“Le Fotografie Che Amo” 6 – Mary Ellen Mark

“Molte persone mi chiedono come ho creato un tale senso di intimità nelle mie fotografie.
Questa è una domanda alla quale è impossibile rispondere.
Sei ciò che sei”

(Mary Ellen Mark)


“Kamla dietro le tende con un cliente”Falkland Road, Bombay, India, 1978

È giunto il momento di dare spazio allo sguardo femminile di Mary Ellen Mark, la fotografa americana nata a Filadelfia nel 1940 e morta a New York nel 2015.

La mia sesta scelta.


Mary Ellen Mark

Come lei stessa scrive nello splendido libro “Il Ritratto e l'Istante”, la sua vita cambiò nel 1963, quando scoprì la fotografia ai tempi dell'università in Pennsylvania. Camminando per le strade della città, con la macchina fotografica in mano, capisce le potenzialità che questo strumento le offre:

“Mi resi conto che la macchina mi permetteva di entrare in contatto con gli altri come mai mi era accaduto prima. Mi dava la possibilità di entrare nelle loro vite, soddisfacendo una curiosità che era sempre stata lì, ma che fino a quel momento era rimasta inesplorata. Quel giorno, mi si aprì un mondo. Mi accorsi delle infinite possibilità che la macchina fotografica mi offriva; di tutte le immagini che avrei potuto scattare, le vite che avrei esplorato, di tutte le persone che avrei potuto incontrare e quanto avrei imparato da loro.”

 

Mary Ellen Mark are una donna ostinata e testarda, e sapeva cosa voleva fotografare.

Era attratta dalle vite borderline, di chi arrancava ogni giorno in esistenze ai margini della società, non lontana dall'estetica di un'altra fotografa, Diane Arbus, ma – a mio parere – con molta più empatia e amore; spesso i ritratti della Arbus sono algidi e volutamente disturbanti, nelle fotografie della Mark si avverte di più la vicinanza emotiva e sempre l'assenza di ogni giudizio morale.

Per lei era fondamentale comunicare le emozioni dei protagonisti delle sue foto. Non era interessate all'esotico o al disturbante, come è palpabile nelle foto ai circhi indiani di cui ho già parlato.

 

“Il contenuto, l'emozione, la composizione e la profondità.”

Questi sono i requisiti fondamentali di una grande foto, secondo lei.

I suoi reportage sono entrati nella storia della fotografia. Come la storia di Tiny, fotografata agli inizi degli anni '80 su commissione della rivista LIFE, sui ragazzi di strada. Alla fine, l'ha fotografata per oltre 32 anni. Come un'ombra amica della sua difficile esistenza, tra droga, prostituzione, mariti violenti e la crescita delle sue due amate figlie.

Un lavoro che a sfogliarlo, pagina dopo pagina, toglie il fiato per la sua drammatica bellezza.

 

Solitamente, i suoi lavori sono in bianco e nero.

Eccezione fu il reportage su Falkland Road, da cui è tratta la fotografia che ho scelto per lei, e da cui sono tratte tutte le altre foto.

Come ho scritto all'inizio, la Mark è celebre per la sua ostinazione, e questo lavoro ne è la testimonianza più evidente.

Dieci anni di attesa le sono voluti affinché potesse scattare queste fotografie, nel più famoso quartiere a luci rosse di Bombay.

La prima volta che andò in India fu nel 1968.

Dal primo momento fu attratta da questa celebre strada, con i suoi bordelli in antichi edifici in legno a due piani, con le gabbie alle finestre.

Al loro interno, esercitavano prostitute indiane dai 12 ai 65 anni, comandate dalle maitresse – la madam.

Lei ha provato in ogni modo ad avere il permesso per fotografare le loro vite, per dieci anni, ogni volta che tornava in India, me le fu sempre negato: la insultarono, picchiarono, le rubarono il portafogli.

Niente da fare. Ma non ha mai mollato.


Finché, nel 1978, riesce ad ottenere una commissione da GEO per tornare a Falkland Road, e dopo settimane di tentativi incessanti, bussando alle loro porte, riuscì a fare amicizia con Saroja, una delle madam, colpita dalla sua caparbietà nel conoscere la vita all'interno del bordello.

La sua amicizia con Saroja le aprì le porte di quel micromondo, composto da edifici in cui ogni camera era un bordello con una madam che gestiva dalle quattro alle dodici prostitute.

Mary Ellen Mark divenne amica di ognuna di loro, raccogliendo le loro storie di vita fatte di rapimenti, droga, malattie, violenze, ma anche di sogni e speranze in un mondo completamente al femminile, dove gli uomini erano solo clienti occasionali.

Anzi, le stesse prostitute la proteggevano e la nascondevano sotto i letti quando la polizia irrompeva nei bordelli.

