
(Gueorgui Pinkhassov)

 

Gueorgui Pinkhassov. Ueno Tube Station. Tokyo, Japan1996
Gueorgui Pinkhassov
Ueno Tube Station
Tokyo, Japan1996

  

David Gibson nel suo fondamentale libro sui maestri della Street Photography, per descrivere il fascino delle fotografie di Pinkhassov fa riferimento al famoso “punctum” di Roland Barthes, ovvero il particolare in un'immagine che stimola la nostra coscienza, e agisce anche nel nostro inconscio, rendendoci legati a quell'immagine, anche senza la necessità di vederla, costringendoci a tornare ad essa più e più volte.

 

“Nato a Mosca nel 1952, l'interesse di Pinkhassov per la fotografia è iniziato mentre era ancora a scuola. Dopo aver studiato cinematografia al VGIK (The Moscow Institute of Cinematography), ha lavorato presso lo studio Mosfilm come cameraman e poi come fotografo sul set. È entrato a far parte dell'Unione degli artisti grafici di Mosca nel 1978, cosa che gli ha permesso più libertà di viaggiare ed esporre a livello internazionale.”

 

Si legge nel sito dell'agenzia Magnum Photos di cui fa parte dal 1988.

 

“Gueorgui Pinkhassov è noto per il suo vivido reportage artistico, che eleva il quotidiano allo straordinario. Le sue immagini dai colori intensi sono coinvolgenti, complesse e poetiche, a volte al limite di un'astrazione che abbraccia la complessità visiva della vita contemporanea.”

 

Gueorgui Pinkhassov
Gueorgui Pinkhassov


 

La fotografia che amo di più è anche una delle sue più celebri, tratta dal  libro “Sightwalk” (1998), che racconta, attraverso dettagli, astrazioni e particolari tipi di luce, la sua visione della città di Tokyo.

È la foto di una donna alla stazione della metropolitana di Tokyo, scattata nel 1996.

La donna è al di là del vetro, come molte volte accade nelle sue immagini, che usano oggetti e vetri come filtro. Nella notte.

I riflessi delle luci rosse sulla superficie sembrano stelle.

Uno dei meriti – e degli oneri, come forma artistica – che ha la Fotografia è quello di rapirci dalle nostre realtà quotidiane, di concederci un frammento di fantasia. Se è vero che nasce come una rappresentazione ancora più fedele della realtà della pittura, e mezzo potente di testimonianza di ciò che accade nel mondo, essa può essere anche astrazione.

Non solo Pinkhassov, ma sono stati molti i fotografi che hanno inteso la Street Photography anche come una forma di evasione dalla rappresentazione pedissequa di ciò che era davanti ai loro occhi.

Hanno giocato con le forme e i colori: andate a vedere le foto di Trent Park, Shin Noguchi, Jack Simon, Bruno Quinquet, Moriyama, per non parlare del forte debito che paga questa fotografia ad un classico come Saul Leiter.

 

Gueorgui Pinkhassov. France, Town of Lille, EuraLille, 2000
Gueorgui Pinkhassov
France, Town of Lille, 
EuraLille, 2000


Esiste un dibattito molto interessante in seno all'Antropologia culturale, legata ad un classico studio del 1949 di Levi-Strauss sull'efficacia simbolica, a cui rispose nel 1998 l'antropologo Carlo Severi il quale,   riflettendo sull’efficacia rituale studiò un processo proiettivo, particolarmente frequente nell’arte preistorica e primitiva, in base al quale si creano delle immagini, iconiche o comportamentali, capaci di evocare anche ciò che non contengono e si limitano soltanto a suggerire.

Il processo richiede la presenza di un’area vuota, adatta a divenire lo schermo delle proiezioni di chi la guarda.

Argomento assolutamente interessante, ma che c'entra questo con la fotografia di cui vi sto parlando, vi starete chiedendo.

Io credo che i nostri occhi, e la nostra mente, agiscano in modo non troppo diverso guardando la donna nella metropolitana di Tokyo.

Tutto appare vago, indefinito, “suggerito” appena, così che le nostre emozioni possano perdersi nella costellazione dei pensieri luminosi di quella donna sconosciuta.

Lui ci offre uno schermo non vuoto, ma colorato, come un cielo stellato, su cui noi possiamo naufragare dolcemente, come cantò un famoso poeta italiano.

 


Gueorgui Pinkhassov. Barcelona, 2017
Gueorgui Pinkhassov
Barcelona, 2017


È una fotografia per me profondamente poetica e struggente, che mi fa amare le immagini e il loro potere.

Veramente, sembra a volte sciocco controllare il caos, non solo della vita in sé ma anche quello delle nostre emozioni, molto meglio caderci dentro.

Non esiste libertà più forte del provare emozioni e cavalcare la nostra fantasia.

Come scrive sempre Pinkhassov, la fantasia è percorrere nuove strade sconosciute.

Questa è una delle lezioni che da sempre l'arte dà all'essere umano.

 

“Il potere della nostra Musa risiede nella sua insensatezza. Perfino lo stile può renderci schiavi se non lo rifuggiamo, e allora si è condannati a ripetersi. L'unica cosa che conta è la curiosità. Per me personalmente, è di questo che si occupa la creatività.

Si esprimerà meno nella paura di rifare la stessa cosa che nel desiderio di non andare dove si è già stati”

(Gueorgui Pinkhassov)

 

Gueorgui Pinkhassov. Tokyo, Japan, 1996
Gueorgui Pinkhassov.
Tokyo, Japan, 1996




https://www.magnumphotos.com/photographer/gueorgui-pinkhassov/ 
David Gibson: “Street Photography – Photographer's Manual”(Quintet Publishing, 2014)

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