“Alcuni di noi pensano che aggrapparsi ci rende forti,
ma a volte è lasciando andare.”
(Hermann Hesse)
Penang – 13 Febbraio 2019 |
Io speravo non dovessi più scrivere su questo argomento, dopo Nur, ma sono costretto a farlo.
Non mi piace scrivere sulla morte.
Ma due sono i motivi che mi spingono a farlo: uno altruista e l'altro di puro egoismo.
Il motivo altruista è perché ho avuto il permesso dai genitori di questo bambino, dopo una lunga chiacchierata.
Il motivo egoista è perché devo tirare fuori, non posso tenere per me a lungo, o la mia anima va in auto-combustione.
Devo espellere tutta la rabbia che come una bestia feroce azzanna e dilania il mio cuore.
E si sa che amore e morte camminano per mano.
Fin dai tempi di Empedocle che nel 495 A. C. in Grecia teorizzava come tutto il cosmo fosse regolato dai due principi fondamentali: philia (amore e amicizia) e neikos (morte e odio).
Poi divenuti Eros e Thanatos, l'Amore e la Morte, come nel bassorilievo del tempio di Afrodite, dove Achille si innamora di Pantesilea proprio nel moment in cui la uccide.
Sigmund Freud ne farà il centro gravitazionale del suo basilare “Al di là del principio di piacere” del 1920, alla base di tutta la sua teoria psicoanalitica.
Queste sono le due pulsioni fondamentali dell'animo umano.
Non se ne esce...
Io ho incontrato Faridz la prima volta a febbraio nel 2019, al centro medico IPPT che appartiene alla mia università USM, a Penang. Era con sua madre Rozaina Osman.
Faridz e sua madre. Penang – 13 Febbraio 2019 |
Io ero là per fare le fotografie per il mio libro, e lui era l'unico bambino del reparto.
Faridz aveva 14 anni all'epoca, e veniva da Perlis, nel nord della Malesia al confine con la Thailandia. Si stava curando per un tumore al naso.
Non parlava tanto ma aveva lo sguardo da duro e una grande passione per il calcio.
Dopo le fotografie mi sono fermato a parlare con lui e la madre, ci siamo fatte un po' di foto insieme.
Tutto qui.
Però mi faceva piacere mandare quelle foto alla madre così ci siamo scambiati i numeri di telefono e siamo rimasti in contatto, anche quando loro erano a casa.
Anche le mie amiche dottoresse che lavoravano là mi aggiornavano ogni tanto su di lui.
A marzo ho saputo che sarebbe dovuto tornare a fare una risonanza magnetica.
Quel male bastardo non lo lasciava in pace, e dal naso era passato alle ossa.
Allora, quel giorno, sono tornato a trovarlo con dei regali: dei modellini di macchina e un pallone, la sua passione.
C'è un motivo molto personale. Ricordo che quando ero bambino, più piccolo della sua età, ogni volta che mia madre mi accompagnava all'ospedale per fare dei controlli medici dopo la mia operazione al cuore, come premio volevo dei piccoli giocattoli, modellini di macchine o soldatini.
Mi sembrava il minimo.
Mi madre ancora me lo ricorda.
Faridz era più grande, ma anche il suo male.
Penang – 19 Marzo 2019 |
A lui dovevi guardarlo attentamente perché il suo era un sorriso appena accennato, a metà bocca.
L'ho visto dallo schermo dei dottori, oltre il vetro spesso, sdraiarsi sul letto meccanico con lo sguardo impaurito, fissare il vuoto in alto, aspettando che i dottori uscissero per entrare piano dentro la macchina per la risonanza.
Non era molto diverso dal mio sguardo a trent'anni mentre facevo la stessa visita per capire lo stato del mio tumore.
La paura non ha età, siamo tutti bambini davanti il suo volto senza connotati.
Faridz durante la risonanza magnetica. Penang – 19 Marzo 2019 |
Abbiamo fatto colazione nella cantina del centro medico, abbiamo scherzato e poi gli ho promesso che appena guarito sarei andato a trovarlo a casa sua, e avremmo giocato a Sepak Takraw, la nostra passione.
Che stupidaggine fare promesse che non puoi mantenere.
Questo è il motivo per cui non mi piace mai pianificare o fare discorsi al futuro.
C'è solo il presente, ficchiamocelo in testa. Come dicevano i latini: hic et nunc – Qui e Ora.
Non l'ho più visto da quel mese, era marzo dello stesso anno, ma con la madre ci scambiavamo messaggi e fotografie, anche per il suo compleanno.
Ultimamente aveva un lato del collo gonfio e faceva fatica a deglutire il cibo. Vedevo il suo corpo deformarsi e ripensavo a quella stupida promessa.
Capiamoci bene, io sono sempre stato fermamente convinto che Faridz potesse guarire, era uno scricciolo di bambino ma i suoi occhi erano come quelli di un toro.
Fino a pochi giorni fa, martedì 4 agosto, quando la mattina, acceso il telefono, ho visto due messaggi che dicevano la stessa cosa, uno da una mia amica dottoressa dell'IPPT e uno dalla madre: Faridz è morto questa mattina.
Il tumore era arrivato all'occhio, e forse al cervello.
Troppo anche per lui.
Non ho smesso di piangere tutto il giorno e sputare rabbia conto ogni cosa, avrei distrutto la mia stanza.
Se non fosse stato per sua madre e suo padre. Abbiamo parlato a lungo, mi hanno chiesto di nuovo tutte le mie fotografie di lui. Mi hanno mandato le foto del suo funerale, ed una terribile di Faridz già morto, steso sul letto, ma questa non potrò mai mostrarvela: è un dono privato, e comunque è insostenibile da guardare.
Ho detto loro che moltissime persone, senza conoscerlo, gli facevano le condoglianze e pregavano per lui.
Ho chiesto il permesso di scrivere per ricordarlo e loro hanno accettato, anzi il padre mi ha telefonato per darmi le ultime informazioni.
Unico figlio maschio, il più piccolo di cinque figli. Morto a 15 anni.
“Anak Syurga” li chiamano in Malesia, i “Figli del Paradiso” perché è là che vanno.
E si tira un sospiro di sollievo perché non soffre più e sta in Paradiso, anzi alla fine sono riusciti a celebrare insieme la festa di Eid ul-Adha pochi giorni prima.
Ma io non riesco.
Non riesco a tirare un sospiro di sollievo.
Non mi quieta sapere che è in Paradiso.
Perché non doveva andarci così presto.
Provo una rabbia insopportabile.
Perché come fu per Nur, e gli altri bambini, la sostanza è sempre la stessa:
Io sono ancora qui.
E non riuscirò a mantenere la mia promessa.
Mai farle. Mai più.
Scusami, Faridz.
Riposa in pace.
Inna lillahi wa inna ilayhi raji'un
Dedicato ai suoi genitori...
Funerale di Faridz. Perlis – 4 Agosto 2019 |
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