Il Fuoco della Conoscenza – Parte Prima

“Il fuoco è luminoso e il fuoco è pulito.” (Ray Bradbury)


Newroz: Kurdish New Year. ROME – 21 March, 2015
Newroz: Capodanno Kurdo. ROMA – 21 Marzo 2015 



Voglio tornare a scrivere su di un tema che mi ha sempre appassionato e a cui ho dedicato anche un breve capitolo di un mio libro: il fuoco.

Era il 2018, sono trascorsi due anni, molte nuove letture e studi, esperienze di vita e cose che ho visto.

Perciò anche la mia  visione del fuoco è cambiata nel tempo.

Ciò che non è mutata è la mia fascinazione per ciò che rimane, come scrissi, uno dei soggetti più difficili da fotografare, ma che in quella sua difficoltà ha anche un risvolto privato: controllare continuamente l'esposizione – quasi in una lotta tra corpo-camera e le fiamme – diventa una metafora delle nostre lotte interiori per dominare la propria luce ed oscurità.

 

Rendere conto delle varie declinazioni che ha assunto il fuoco, nei suoi significati e simbolismi, nella storia dell'umanità è impossibile in questo contesto, e non è mia intenzione.

Di certo, è suggestivo seguire i percorsi che il fuoco ha tracciato nelle vite degli esseri umani, passando dalla mitologia alla quotidianità.

Provo a “mettere a fuoco” il mio personale percorso delle fiamme, tra la moltitudine di miti, significati e rituali.

Come ho detto prima è impraticabile elencare le innumerevoli incarnazioni della sua caleidoscopica immagine: rigenerazione (Fenice), purificazione, fecondazione, mediazione tra umano e divino, e tanti altri ancora, divenendo anche divinità nelle diverse religioni.

Gli studi di antropologia, in questo, hanno fatto molta luce – a proposito – come vedremo in seguito.

Ciò che mi ha sempre colpito è come il fuoco sia stato associato, dall'alba dei tempi, alla conoscenza.

 

In Occidente, il mito più famoso è quello di Prometeo, il ladro del fuoco.

Divinità affascinante, il cui nome in greco significa “colui che riflette prima”.

Narra il mito che fu proprio Prometeo a creare il genere umano:

“Con acqua e terra Prometeo plasmò gli uomini e donò loro il fuoco che celò in una ferula, di nascosto da Zeus.” (Apollodoro)

Con il suo atto di ribellione al sommo Zeus, a cui ruba il fuoco per donarlo all'umanità e rendendoli liberi e capaci di intelletto, è diventato il simbolo della ribellione e del progresso.

La sua azione di disubbidienza verrà punita da Zeus, incatenato ad una rupe ai confini del mondo e poi costretto a sprofondare nel Tartaro, il mondo sotterraneo oscuro e tenebroso.

Ma grazie al suo gesto gli esseri umani poterono sopravvivere, non più abbandonati a sé stessi al freddo nella terra.

 

Jean-Simon Berthélemy. “Prometheus creates men”, 1802
Jean-Simon Berthélemy. “Prometeo crea gli uomini”, 1802


Prometeo fu molto amato per il suo coraggio e sacrificio e fu da sempre adorato, al punto che ad Atene furono dedicate a lui le feste pubbliche chiamate “Prometheia”, nelle quali gli ateniesi percorrevano le strade con delle fiaccole accese proprio per celebrare il dono più grande mai fatto all'umanità.

Questo mito pagano divenne poi anche cristiano, con sant'Antonio Abate, che mosso da compassione per gli esseri umani afflitti dal freddo, andò con uno stratagemma all'Inferno e rubò alcune scintille nello stesso ramo di ferula usato da Prometeo, che donò poi agli uomini: i famosi “fuochi di Sant'Antonio” che si celebrano tuttora il 17 gennaio.

 

Per questo motivo il fuoco ha assunto un potentissimo valore simbolico.

È l'elemento che ha vita propria perché brucia, riscalda e dona la luce ma può anche portare dolore e morte (infatti, molto spesso le divinità legate al fuoco hanno una doppia valenza ambigua – “trickster” – come il dio germanico Loki), e cosa più importante: il fuoco è l'unico elemento in natura che l'uomo sia in grado di generare, ecco perché è da sempre profondamente legato agli esseri umani.

 

Elemento divino che però, rubato agli dèi e donato agli uomini, è il solo che ha origine da mani mortali.

Accendere un fuoco significa maneggiare il divino.

Ecco perché è anche associato alla purificazione, con esso si brucia il male, il demonio nelle streghe e i peccati nel Purgatorio.

Nella religione Zoroastriana dei Parsi, quella di Zarathustra, il fuoco è sacro e le loro preghiere sono un'invocazione al fuoco divino, Gila, per bruciare ogni malattia, colpa e sofferenza dell'uomo.

Le antiche feste romane dette Parilia, che si celebravano il 21 aprile, culminavano con un salto attraverso il fuoco purificatore.

René Guénon, nel suo fondamentale libro “Simboli della scienza sacra” fa un'analisi anche iconografica del sole, spesso associato al fuoco, rappresentato sempre come una sfera con linee rette oppure ondulate, le quali dovrebbero rappresentare il calore, mentre le linee rette sono la sua luce: entrambi elementi complementari del fuoco, ma le linee ondulate rappresentano anche l'acqua, in questo senso la pioggia.

