Sri Lanka. © Bruno Barbey |
È conosciuta con le sembianze di una perla a goccia pendente da una punta dell'India, o come sua “lacrima”; per i greci era Taprobane, per Plinio era l'“altro mondo” dove ogni cosa era alla rovescia,
mentre per il viaggiatore cinese Fa-Hsien ad abitare l'isola non erano esseri umani bensì driadi e naga, le divinità serpenti, ed era chiamata “l'Isola delle Gemme” dai cinesi così come dai Tamil dell'India meridionale, e fu Ceylon per lungo tempo grazie agli inglesi; ma per il suo popolo è sempre stata Sri Lanka, “l'Isola dello Splendore”. Nel Mahavamsa è narrata la leggenda della sua origine, con la figlia bellissima del re indiano Vanga ed il leone che se ne innamorò e concepì con lei due gemelli, il cui figlio di uno di loro, Vijayo, fu cacciato da suo padre insieme a settecento dei suoi seguaci, imbarcato su una barca finché raggiunsero le coste di Lanka, cadendo sfiniti sulla sabbia di laterite rossa che macchiò i palmi delle loro mani, dando quel nome appunto all'isola di Taprobane: “Mano di bronzo”. Cantata anche nel Ramayana, Lanka fu il luogo in cui Ravana, il re-demone di Ceylon rapì Sita, la sposa di Rama, e per liberarla giunse un'armata di scimmie comandate dal generale scimmia Hanuman, che ordinò di costruire un ponte di sassi per attraversare il lembo di mare che separava Lanka dall'India, oggi noto come “il Ponte di Adamo” nel Golfo di Mannar.
Proprio in quella porzione di terra nel nord, secoli dopo, nacque alle
9 e 47 minuti di una mattina afosa e umida, Saanvi, sotto il segno del Toro:
ostinata, metodica e introversa.
Viveva con la sua famiglia in un piccolo gamma* a Nallur, vicino
Parantan-Pooneryn Road, in una casetta dalle pareti blu, nella vegetazione. Ci
viveva con sua madre Rani, lo zio Sarvananthan e la sua famiglia. Il padre no.
Suo padre Kamal Raj era morto quando lei era ancora piccola anche se
tutte le fotografie in casa erano ancora capovolte a testa in giù, come nel
giorno della veglia funebre*.
Tutte tranne una, quella più grande sopra la piccola credenza in legno,
incorniciata grezzamente e con il vetro crepato a zigzag come un lampo nella
notte, con il padre abbracciato a Velupillai Prabhakaran* in uno dei tanti
raduni politici a cui partecipava anche suo zio, il fratello di Kamal.
La foto era così sbiadita che sembrava provenisse dal secolo scorso.
La credenza era l'unico mobilio in legno in quella casa, le sedie e il
tavolo erano in plastica dai colori spaiati. L'elettricità andava e veniva, per
lo più si usavano le lampuwa, le lampade a kerosene che venivano
spostate a secondo della necessità.
Letti non ne avevano, lo zio dormiva con sua moglie e i tre figli in
una stanza, mentre Saanvi e sua madre nella stanza che era anche la sala: tutti
dormivano per terra sui paduru*, poi la mattina Saanvi arrotolava i
tappeti e li legava alle corde pendenti dal tetto della piccola cucina, mentre
la madre spazzava in terra con la ilapatha*.
Foto estratto dal video “Village life in Jaffna Sri Lanka VLOG3” di Nivii06 |
Anche se era magrolina Saanvi aveva muscoli forti. L'altezza l'aveva
presa dal padre mentre il colore scuro della pelle era lo stesso tono ebano
della madre. I polsi e le caviglie erano sottili ma i piedi e le mani erano
forti e nodosi come quelli di una donna, nonostante avesse da poco compiuto
tredici anni.
Afferrò dal tavolino basso in cucina una ciotola con l'idiyappam* e
si sedette sulla soglia del varco che dava sul retro: non esistevano porte in
quella casa ma solo tende in cotone o iuta, come quella spessa blu che
nascondeva la vasca da bagno sui cui bordi la madre aveva appena finito di
lavare i panni. Alla bambina piaceva fare colazione guardando Rani di spalle
accovacciata davanti la vasca, e contare gli elefanti bianchi in fila, uno
sopra all'altro, stampati sulla sua veste un giorno nera, poi verde, blu, ma
gli elefanti rimanevano sempre bianchi, mentre uno dei tanti gatti che
entravano e uscivano dal cortile si strusciava sulla sua gamba miagolando e
annusando la ciotola tra le sue mani.
