"Le Fotografie Che Amo" 2 – Alex Webb

"Spero sempre di tornare dai miei viaggi con delle foto che possano aprire gli occhi alla gente e rivelare qualcosa della natura enigmatica del mondo in cui viviamo, della sua verità, complessità, bellezza e sofferenza.”
(Alex Webb)

Nueva Loredo, Messico, 1996


La seconda fotografia di cui vi voglio parlare è di Alex Webb. Nato a San Francisco nel 1952, e dal 1979 fotografo Magnum.

Ho avuto la fortuna di conoscerlo qualche anno fa durante un incontro organizzato da Leica Store a Roma, prima di un suo Workshop. Era con sua moglie Rebecca Norris e mi sono fatti autografare il suo ultimo libro uscito in Italia: “Street Photography e Immagine Poetica”.

Persona deliziosa e semplice, per niente vanitosa.

 

“Alex Webb”Roma – 16 November 2016


Il suo è stato un percorso interessante.

Ha iniziato a fotografare grazie all'incanto delle foto di Cartier-Bresson, prediligendo il bianco e nero. Fotografa la società americana, ma non trova soddisfazione. Come scrive: 

“Come molti fotografi della mia generazione ho cominciato con il bianco e nero. Ma a metà degli anni '70 ero finito in un vicolo cieco.”


La fotografia non lo appaga come vorrebbe.

È in quegli anni che si imbatte in un libro: “I Commedianti” di Graham Greene.

Ha solo 23 anni ma inizia a fantasticare i tropici. Haiti e i suoi colori intensi, emersi dalle pagine di quel libro lo spingono ad intraprendere un viaggio, non solo fisico ma visivo.

Parte per Port-au-Prince, ci rimane per tre settimane e scopre il colore.

        “Quel viaggio mi ha trasformato come fotografo e come persona.”

 

I colori in America erano solo buoni per le pubblicità, mentre in quelle terre il colore è parte integrante della loro cultura.

Haiti, Messico, Cuba. Il colore come linguaggio e la strada come luogo mentale.

Ad Haiti scopre un altro elemento che diverrà fondamentale nel suo percorso fotografico: il disordine.

E un abile fotografo deve dominare il disordine, deve dargli forma.

 

Tehuantepec, Messico, 1985


È in Messico, a Nuevo Loredo, che scatta questa immagine, che io adoro, e che ho scelto come preferita tra le sue.

Alex Webb è indiscutibilmente un maestro nell'organizzare il caos.

Più un luogo, davanti ai suoi occhi, è affollato più emerge il suo talento.

 

È incredibile.

 

Questa fotografia la mostro spesso durante i workshop, e sottolineo sempre che una foto è il congelamento di un attimo; noi vediamo solamente quello, ma dobbiamo essere in grado di metterlo in movimento di nuovo: capire cosa c'era prima del clic, dargli vita.

Solo così si può capire a fondo la difficoltà di certi scatti.

In questa fotografia ci sono concentrate alcune regole di composizione con una naturalezza impressionante: soggetti sui terzi, natural frame, silhouette, sottoesposizione, diversi piani di profondità.

E poi dettagli che emergono dopo visioni successive, come l'insegna sullo sfondo che si legge completamente, l'espressione innamorata e felice della ragazza, il libro tenuto in mano dall'uomo sulla sinistra che è perfettamente incorniciato dall'ombra.

Infine, il particolare che mi fa veramente uscire fuori di testa: la punta della scarpa della bambina che tocca di un millimetro il braccio del ragazzo su di un piano differente. Con una precisione infinitesimale che ricorda il piede in perfetta lievitazione sulla pozzanghera dell'uomo che salta, nella celebre foto di Cartier-Bresson.

Tutto questo non mentre loro erano immobili in posa per lui, ma nel tumulto della loro vita, nel disordine delle loro azioni.

Qui tutti incasellati come in una partitura musicale.

 

Sembra facile a dirsi.

È lo stesso Webb a commentare questa fotografia.

“Sono affascinato dal modo in cui contesti, situazioni e momenti differenti possano coesistere, interagendo tra loro e definendosi a vicenda. Amo le fotografie che non si limitano a mostrare una sola cosa ma l'esistenza simultanea di più cose, in modi che possono apparire a volte contraddittori.

Non si tratta di una complessità fine a sé stessa; le mie immagini sono complesse perché il mondo che osservo è complicato e misterioso.


Cite Solei, Haiti, 1986


Di fotografie come queste lui ne ha scattate molte, e i suoi libri sono sempre un viaggio magnifico nel caos ordinato.

Ogni volta che entriamo in un mercato affollato, in una strada brulicante di gente, in un parco giochi, Alex Webb è nelle nostre menti.

Sono sfide dure per chi ama questo tipo di fotografia, il più delle volte frustrante.

Devi dominare il respiro, l'agitazione, il senso di fallimento che spesso ti manda a casa con nessuna immagine valida.

 

Ma quando quella magia accade, quando la confusione si dispiega davanti ai nostri occhi con una forma leggibile, musicale, allora non ce soddisfazione più grande.

E sai che ogni ora, giorno, mese, sarà sempre differente. Niente accade due volte uguale a sé stesso.

E cè un solo modo per capirlo: camminare.

“È solo camminando che capisco come entrare in relazione con un luogo. Perché cos'altro fa un fotografo di strada se non camminare e osservare e aspettare e parlare, e poi osservare e aspettare ancora, senza smettere mai di credere che subito dietro l'angolo gli apparirà il cuore inatteso, ignoto o segreto del conosciuto?” 

(Alex Webb)

 

Fort Kochi, India, 2014



Alex Webb: “The light of the tropics” (Contrasto, 2019) 
Alex Webb & Rebecca Norris Webb: “Street Photography and Poetic Image” (Postcart/Aperture, 2014) 

Per vedere Alex Webb in action: In Frame - Ep04c02 Hannam-dong Sunrise Alley


 

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