Cade perciò l'opposizione scontata tra acqua e fuoco, che diventano invece complementari.

Infatti nella simbologia ermetica dell'alchimia, l'acqua non è altro che il bagliore del fuoco e “che essi danno il nome di 'abluzione’, non all'azione di lavare qualcosa con l'acqua o altro liquido, ma a una purificazione che si opera per mezzo del fuoco.” (R. Guénon)

Questo è ben comprensibile dai mussulmani, la cui abluzione quotidiana è appunto la “purificazione” che precede la preghiera. Non è solo l'acqua che pulisce il corpo dallo sporco, ma è anche il fuoco che ne purifica l'anima.


“Angel scatters the fire from the censer”. Miniature (14th century) from the Apocalypse
“Angelo sparge il fuoco dal turibolo”. miniatura (sec. XIV) dall'Apocalisse

Ma la storia di Prometeo è mitologia, ovvero creazione letteraria.

Perciò, mi chiedo, come abbia fatto il fuoco a diventare simbolo della conoscenza come narrato dai miti scritti dall'uomo.

Dono sottratto agli dèi per rendere gli uomini dotati di intelletto, non più mera amalgama di acqua e terra.

Perché se ogni mito e religione attribuisce un unico significato, in epoche e luoghi diversi del mondo, ci deve essere una spiegazione.

È qui che ci viene in aiuto l'antropologia culturale.

 

Molti sono stati gli studi sulle popolazione primitive, usate come paradigma per comprendere come vivevano i nostri antenati nelle caverne, quelli post-Prometeo, per intenderci.

I resti archeologici sono la testimonianza di come il controllo del fuoco iniziò ad essere una pratica regolare 400.000 anni fa, in coincidenza – anzi, più recisamente, prima – dell'acquisizione del linguaggio.

Gli studi di Polly W. Wiessner, dell'Università dello Utah, sull'esperienza sul campo dei San, o Boscimani del Kalahari, che vivono ancora di caccia, hanno dimostrato come la loro giornata sia suddivisa in due momenti: l'attività diurna dedicata ad attività pratiche e alla caccia, e la notte, attorno al fuoco dedicata alle conversazioni e alla solidificazioni dei rapporti interpersonali e culturali. In questo modo, lontani dalle attività pratiche di sopravvivenza, questi popoli – così come i nostri antenati che per la prima volta avevano il fuoco a scaldare le loro notti, oltre che a cuocere i cibi cacciati – hanno avuto la possibilità di elaborare il linguaggio e le credenze religiose.

Si potrebbe quasi riassumere, in modo ovviamente semplicistico ma non troppo distante dal vero, che il linguaggio e le religioni sono nate dall'uso del fuoco.

 

Ecco che tutto assume una leggibilità più chiara.

Ha senso dunque l'origine del mito di Prometeo, e tutte quelle simbologie che hanno narrato il fuoco come elemento portatore di conoscenza, dono divino capace di “illuminare” le intelligenze degli uomini tirandoli fuori dalle caverne e dallo stato primitivo, raccogliendo loro seduti attorno al falò affinché sviluppassero il linguaggio, la comunicazione sociale, la religione e la creazione dei miti.

Se noi siamo ciò che siamo adesso è grazie a quell'atto di ribellione del dio che amava gli esseri umani che aveva creato, più della sua stessa vita; oppure, grazie alla pietre che sfregandosi hanno prodotto, con il legno, le prime scintille e la prima fiamma.

Da quel fuoco è nata la prima parola ed ogni sistema superiore ed evolutivo.


“Offering of fire and water to the statue of the god of war Huitzilopochtli”. Engraving of the sec. XVI
“Offerta del fuoco e dell'acqua alla statua del dio della guerra Huitzilopochtli”. Incisione del sec. XVI



Si conclude così questa prima parte, in cui il fuoco, dagli dèi, è sceso sulla terra, divenendo uno degli elementi fondamentali di miti, culture e religioni.

Nella prossima parte vedremo come attraverso il fuoco, gli uomini arrivano alla divinità.

 

Postilla finale: come scrissi nel libro e in altri articoli, rimane affascinante come in fotografia sia molto importante “mettere a fuoco”.

Alla luce di quanto visto finora, credo diventi ancora più suggestivo questo modo di dire. Perché vedere comunemente con gli occhi è la nostra sopravvivenza, è l'ordinario muoversi nel mondo circostante, ma per scattare una fotografia bisogna puntare l'occhio nel mirino, osservare con attenzione e consapevolezza cosa vogliamo fotografare, e mettere a fuoco: dobbiamo “conoscere” cosa stiamo guardando.

È qualcosa di diverso e qualitativamente superiore.

 

Pensiamoci quando “mettiamo a fuoco” con la nostra macchina fotografica.

Ricordiamoci di Prometeo.




René Guénon: “Simboli della scienza sacra” (Adelphi, 1992)
“Enciclopedia dei simboli” (Garzanti, 1991)

Comments

  1. Il fuoco - "una metafora delle nostre lotte interiori per dominare la propria luce ed oscurità". Stupendo!

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