Ibisco. Penang. MALESIA – 5 Gennaio 2019 |
I fiori hanno storie interessanti.
Prendiamo l'ibisco, fiore dalla diverse forme e colori.
Tutti sanno del mio amore per le orchidee, ma anche questo fiore ha il suo fascino.
L’ibisco, hibiscus, appartiene alla famiglia delle malvaceae, è originario delle zone tropicali del continente asiatico e delle isole dell’oceano Pacifico anche se al giorno d’oggi ampiamente diffuso e coltivato, a scopo ornamentale, in tutta Europa e in nord America. Il nome hibiscus deriva dal termine greco hibiskos che significa malva e fu attribuito alla pianta da Dioscoride, uno dei più famosi medici dell’antichità, nel 100 a.C.
Secondo recenti studi i primi esemplari di ibisco giunsero Europa, nello specifico in Olanda, nel 1500 dall’Asia Minore, luogo dal quale Ghislain de Busbecq, uno studioso di botanica e ambasciatore fiammingo presso la corte di Solimano il magnifico a Costantinopoli, inviò in patria numerosi esemplari e specie botaniche.
Pertanto in Europa iniziò ad essere conosciuto soltanto dal ‘700, con nomi diversi: “Fiore di un’ora”, “Acetosa di Guinea”, “Rosa della Cina”.
L'ibisco cinese è tra i più rari e pregiati.
I primi esemplari importati in Europa erano originari della Cina: fu questo il motivo per cui l’ibisco venne chiamato per molti anni “Rosa cinese”. I coltivatori di piante europei furono fin dall’inizio letteralmente abbagliati dalla bellezza di questi fiori, ed è proprio in questi anni che si iniziò ad utilizzare il modo di dire per descrivere un donna molto bella: “più bella di una rosa cinese”, riferendosi ovviamente all'ibisco.
Fin dai primordi della storia, nella mitologia e nella poesia, gli esseri umani hanno utilizzato la natura come metafora per le vicende umane.
Ogni elemento naturale è entrato nella poesia e nel linguaggio comune come metafora.
L'ibisco ha questa doppia natura: breve vita e bellezza. “Fiore di un'ora”, è chiamato.
I suoi fiori sono delicati e leggerissimi e hanno una durata molto breve, di solito un giorno; per questo regalando l'ibisco si vuole esaltare la bellezza fulminea e fugace. Il linguaggio amoroso ottocentesco si è sbizzarrito su questo fiore: donarne uno all'amata significa “tu sei bella”, il siriaco a fiore bianco ne loda la lealtà e rosso la pazienza del corteggiatore, mentre i colori cangianti attestano un rifiuto. Il rosso sangue, inutile dirlo, è “ferita al cuore”. Questo dice il linguaggio dei fiori.
Già, questo fiore mostra il suo splendore solo per poche ore: si apre al mattino e nel tardo pomeriggio sfiorisce e muore.
Ecco perché in Europa è diventato il simbolo della bellezza fulminea e delicata.
In Asia e nelle isole polinesiane è leggeremnte differente il suo significato.
Nelle Hawaii l’Ibisco è molto importante, tanto da essere simbolo dello Stato, e si usa donarlo ai visitatori in segno di benvenuto. Anche in Malesia è il fiore nazionale dal 1960.
Secondo alcune tradizioni orientali offrire un singolo fiore di ibisco ad una persona cara, equivale ad una proposta di matrimonio.
Nell’isola della Polinesia francese, Tahiti, secondo le tradizioni locali è usanza diffusa che i ragazzi utilizzino il fiore per segnalare il proprio stato sentimentale, appoggiando un fiore sull’orecchio destro, nel caso siano impegnati, o ponendolo sull’orecchio sinistro, nel caso siano liberi; mentre le donne lo portano, sia nelle vesti che tra i capelli, come segno di riconoscenza e fedeltà nei confronti del proprio uomo. Secondo le tradizioni infatti una donna sposata deve mettere un fiore di ibisco sul lato destro del capo, mentre le ragazze non sposate mettono il fiore dal lato sinistro o dietro l’orecchio. Le tradizioni tahitiane vennero ben rappresentate dal pittore Paul Gauguin, che in molti dei suoi quadri, realizzanti a Tahiti, il raffigurò le donne del posto adornate da fiori di ibisco.
