Sulla Bellezza

Ogni cosa ha la sua bellezza ma non tutti la vedono.” (Confucius)

Kota Bharu, Kelantan. Malaysia, 18 June 2019

Se c'è una cosa su cui tutti sono d'accordo è che è impossibile definire che cosa è la bellezza, a livello unanime.

A parte il classico "la bellezza è soggettiva," e che essa “è negli occhi di chi guarda,” è innegabile che nonostante i tentativi delle arti visive e della letteratura non esiste una definizione definitiva.

Anche le neuroscienze si sono interrogate sull'argomento, cercando di capire come funzionano i neuroni che sottendono alla percezione della bellezza.

Il decano della neuroscienza, il prof. Semir Zeki, dell'University College di Londra, a proposito del concetto di bellezza ha affermato in un'intervista: “Io credo che esistano parametri universali della bellezza. Credo, molto semplicemente, che ci siano dei minimi termini che devono essere soddisfatti perché un volto sia considerato bello. E lo stesso vale per il corpo: non si può considerare bello un corpo in cui un braccio sia lungo la metà dell'altro.”

Ma conclude dicendo: “Nessuno può dare una definizione di bellezza che sia valida anche per la percezione altrui del bello.”

Quindi si conoscono quali sono i meccanismi neurologici che ci fanno percepire e godere del bello – un'attivazione della corteccia mediale orbito frontale – ma poi è comunque impossibile darne una spiegazione.

 

Il viaggiare per i diversi continenti e conoscere le altre culture ci permette di assestare quelli  che sono i nostri parametri per la bellezza: perché, ci rendiamo conto di come questi parametri varino da cultura a cultura e da paese a paese.

Io ho frequentato per molti anni, e tuttora, l'Asia e il Sud Est Asiatico, in senso geografico che nelle loro comunità migranti che vivono a Roma, ed ovviamente conosco bene anche le donne italiane ed europee. Perciò, molte volte, ho spiegato alle mie studentesse, o a chiunque incontrerò ed usciva fuori questo tema, di come il detto “l'erba del vicino è sempre più verde” sia applicabile in pieno al concetto di bellezza femminile.

Citavo il caso del complesso che hanno le donne asiatiche a proposito del colore scuro della loro pelle (abbiamo visto come i malesiani usano il termine sawo matang, mentre i filippini kayumanggi), per cui è abitudine comune delle donne filippine l'uso di una crema acida che sbianca, corrodendo, la melanina della pelle del viso per renderla più bianca, ed assomigliare al modello di bellezza femminile occidentale , per poi ritrovarsi a cinquanta anni con le guance bruciate e corrose da questo acido. Ma, per esempio, sempre nel suo interessantissimo libro sui colori, Kassia St Clair racconta come nel 1700 le donne nobili morivano giovani per l'uso massiccio che facevano della cancerogena biacca per rendere il viso di un bianco intenso, a suon di piombo – come la famosa Contessa di Coventry Maria, morta a 27 anni nel 1760.

Così come le nostre donne europee si fanno venire i tumori al seno, stese sotto il sole cocente nelle ore più calde estive, proprio per ottenere quel colore brunastro che le donne asiatiche ritengono indice di bruttezza.

Per non parlare dei casi di anoressia e morte di tante povere ragazze occidentali che si riducono a scheletri per assomigliare ai corpi filiformi delle modelle, mentre nei paesi arabi, o quelli del Sub Continente Indiano, una donna troppo magra è indice di gracilità, poca forza fisica, cagionevole di salute e dunque non attraente. Non a caso il saree indiano, ha il segreto del suo fascino non solo nel tessuto pregiato e colorato, ma anche proprio perché lascia scoperta la pancia nelle donne, che è indice di bellezza per gli uomini di quei luoghi.

È appena uscito un libro molto divertente della scrittrice Sarai Walker, Dietland, dove viene smontato proprio il classico pre-concetto della donna grassa intesa come essere inferiore, sfortunato e brutto. Anzi, la protagonista rivendica l'orgoglio di pesare 130 chili, denunciando la campagna d'odio che c'è nei confronti delle persone grasse. La stessa scrittrice, in una intervista, si felicita del fatto che finalmente sia uscita in commercio la “Barbie curvy”, per provare a non inculcare nelle bambine l'idea che la bellezza sia avere un corpo magro e irrealistico. 


