“Quello che i
tuoi occhi vedono
non lasci il
tuo cuore.”
(Detto del popolo
Aymara)
Kampung Tegalsari Bojong, Kc. Mungkid. Magelang, 11 November 2017 |
Le fotografie scattate da dietro le persone sono sempre molto particolari. Quello che le rende speciali è che trasformano un evento semplice e quotidiano, come è il camminare, in qualcosa di altamente simbolico.
Una delle fotografie più famose in questo
senso è quella di Eugene Smith, “Walk to Paradise Garden”, scattata nell'estate
del 1946, ai suoi due figli Patrick e Juanita nel suo giardino.
Una foto diventata ben presto iconica, in
cui non è difficile leggere la metafora dell'infanzia, quell'epoca fatata in
cui sembra di vivere in un giardino paradisiaco, appunto. Ben altra cosa degli
ultimi celebri scatti di Smith del villaggio Minamata che raccontano invece le
mostruosità dell'età adulta.
“Walk to Paradise Garden”, W. Eugene Smith, 1946 |
Anche il fotografo Reza, nel suo “Il mestiere del fotografo” racconta di come la sua fotografia del bambino nel campo profughi nel Burundi sia una delle sue preferite tra quelle con cui ha documentato la tragedia tra gli Hutu e i Tutsi nel 1994:
“Corre da solo, cercando di proteggersi.
C'è un tale smarrimento, una tale fragilità. In queste due fotografie, il bambino come il ragazzo è ripreso di
spalle mentre il paesaggio accentua lo sconforto. La solitudine non ha volto. È
universale.”
Burundi. Reza, 1994 |
Questo fu argomento di un mio discorso sul linguaggio della fotografia in Malesia, che poi mi valse il contratto l'anno successivo nell'Università per la realizzazione del libro di cui vi ho parlato.
Usai come esempio questa foto scattata in
una casa di riposo per anziani a Penang.
Alla fine di un evento organizzato dalla
mia Università per gli ospiti della casa di riposo, io seguii le donne anziane
tornare nei propri alloggi. Loro non sapevano che le stavo seguendo, tutto era
estremamente naturale, ma fotografandole di spalle, nel lungo corridoio, le
trasformò in una metafora, perché se è vero che la fotografia, come tutte le
espressioni artistiche, ha un suo proprio linguaggio e grammatica, non così
diverso da quello delle parole, allora anche una foto può usare la figura retorica
della metafora.
Il corridoio diventa allora il cammino
della vita, le donne anziane senza un volto perdono la loro identità e
rappresentano l'età ultima della vita con il suo incedere lento e ricurvo, e la
luce baluginante in fondo al corridoio che tutto sfuma diventa ciò che tutti
sappiamo, e dove ognuno di noi è diretto.
Casa di riposo per anziani. Pusat Jagaan Darul Hanan, Pongsu Seribu. Penang. Malaysia, 30 Novembre 2017 |
Come se fosse la metafora speculare della foto di Eugene Smith, non più camminando nel Giardino del Paradiso, ma camminando verso il Giardino del Paradiso, a chiudere il ciclo dell'esistenza.
Con i bambini che si tengono per mano nel
giardino incantato e le donne anziane che, invece, camminano da sole, perché si
sa, ognuno di noi muore in solitudine: la morte è sempre un fatto privato.
È per questo motivo che a questa fotografia
malinconica preferisco, di gran lunga, quest'altra scattata in un villaggio a
Magelang, nel centro di Giava, in Indonesia. Una delle mie fotografie che amo
di più.
Anche qui ci sono due signore anziane, di
cui non so nulla, potrebbero essere due sorelle o semplicemente vicine di casa,
ma c'è in loro una dolcezza nel sorreggersi a vicenda che manca nella foto
della casa di riposo.
Anzi, sembra che siano la versione anziana
dei bambini di Eugene Smith, e non più solamente il loro riflesso speculare: è
vero, non camminano in un giardino ma tra mura e mattoni, ma quello è il loro
villaggio, la loro casa, il loro mondo.
Sembra che insieme, una a fianco a l'altra,
l'una a sostegno dell'altra, raccolgano in sé tutta la fatica e l'esperienza
dell'esistenza intera, come solo le persone anziane sono in grado di fare.
Quando si ha la possibilità di vedere
momenti come questi mi viene in mente il bellissimo detto del popolo
sud-americano Aymara:
“Quello che i tuoi occhi vedono non
lasci il tuo cuore.”
Se noi fossimo in grado di capire fino in
fondo queste parole la tristezza sarebbe solamente un'orma sulla spiaggia
vicino alle onde del mare.
Reza: “Il mestiere del fotografo” (Contrasto, 2012)
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