Orchidee e Farfalle

“Se Tempo e Spazio, come i Saggi dicono,
sono cose che mai potranno essere,
il sole che non cede al mutamento
non è per nulla superiore a noi.
Così perché, Amore, dovremmo sperare
di vivere un secolo intero?
La farfalla che vive un solo giorno
è già vissuta per l’eternità.”
(T.S. Eliot)


Io fotografo principalmente le persone, amo il contatto umano, gli sguardi. Più persone fotografio più conosco me stesso. È stato così fin dall'inizio, per tutti questi anni.

Ma, negli ultimi due anni, da quando ho vissuto in Malesia, ho iniziato a diversificare quello che fotografavo; del resto noi cresciamo e cambiamo, anche la pietra muta forma nell'erosione dell'acqua del mare. Così come cambiano le nostre letture, grazie anche ai nuovi fotografi che conosciamo, ai nuovi poeti e le musiche. Io ho impiegato dieci anni per potere apprezzare le fotografie di Franco Fontana. In Malesia ho iniziato a fotografare molti paesaggi, i cieli, i muri e gli alberi.


Due cose però ho veramente goduto nel fotografare: le orchidee e le farfalle, ma non le farfalle vive, ma quelle imbalsamate nel Laboratorio di Entomologia della Scuola di Biologia dell'Università dove io ho lavorato per due anni.

Ognuno traccia, a suo modo, delle linee che uniscono due punti a caso; una singola linea che unisce due tra tanti punti. Io non so perché, a istinto, mi è venuto naturale associare queste fotografie. Come sempre io prima seguo l'istinto senza pensare, poi ci rifletto. Provo a capire, e la scrittura mi aiuta in questo, la uso come forma di scavo.



Le orchidee le adoro dalla fotografie di Araki. Mi sono sempre piaciuti i fiori, certo le rose sono un classico, ma le orchidee sono così sensualmente metaforiche, dalla molteplici forme. Puoi imparare molto guardando i fiori, e in loro c'è la costante ricerca della luce, con ogni petalo assetato di luce, o chiusi in se stessi, nella loro solitudine.

Ogni fiore è un poema, e chi pensa stupidamente che i fiori sono solamente per le amine femminee e delicate sbaglia di grosso; le orchidee sono qui a ricordarcelo, nelle loro forme c'è ogni aspetto umano: forza, aggressività, erotismo, voracità, timidezza, delicatezza, lussuria e santità, maternità e solitudine.

Ad agosto dello scorso anno, a Penang, c'è stata a fiera delle più belle orchidee al mondo. Io sono andato da solo, un intero pomeriggio.

Nel Laboratorio di Entomologia, invece, c'erano teche e teche di insetti e molte farfalle. Io ero là per lavorare al libro fotografico per l'Università, ma ne sonorimasto affascinato esono tornato due volte, mi sembrava di entrare in un'altra dimensione.



Grazie anche alla mia amica thailandese  Fitree, una studentessa che si occupava di quel laboratorio, appassionata del suo lavoro. Io ero ammirato nel vedere come prendeva con cura gli insetti , li osservava con la lente, li preparava per me per essere fotografati. Quelle farfalle trafitte dagli spilli, ma come vive. Immobili.

Parlando con la mia amica biologa le ho detto che il nostro lavoro, in realtà, è molto simile. Entrambi trafiggiamo con uno spillo, in un'istante, ciò che riteniamo bello, per preservarlo dalla sua scomparsa. Del resto, una fotografia non è poi così diversa da quelle farfalle: è un'immagine che per noi rappresenta la nostra idea di bellezza in natura che, nella lente e nella carta stampata, ha trafitto – imbalsamandola – qualcosa che prima era viva   e si muoveva, per poterla guardare per sempre, nell'attimo cristallizzato della sua “morte alla vita”. Così come diceva Araki in un'intervista: “Scattare una foto è uccidere il soggetto.”




L'orchidea è invece l'esplosione aggressiva della bellezza e creatività della natura. È prepotente e vistosa, che cattura gli occhi come gli insetti, con quella sua bocca, quasi volgare, aperta per ricordardi l'origine del mondo, come intitolò un suo famoso dipinto Gustave Courbet.

Io credo che questa sia la linea di connessione tra queste due passioni: perché poi alla fine tutte convivono dentro di me, periò deve esserci una relazione. Ed adesso inizio a capire.
L'orchidea è un mistero da esplorare, viva, affascinante; la farfalla imbalsamata è un presente eterno di una bellezza passata.

L'orchidea è l'eros della mitologia greca, il quarto dio creato per compensare il caos, nato per primo, principio divino e insieme filosofico che spinge verso la bellezza. È la vita, con le sue labbra aparte.

Quelle farfalle trafitte nel petto sono invece il riflesso malinconico di quella bellezza, sono la fine. L'abbandono del flusso dell'esistenza.

Stanno là, immobili, come fotografie di persone amate che non ci sono più; e guardarle è un dolore, perché anche loro, come scrisse magnificamente Borges negli ultimi versi della poesia sulle cose:

“Dureranno di là del nostro oblio; non saprannno mai che ce ne siamo andati.” 
 (“Duraran mas alla de nuestro olvido; no sabran nunca que nos hemos ido.”)



(Tutte le foto sono state scattate a Penang, Malesia, nel 2018 e 2019)

T.S. Eliot, Opere (1904–1939), Bompiani, 2003.
Jorge Luis Borges, Poesie (1923–1976), BUR, 1987.


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