Olivier Föllmi. "Himalaya". 1996 |
Ogni tanto mi chiedono quale è la frase che mi ha colpito di più, la citazione che amo maggiormente.
È impossibile sceglierne una; io adoro collezionare le frasi celebri, le uso spesso, e ognuna ha un suo determinato significato per diversi aspetti di me.
Però c'è una lunga frase che ogni volta che la rileggo mi commuove. E chi ha seguito i miei corsi a Roma lo sa bene, perché la uso a conclusione durante l'ultima lezione, come saluto finale.
È scritta da uno dei fotografi più sottovalutati, secondo me: Olivier Föllmi, nel suo splendido libro “Consigli di un fotografo viaggiatore”.
Nonostante lui abbia pubblicato più di 30 libri fotografici, premiato nel 2008 nel World Press Photo, inserito da LIFE tra i migliori 50 fotografi al mondo, inserito da LIFE tra i migliori 50 fotografi al mondo, Föllmi è raramente citato.
Per lo più è famoso per la serie “Saggezza dell'umanità”, realizzata con la moglie Danielle, con cui è anche fondatore della HOPE Association, che opera in tutto il mondo in aiuto dei bambini più svantaggiati.
La sua metodologia di lavoro poi per me è di grande ispirazione perché, ovunque lui va a fare fotografie, cerca di aiutare in qualche modo le comunità che incontra, come racconta – per esempio – nel capitolo “Dare e Ricevere”, quando, grazie alla vendita delle sue foto in un villaggio nel Burkina Faso, in Africa, è riuscito a costruire un pozzo per la gente di quello stesso villaggio.
Io adoro le sue fotografie, e quelle sull'Himalaya rimangono una spanna superiore alle foto di Steve McCurry, molto più acclamato.
Föllmi fa un uso della luce naturale come pochi; è un romantico, e per me questo è un pregio notevole.
Il libro è pieno di frasi sottolineate a matita, e non mi stanco mai di leggerlo.
Questa è la frase che più amo, e che potrebbe benissimo essere la mia scelta: la famosa citazione come testamento spirituale della mia vita, poiché ne condivido ogni sillaba:
“E tu, amico viaggiatore, dove desideri andare per cominciare?
Dirigiti verso il continente che ti chiama, la cui cultura ti ispira e fermati nel paese dove ti sentirai a casa. Ritorna due volte, dieci volte nel tuo paese d'adozione. Forse ci andrai a vivere? Non ti imporre dei limiti, lascia aperte tutte le porte. Parti come un bimbo incantato e lascia che il viaggio ti porti per mano: il primo sconosciuto da scoprire sei tu stesso! Approfitta del viaggio per perdere colui o colei che pensi di essere. Dimentica quello che hai imparato, diffida delle tue certezze, molla gli ormeggi, lasciati sorprendere! Parti nudo, osa fare il mendicante: il viaggio ti offrirà abiti nuovi. Rivelerà in te ricchezze che neanche sospettavi.
Tornerai senza un soldo, ma sarai ricchissimo” ( Olivier Föllmi)
Hommage à l'Himalaya (Français) Broché – 24 settembre 2004 |
I miei corsi, qui a Roma, sono sempre stati particolari, mai insegnato tecnica fotografica, tant'è che si chiamavano “Fotografia come Mediazione Culturale”, ovvero come fotografare le altre culture, popoli e religioni.
Io sono sempre stato convinto che le nostre identità si formano grazie all'incontro con gli altri, come sostenevano gli antichi greci.
Io sono me stesso, oggi, grazie a tutte le persone che ho incontrato nel mio cammino di uomo e fotografo. E più le persone erano diverse e distanti da me più ero obbligato a modificare me stesso, a “spogliarmi”, come dice bene Föllmi.
Ci vuole molta umiltà e coraggio a togliersi i propri abiti mentali, a decentrarsi, a non considerarsi come l'ago della bussola del mondo intero (cosa in cui noi occidentali siamo molto abili).
Il mendicante, come i come i baul del Bangladesh, pazzi mendicanti e mistici.
Anche Tiziano Terzani, che ha viaggiato per tutta la vita, racconta come nei suoi ultimi giorni, nell'Himalaya, un vecchio gli disse:
“Abbandona tutto, abbandona tutto quello che conosci, abbandona, abbandona, abbandona. E non aver paura di rimanere senza niente, perché alla fine quel niente è quello che ti sostiene.”
Così è...
“La bellezza di una storia non dipende dai chilometri percorsi, ma dall'intensità dello scambio, dal vissuto e da come, con gli occhi lucidi, si comunica dall'intimo più profondo”. Queste parole di Föllmi richiamano gli ultimi versi della poesia “Itaca” di Kavafis.
Noi tutti siamo viaggiatori, più o meno consapevoli, e la nostra ricchezza è proprio in quanta nudità sapremo mostrare agli altri.
Aspettando che nuovi abiti ci donino anche nuovi sguardi.
Allora dovremo essere solamente pronti a puntare l'occhio nella nostra macchina fotografica, e a rendere ciò che ci è stato donato.
Dhaka, 2020 |
Olivier Föllmi: “Tips from a traveling photographer” (Contrasto, 2010)
Olivier Föllmi: “Himalaya” (L'Ippocampo, 2005)
Olivier Föllmi: “Latin America” (L'Ippocampo, 2007)
Danielle & Olivier Föllmi: “Wisdom of humanity” (L'Ippocampo, 2007)
Olivier Föllmi: “Child-friendly” (L'Ippocampo, 2007)
Tiziano Terzani: “A world that no longer exists” (Longanesi, 2010)
https://www.olivier-follmi.net/
http://www.atelier-follmi.com/en/1799-2/humanitaire/the-hope-association/
Comments
Post a Comment