Archeologia di Una Passione

“Se ti ricordi di me, non mi importa se tutti gli altri mi dimenticano”
(Haruki Murakami)  

 

“Bambina filippina”. Piazza Vittorio. ROMA – 27 Giugno 2009 


Ho provato a fare una ricerca, uno scavo nella memoria, alla ricerca di un'ipotetica prima fotografia da cui tutto è partito.

Non intendo le centinaia di fotografie che ognuno di noi fa nella propria adolescenza, l'estate al mare o durante i viaggi. Intendo una foto che potrebbe essere la prima pietra della costruzione che sono io adesso.

Chiamo questo “archeologia di una passione”. Che è più della semplice passione per la fotografia, ma per tutto ciò che le ha ruotato intorno, ancora adesso.La passione per le altre culture, gli altri popoli, le lingue: ovvero, tutto quello che io sono in questo momento.

Il mio amico e bravissimo fotografo FabioMoscatelli ha chiamato questo viaggio nella memoria e in noi stessi Nostos, ovvero il ritorno, in greco. La nostalgia di tornare a ciò che eravamo. Mi piace molto questa parola.

 

Ho trovato questo ritratto di una bambina filippina, fatto nel giugno del 2009.

Ricordo che quelli erano per me i primi scatti che facevo con la mia macchina fotografica più decente, un bridge della Sony con lo schermo movibile, con cui scattavo senza guardare nel mirino, dall'alto, come una vecchia macchina a pozzetto.

All'epoca seguivo la mia ex fidanzata che andava a fare la spesa, ogni sabato mattina, al mercato di Piazza Vittorio. In quel giorno era praticamente impossibile trovare italiani, quasi il 90% delle persone che andavano al mercato erano stranieri in cerca dei loro prodotti tipici, dei loro paesi.

Il mercato di Piazza Vittorio è molto grande ed è a pianta quadrata, con al centro un rialzo in marmo quadrato dove potersi sedere.

Io trascorrevo là, seduto, il tempo che occorreva a lei per fare la spesa.

Di solito un'ora.

 

Quello è stato il mio banco di prova per le mie prime fotografie. Aspettavo, guardavo tutta la gente che mi passava davanti e fotografavo.

Puntando al mirino o di nascosto.

Ero, e sono tuttora, affascinato dalla diversità dei tratti somatici. Allenavo il mio occhio a distinguere le donne cinesi da quelle filippine, le indiane dalle bangladesi.

Ho continuato ad andarci per anni, poi mi sono annoiato ed ho cercato altro.

Ma ricordo sempre con immenso piacere e tenerezza quei sabati. Era il 2009. Ancora lavoravo per un'azienda di marketing e quello era il mio hobby; già da molti anni avevo smesso di scrivere.

Poi scattavo quasi sempre direttamente in bianco e nero, forse pensando che così le fotografie erano più artistiche.

L'anno successivo mi sarei innamorato per sempre dei colori vivaci degli abiti delle donne del Bangladesh, ma quella è un'altra storia che molti di voi già conoscono bene.

 

I ricordi sono confusi, persi nel tempo, ma credo che questa bambina stesse seduta davanti a me, con l persone che ci camminavano davanti. Ho dimenticato se la madre era vicino a lei o la stesse aspettando. Ero sicuro fosse filippina, e raramente sbaglio in questo.

Lei mi guarda e io scatto. Due, tre fotografie.

Mi piace molto questa fotografia.

La mia prima mostra fotografica fu in una libreria, qualche anno dopo, con i volti degli stranieri, e lei c'era; non poteva mancare il suo viso.

Adesso l'ho recuperata, nei vecchi file, quando volevo scrivere questo articolo.

Non ho dubbi nello sceglierla come la prima pietra.

Perché?

 

Perché ogni volta che la osservo vengo rapito dal suo sguardo, con il suo crogiolo di emozioni.

Lei sa che la sto guardando, e vede la macchina fotografica puntata verso di lei, ma dal basso: non ha la certezza che io la stia fotografando.

I suoi occhi, la sua bocca, le sopracciglia, ogni muscolo del suo volto sono un punto di domanda.

Subito dopo quella fotografia lei tornerà ai suoi pensieri, sempre con il viso dolce e malinconico.


“Bambina filippina”. Piazza Vittorio. ROMA – 27 Giugno 2009  


Io ho scelto questa immagine perché secondo me racchiude molto del fascino e del mistero che i volti hanno sempre esercitato su di me, specialmente i volti stranieri. Ma a quel tempo tutto era ancora inconsapevole, come dentro una crisalide.

Adoravo osservare di continuo quella foto ma senza capire il reale motivo. La sua forza.

Non che sia un capolavoro, è una semplice fotografia, che ha parte del suo fascino anche nella luce dietro che regala un alone soffuso e angelico al suo volto, ma questo era assolutamente non cercato.

 

Mi piace pensare che anche adesso, dopo tutti questi anni, certi volti e sguardi possano diventare una domanda per chi li osserva.

Chi sono io? Chi sei tu che mi guardi?

Che legame ci unisce in questo secondo di scatto?

Dove mi porterai?

Cosa cambierà nelle nostre esistenze, dopo il nostro incontro?

 

Forse nulla di tutto questo.

Vedremo la foto per un attimo e la dimenticheremo per sempre.

Forse no.

Io voglio credere che qualcosa accade.

Del resto, dopo undici anni, io sto ancora qui ad osservare il suo sguardo enigmatico.

 

“Bambina filippina”. Piazza Vittorio. ROMA – 27 Giugno 2009  



Fabio Moscatelli: "Nostos" (2019)

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