Paul Gauguin. “Donne tahitiane”, 1891 |
Io avverto una leggera sfumatura di significato in questi modi – apparentemente simili – di leggere la simbologia di questo fiore.
Mentre in Asia e in Polinesia l'ibisco rimane il fiore della bellezza, e dello stato sentimentale, anche eterno, come l'amore che si promette al proprio sposo.
Mi fa venire in mente il “sindoor” delle donne induiste sposate: la linea rossa sulla fronte all'attaccatura dei capelli.
La pratica di indossare il sindoor per le donne sposate è molto radicata. Il sindoor ha un colore rosso che simboleggia il potere, si ritiene che la dea Parvati protegga i mariti di tutte quelle donne che usano il sindoor. Allo stesso modo dà il potere alla donna indù sposata di proteggere il marito dal male.
In Europa invece l'ibisco è il fiore di un'ora, della bellezza che come un lampo acceca e svanisce velocemente, avvizzendo e piovendo i suoi petali al suolo.
Come abbiamo visto altre volte, sul tema dell'ombra e dei testi di Tanizaki in Giappone, l'idea della bellezza orientale è profondamente diversa dalla nostra: essa contempla anche il suo cammino verso la vecchiaia, le ombre della bellezza ne sono sempre una parte fondamentale.
La cicatrice non va coperta ma decorata di oro.
Noi europei siamo invece tristemente legati solamente al culto della bellezza nel suo fulgore, senza ombre e rughe: un fiore che dura poche ore e poi avvizzisce è la perfetta metafora della bellezza.
Povere donne costrette a brillare per un breve arco di tempo, contando le ore e guardando il sole, con le lacrime agli occhi, nella sua curva discendente.
Ma la bellezza non è nella pelle.
Anche il famoso fiore “bella di notte”, il Mirabilis jalapa, si chiama così proprio perchè è un fiore notturno che rilascia un gradevole profumo dopo il tramonto. Difatti si apre solo al calare del sole e poi si richiude all’alba.
Diverso destino dal fugace ibisco. Questo fiore si mostra sola di notte e poi si chiude. La sua bellezza non è più visibile però rimane racchiusa nei petali, non svanisce.
Indonesia, 2010 |
Bangladesh, 2020 |
Io sono sempre stato convinto che la bellezza vada cercata non solo nel volto che si offre agli occhi, ma in una sua particolare luce che rimane anche quando arrivano le rughe, finanche alla vecchiaia.
Chi è stata bella lo rimane per sempre, ma il tempo la nasconde, l'età, le rughe, come il sole che fa chiudere i petali al fiore.
È ingiusto legare l'ibisco a questa idea di bellezza, giunto a noi dall'Oriente deve recare con sé lo stesso potere: va capovolta questa visione.
Non è metafora di bellezza perché è breve e corto nel tempo, ma per la sua qualità in sé, la stessa che abbagliava i coltivatori europei dell'Ottocento.
Finché noi continueremo a vedere nella brevità della bellezza la sua qualità principale, non saremo mai in grado di goderne a fondo.
Appena i petali iniziano a creparsi già distogliamo lo sguardo.
È già andato...
Roma, 2018 |
Le donne di Tahiti lo portavano tra i capelli ogni giorno, prima e dopo il matrimonio, perché la bellezza è nel tempo.
Caro ibisco, non ti curare del giudizio degli uomini, che sono poca cosa davanti la tua baluginante bellezza.
Un antico poeta diceva che il segreto del bruco è aspettare anni per diventare la farfalla per un singolo giorno.
Solo chi è in grado di cogliere il segreto della tua bellezza, anche nel momento della dipartita, ha gli occhi innamorati.
In realtà, ti spiego, chi crede che questa sia la bellezza ha – nel profondo – solamente paura della morte, non accetta che le cose mutino, perdano grazia, si pieghino, abbiano le rughe.
Non te ne curare, ignoraci, e godi del profumo dei capelli delle donne di Tahiti.
Ibisco. Penang. MALESIA – 5 Gennaio 2019 |
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