Terminata la colazione Saanvi iniziava ad aiutare sua madre nelle
faccende di casa, suo era il compito di macinare le spezie e i peperoncini con
il miris gala*.
In fondo non le dispiaceva stare a casa con sua mamma, se non fosse per
lo zio Sarvananthan.
Da quando era morto il fratello si era insediato in casa e sbraitava da
mattina a sera.
Si era messo in testa che Saanvi, avendo già celebrato il suo kotahaluweema*,
avrebbe dovuto iniziare a pensare a trovare marito, ma Rani si era sempre
opposta replicando che doveva concludere la scuola prima di tutto.
Suo zio sembrava vivere in un passato arcaico; nonostante Selvarasa
Pathmanathan fosse stato arrestato in Malesia* decretando la fine definitiva
del sogno di creare uno Stato sovrano socialista Tamil nel nord e nell'est
dello Sri Lanka, conosciuto come Tamil Eelam, e Mahinda Rajapaksa fosse stato
solidamente al governo per sei anni, lui continuava a parlare come una Tigre,
rivendicando continuamente l'orgoglio Tamil.
“Non dimenticare mai – diceva con gli occhi sgranati come Durga sul
viso di Saanvi – chi siamo noi! Noi siamo i discendenti dei Dravidi, coloro che
giunsero dal Sud dell'India ben prima del Principe Vijaya, nonostante i
singalesi amano vantarsi di essere stati tra i primi! Fuorno i Dravidi a
fondare i regni di Jaffna e Anuradhapura!”
Come se ventisei anni di guerra civile non fossero stati sufficienti a
seminare morte e dolore per l'intero paese.
Anche se il più delle volte lo zio giaceva seduto con il volto spalmato
tra le braccia incrociate sul tavolo di plastica in sala, stordito dall'arack*:
beveva così tanto che le figlie lo prendevano in giro dicendo che con l'alito
poteva ammazzare le mosche.
Era fatto così, stava seduto con il grasso del sedere fasciato dal sarama*
che tracimava i bordi della sedia ed il bicchiere grigio in mano, urlava a sua
moglie e sua cognata qualcosa con la voce impastata dall'alchol poi pumf!
Crollava addormentato per ore, a volte con la guancia sul piano del tavolo e la
bocca come quella di un pesce. Dalla mattina alla sera, quando non andava alla
spiaggia a lavorare. Ormai Saanvi ci aveva fatto l'abitudine.
Foto estratto dal video “Village life in Jaffna Sri Lanka VLOG3” di Nivii06 |
Quando era sola, il pomeriggio, Saanvi amava ballare.
Si legava i capelli dietro la schiena in una lunga coda nera ed iniziava
a danzare come vedeva fare durante le peraheras* delle feste, anche se
preferiva la danza classica indiana. Ogni tanto le capitava di vederla
nella televisione a casa delle sue
compagne di classe; provava a ricordare quei movimenti eleganti e a riprodurli
tra le mura del cortile di casa, con gli occhi fissi alla mudra* delle
mani.
Non le interessava nulla di politica; sapeva che tutta la storia della
sua famiglia era legata a quei ventisei anni di sangue e lotta. Lei neanche era
nata ma ovunque, intorno a lei, non si parlava di altro, fin da bambina.
Nella famiglia, a partire da suo padre, o tra i compagni di scuola, non
c'era nessuno che non avesse avuto qualcuno di caro morto in qualche attentato
o negli scontri con l'esercito governativo: da Colombo ai monasteri buddisti
sparsi per l'isola, dai monti del cuore dello Sri Lanka alle coste orientali
vicino a Batticaloa e Trincomalee. Dall'agosto del 2008 al gennaio del 2009
quante persone, amici, parenti, conoscenti erano caduti nel distretto di Mannar,
nella città di Vellankulam, di Pooneryn e Mankulam, fin dentro le giungle
circostanti. In tutti i fiumi di Jaffna, in quelli da Kilinochi a Mullaitivu,
scorrevano litri di sangue.
Ogni volta che suo zio delirava obnubilato dall'alchol e dalla rabbia, enumerando i nomi dei suoi amici
rinvenuti cadaveri nella giungla Vanni*, a Saanvi capitava di sognare la notte
che nel secchio con cui faceva la doccia invece di esserci acqua ci fosse
sangue, allora si svegliava di colpo urlando e Rani la abbracciava forte a sé
per farla calmare.