Io quando vedo un volto che mi piace non resisto, lo guardo a lungo, cerco di capire perché mi piace, preferendo sempre un approccio istintivo e fisico più che razionale.

Ancora ricordo quando vidi questa donna, in Malesia: una dottoressa che lavora in una sezione del HUSM, L'Ospedale a Kota Bharu in Kelantan.

La guardavo intensamente, cosa che non è molto consigliato fare con le donne mussulmane in Malesia; infatti lei sfuggiva, evidentemente imbarazzata, ma fortunatamente c'erano delle mie amiche con me che erano sue colleghe, e le hanno spiegato chi ero e che avrei voluto solamente farle un ritratto. Ma nei suoi occhi c'era ancora tanta diffidenza, e quello sguardo interrogativo è rimasto anche quando siamo rimasti soli in una stanza per un attimo, il tempo della foto. E alla fine lei non ha resistito e mi ha chiesto perché avessi voluto fotografarla, e le ho risposto semplicemente perché per me lei ha un bel viso.

Ma essendo una donna dal forte temperamento non ha chiuso là la questione, sapendo che il punto era un altro: “Mi hai fotografato perché ho la pelle del viso macchiata di nero?”, mi ha chiesto puntando i suoi occhi nei miei, senza sorridere.

In quella domanda, io credo, ci fossero dentro chissà quanti anni di insicurezze e imbarazzi, fin da bambina, il sentirsi “diversa” e magari anche le offese di qualcuno.

Io le ho risposto che per me il suo viso in quel modo è ancora più bello, perché la rende unica.

Essere diversi non vuol dire sempre essere inferiori o “brutti”, ma può anche voler dire essere “unici”. E questo è una cosa di cui essere fieri.

Io non so se l'ho convinta o meno; comunque, ha acconsentito ad essere fotografata e tenermi il suo ritratto. Ed ogni volta che io lo guardo ho la conferma che sia una donna molto bella.


Yolanda. Rome, 6 Gennaio 2010

Il ritratto di Yolanda, questa donnina italiana di sessanta anni, che feci nel 2010, è ancora ad oggi uno dei ritratti più amati da chi mi segue.

È nei miei libri e nei miei seminari sul ritratto, ed ogni volta le persone sono incuriosite da lei, mi chiedono chi sia e perché ha il volto in quel modo.

Le disavventure di una vita difficile hanno trasformato il suo volto nella mappa rugosa della sua stessa esistenza, rispondo. Non occorre neanche raccontare la sua vita: è già tutta la, raggrinzita nella pelle come se fosse un labirinto del dolore.

E non sono state poche le persone, giuro, che in tutti questi anni hanno usato la parola “bella” per descrivere il viso di Yolanda.

Ma come può essere bello un volto simile?

È bello proprio perché è vero. O meglio, è la sincera descrizione, non a parole o a concetti ma al tatto e alla vista, di una esistenza. È la sincera, dolorosa e vera, davanti ai nostri occhi.

Non esiste make-up, tinte o belletti che possano renderla migliore di così, perché vorrebbe dire renderla falsa: come se la dottoressa malesiana si fosse coperta metà volto con una mano, durante la fotografia, per non mostrare la macchia scura sulla pelle. Avrebbe perso la sua stessa identità e falsato il ritratto.


Io non sono in grado di definire la bellezza, ma so quello che per me è bello, quello che mi piace, ciò che mi fa scattare e provare a prendere con me per sempre, nella mia lente, ed è proprio il senso di verità che c'è nei volti, quel legame – il più forte e visibile – che c'è tra volto e esistenza.

Non mi interessa se sia vecchio, rugoso, imperfetto, nero o giallo; deve essere sinceramente se stesso, vero.

Senza vergogna.

Questa per me è la bellezza.

Johor. Malaysia,  25 Maggio 2019

Bandung. Indonesia, 9 Ottobre 2017

Australasian Science Magazine, Luglio/Agosto 2016, "La mente dello spettatore: neuroscienza della bellezza" by Dyani Lewis

Sarai Walker, Dietland (Mondadori, 2020)

Kassia St Clair, Atlante sentimentale dei colori – Da amaranto a zafferano, 75 storie straordinarie (UTET, 2019)

Mihaela Noroc, The Atlas of Beauty (Penguin Books, 2018)

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