George Town. Penang, 20 Gennaio 2019 |
Uno degli aspetti che mi interessa
maggiormente, nello studio delle altre culture, è sicuramente quello religioso.
Come viene vissuta la fede.
Sono cresciuto fotograficamente divorando,
tra gli altri, i libri di Abbas, Monika Bulaj, Nomachi.
Ovviamente, per impatto visivo e
complessità filosofica, ho una forte attrazione e fascino per le celebrazioni
induiste, non fosse altro che il Ramayana e il Mahābhārata sono alla base di
tutta l'epica e l'arte dal Sud Est Asiatico sino alla Malesia e Indonesia,
quando ancora si parlava di Hindu-Buddha, un singolo sistema filosofico e
religioso, come si può ancora vedere nell'iconografia e nelle statue di certi
templi buddhisti in Malesia e Indonesia.
È anche vero che io conosco l'Induismo
bangladese a Roma, più che quello della comunità indiana; sono molto anni che
vado alle loro puja (preghiere) al tempio, e loro sono alcuni tra gli
amici e amiche più cari che ho a Roma.
Ma in Malesia la comunità induista è quella
prevalentemente Tamil, del Sud dell'India, completamente differente da quella
Hare Krishna bangladese dell'India del Nord. Cambiano non solo i volti ma anche
le divinità che adorano, e stiamo parlando di una fede che ha 330 milioni di
divinità.
Perciò io ero molto incuriosito della
differenza che avrei potuto incontrare nella mia permanenza a Penang. Infatti,
a gennaio, la mia cara amica Sri – la prima persona induista che ho conosciuto
in un tempio a Penang – mi disse che avrei potuto assistere ad un evento
indimenticabile, atteso da tutti loro ogni anno: il Thaipusam, nome a me
totalmente sconosciuto.
“Però devi essere preparato
psicologicamente”, mi disse Sri, “perché se non lo hai mai visto potresti
rimanere impressionato.” E mi fece vedere delle fotografie di quello che
succede durante questi due giorni di preghiera.
Innanzitutto che cosa è il Thaipusam?
È il culto del dio Murugan, una divinità
guerriera, che ricevette da Parvati la lancia per uccidere il demone
Soorapadman, ed è celebrata dalla comunità Tamil nella notte di luna piena del
mese Tamil di Thai (gennaio, febbraio) che coincide con la stella
Pushya, conosciuta come Poosam in Tamil. La preghiera è divisa in due
giornate, nella prima i fedeli si ritrovano dalla prime luci dell'alba a Little
India George Town, con carri e buoi, per
la processione sino al momento più simbolico della giornata: la rottura delle
noci di cocco, a migliaia.
George Town. Penang, 20 Gennaio 2019
Un momento molto coinvolgente, ma
assolutamente pericoloso per la macchina fotografica, ho veramente temuto per
la sua incolumità più durante questa giornata che durante l'holi festival;
diciamo che le schegge impazzite delle noci di cocco fanno più male delle
polveri colorate. Ma si sa, i fotografi sono gente fuori di testa.
Comunque Sri mi spiegò il motivo della rottura
dei cocchi.
“Le nostre anime, i nostri cuori, sono come
le noci di cocco, esteriormente scure e dure, ma dentro c'è la parte pura,
morbida e bianca, la nostra parte buona. Ogni volta che ne scagliamo con forza
una al suolo speriamo che essa si rompa e liberi i nostri cuori dal male che li
avvolge. Più ne rompiamo, più i nostri cuori sono liberi.”
Decisamente condivisibile, ma questi sono i
limiti invalicabili della fotografia di genere religioso: vedere, fotografare,
capire, ma non imitare se non si è della stessa religione. Ma io sono totalmente
d'accordo fino al midollo.
Tutti i fedeli digiunano e pregano per
settimane prima di queste 48 ore, fino al giorno successivo che è il culmine
del culto, con la grande processione di migliaia e migliaia di persone fino al
tempio.
In Malesia due sono i templi dedicati al culto del dio Murugan: quello più famoso è il tempio di Batu Caves a Kuala Lumpur, in una grotta, con i suoi 272 gradini da scalare dopo una processione di 15 chilometri. Il secondo, per mia fortuna, è proprio a Penang, e se esso è il secondo per fama, è il primo per grandezza e altezza.
Il Balathandayuthapani Temple,
ufficialmente il Arulmigu Balathandayuthapani Kovil, ma conosciuto come
Waterfall Hill Temple o “Thaneer Malai” in Tamil, con i suoi 513 scalini e i
21,6 metri nella sua torre più alta (gopuram) è il più grande tempio dedicata
al dio Murugan fuori dall'India.
George Town. Penang, 21 Gennaio 2019
Durante questa giornata si assiste ad uno
spettacolo cruento, per stomaci forti, a cui la mia amica mi aveva preparato
mostrandomi le foto. Ovvero, nella lenta processione che dura tutto il giorno,
i fedeli reggono in capo degli otri di metallo contenenti latte e petali di
rosa da offrire alla divinità raggiunta la sommità del tempio, oppure – i più
coraggiosi – si ricoprono il corpo di piercing, ganci e si trafiggono le
guance, la bocca e la lingua con spille e lame, in segno di devozione.
Poi tutti insieme, sotto un sole cocente,
si salgono i 513 scalini, ripetendo come un mantra “Vel! Vel!” che
infonde coraggio e forza, sino ad arrivare dentro il tempio e passare davanti
la divinità per renderle onore: solo dopo questo si possono iniziare a
rimuovere i piercing e le lame da corpo e dalla bocca, con profondo dolore; tra
loro ci sono anche donne, e non sono pochi quelli che cadono in trance, per un
mix di devozione, caldo, stanchezza e dolore fisico.
Io me li sono fatti tutti i gradini, ci
avremo impiegato circa un'ora e mezzo, un gradino alla volta, tutti pigiati uno
contro l'altro e sudati fino allo scheletro.
A destra e sinistra avevo volti di
studenti, donne con la lingua di fuori come Kali, in trance, uomini con forchette
e spille che trapassavano da una guancia all'altra.
George Town. Penang, 21 Gennaio 2019
Sono stati due giorni che non dimenticherò
mai, e avrei voluto avere una seconda occasione per vederlo. Porterò sempre con
me questa esperienza, e ringrazio ancora Sri e la sua famiglia che mi hanno
tenuto con loro in quei due giorni.
Le fotografie che potevo scegliere erano molte, ma la foto in alto è quella che mi emoziona di più, per la forte luce, il fumo degli incensi ma, soprattutto, per il volto della donna completamente assorto la preghiera, con un sorriso mistico.
Innegabilmente la Malesia è anche questo.
P.S. Un pensiero ed un abbraccio, in particolare, al papà di Sri che non c'è più...
Meendum
santhipom, Appa
(Good-bye Father)
George Town. Penang, 20-21 January 2019
Abbas: “Gods I've seen – Abbas\ Magnum” (Phaidon, 2016)
Monika Bulaj: “Genti di Dio. Viaggio nell'altra Europa” (Frassinelli, 2008)
Kazuyoshi Nomachi: “Le Vie del Sacro” (National Geographic Italia, 2014)
Watch the video:
Comments
Post a Comment