Lei era con loro, anche quando le donne lavoravano con i clienti, nelle strette stanze colorate, con il flash pronto ad immortalare ogni gemito, lacrima a sorriso. Come nella foto di Kamla che ho scelto, che fu il riflesso attento come il morso di un serpente della Mark, che – mentre parlava con la madam del bordello – vide la tenda alzarsi e svelare il volto sorridente di Kamla con un cliente, la cui mano le stringe il viso: neanche il tempo di pensare e scattò. Puro istinto fotografico.

Così descrive la foto:

“Sentivo delle voci da dietro le tende; è allora che un cliente ha detto: “I miei occhiali, i miei occhiali, dove sono i miei occhiali?” e una prostituta di tredici anni gli disse: “Avanti, comportati bene, sii corretto.”

Tre mesi vissuti insieme a queste donne, le prostitute più economiche di Bombay.

Quando dovette partire fu un momento straziante, con Mary Ellen Mark che non riusciva a smettere di piangere a abbracciare le ragazze, soprattutto Saroja.

Il libro fu pubblicato, la prima volta, da Alfred Knopf nel 1981.

Nella Postfazione al libro la Mark si stupisce di come riuscì ad avere la commissione per questo lavoro e per la sua pubblicazione, riflettendo su come ai tempi di oggi sarebbe impossibile che una rivista possa commissionare un simile reportage.

Saroja (a sinistra), con una delle sue ragazze. 


Saroja: “Avendo potuto scegliere, avrei preferito restare nel mio villaggio.
Ma se fossi rimasta lì, non avrei mai saputo cosa mi sarei persa.”

Un anno dopo la pubblicazione, lei è tornata a Falkland Road, cercando Saroja per donarle una copia del libro; lei si era già spostata a lavorare in uno slum ancora più povero ed era magra e malata. L'AIDS era ormai una realtà quotidiana.

Dopo quindici anni è ritornata con il marito e lo scrittore John Irving, ma tutto era ormai mutato.

Molte più prostitute, violenza e droga. Un luogo troppo pericoloso e senza anima.

Nel suo cuore ancora erano presenti le protagoniste delle sue foto e delle storie di quindici anni prima.

La sua dedica è già nella prima pagina del libro:

“Come la maggior parte dei paesi, l'India ha bordelli eleganti e ragazze squillo costose.

Ma le foto di questo libro sono state scattate in una strada a Bombay dove vivono e lavorano le prostitute meno costose; una zona famosa per le case delle ragazze-in-gabbia in cui vivono alcune donne.

Queste fotografie sono state scattate tra l'ottobre 1978 e il gennaio 1979. In quel periodo ho avuto modo di conoscere ed entrare nel mondo di alcune donne di Falkland Road. Erano donne molto speciali. Questo libro è per loro – con profondo ringraziamento alla mia amica Soraja.”

Scegliere una foto tra le 65 fotografie del libro non è stato semplice.

Ovviamente molte di queste sono crude, dirette, a poca distanza dai corpi nude delle prostitute.

Non è stato facile neanche avere questo libro, ho dovuto farmelo acquistare da Londra da un amico e portarmelo. Ma adesso è intoccabile nella mia libreria.

 

La mia ammirazione per la fotografa americana è smisurata, per la sua tenacia, ostinazione e profondità umana.

Non solamente per ciò che ha preceduto il reportage in sé, i dieci anni di desiderio e rifiuto, o le settimane di caparbietà per riuscire a entrare nei bordelli. Ma soprattutto, perché due anni dopo lei è tornata là, portando una copia del libro, cercando quelle prostitute, abbracciando di nuovo chi le aveva permesso di condividere le loro esistenze.

 

Comportamenti come questi solamente pochissimi fotografi li hanno. Non si parla  unicamente di bravura tecnica ma di profondità di animo, di riconoscenza, e di amore.

Anche nella via più malfamata di Bombay, tra le gabbie dove a nessuno verrebbe mai in mente di parlare di sentimento e dignità.

Mary Ellen Mark, con questo libro e le sue azioni, ci ha lasciato una lezione preziosa.


Dedicato a lei, a Saroja, e a tutte le anime perse di Falkland Road.

“Come fate a sapere se la fotografia è la vostra strada? Se è una cosa che amate, se si tratta di qualcosa di cui non riuscite a liberarvi, se ne siete consumati, se ne restate ossessionati, allora forse è qualcosa che proprio non dovreste rinunciare a fare. Non è una vita facile. Ma se la sia ama, non vi si può rinunciare.”

(Mary Ellen Mark)




Mary Ellen Mark: “Falkland Road – Prostitutes of Bombay” (Steidl, 2005)
Mary Ellen Mark: “Tiny – Streetwise revisited” (Aperture, 2015)
Mary Ellen Mark: “On the Portrait and the Moment” (Postcart \ Aperture, 2016)

 

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