Per questa ragione sua madre decise di lasciare quella casa alla
famiglia di Sarvananthan e avvicinarsi al centro di Jaffna, in una piccola
casetta in una traversa di Moorthavinayakar Road, dove poteva frequentare il
Canagaratnam M.M.V. Stanly College.
Anuradhapura, 1870 circa |
Sarvananthan caricò le loro poche cose sul furgone e le accompagnò
verso la nuova casa, mentre Saanvi e le sue cugine sedevano nel retro che
odorava di pesce marcio, tenendosi tra di loro ad ogni curva. Da una sacca
spuntava un angolo della foto di suo padre con Prabhakaran, l'unica cosa che la
madre aveva scelto di portare con sé come ricordo.
“Non trastullarti troppo con quella stupidaggine della danza!” Parlava
con voce grossa lo zio mentre guidava,
con Rani che guardava la vegetazione oltre i bordi della strada per non
ascoltarlo. “Ormai sei grande, pensa a trovarti marito velocemente!”
“Si, bappa*! Va bene, bappa!” Ripeteva Saanvi da dietro
facendo smorfie con il viso e gli occhi strabici per far sorridere le cuginette
davanti a lei.
Appena scaricato le sacche con gli abiti e qualche utensile da cucina
in casa, andarono tutti insieme a mangiare un gelato al vicino KANI Ice Cream, come
commiato dalla famiglia dello zio.
La nuova vita rese Saanvi più felice. Era molto meglio stare con sua
madre anche se la casa aveva appena due stanze e un piccolo cortile fuori con
il pozzo e il bagno.
La scuola anche non era male, e c'erano molti templi dai colori
sgargianti e le gopuram, le torri degli ingressi principali, riccamente
scolpite nello stile dell'architettura dravidica. L'anno successivo che
vivevano nel distretto di Nallur, Rani portò sua figlia ed assistere al famoso
Jaffna Nallu Festival, il più grande festival induista che si svolgeva ogni
anno ad agosto nel tempio di Nallur Kandaswamy, svettante in cielo con le sue
quattro gigantesche gopuram, richiamando decina di migliaia di fedeli in
un solo giorno.
Saanvi era entusiasta. La madre le aveva adornato i capelli con
ghirlande di gelsomino, e decorato il viso con un pottu* verde molto
grande. Si era premurata molte volte con la figlia di non allontanarsi mai da
lei neanche di un millimetro. Saanvi era estasiata dalla marea umana che la
avvolgeva nel caldo umido della mattina. La sua statura non le consentiva di
vedere oltre la muraglia umana di sari colorati e i corpi degli uomini fasciati
in basso dal bianco dei lungi e nudi oltre la vita come da regola per il
tempio, dai volti sudati e la fronte segnata da due o tre strisce bianche
orizzontali. A volte scorgeva un kavadi, un giogo semicircolare con
piume di pavone alle due estremità, muoversi dondolando sulla folla.
Lo stesso le capitò durante il Ther Thiruvila, il Festival del Carro che
si svolgeva sempre nello stesso tempio, a settembre. Saanvi non aveva mai visto
in vita sua un simile coacervo di emozioni, suoni, trascendenza e devozione,
abituata al suo piccolo kovil dell'area in cui era nata. Qui vedeva corpi
rotolarsi in terra tra la polvere uno a fianco a l'altro impugnando noci di
cocco, anziane donne andare in trance con la lingua rossa di fuori, ragazzi
appesi a ganci in ferro piantati nella pelle della schiena penzolare da pontili
decorati con fiori, dozzine e dozzine di portatori di kavadi martirizzati
da aghi e spilloni che li trapassavano nelle guance e nel corpo, danzatori e
musicisti che avanzano tra le due ali di devoti che tenevano separata, con
spesse funi, la folla dalle centinaia di uomini che nel mezzo issavano il trono
d'argento “Simmasanam” in cui sedeva il Dio Shanmuhar e sua moglie in abiti
lussuosi, al grido “Aro Haraam!”
Certo, era una vita semplice e non potevano neanche permettersi di
andare a mangiare un gelato da RIO, perché il Sundae Special là costava 300
rupie, però non era mai stata una ragazzina dalle grandi pretese.
Quando tornava da scuola aiutava sua madre, soprattutto quando Rani
andava a pulire il pesce appena pescato sulla spiaggia per racimolare qualche
soldo in più. Non solo era abile a macinare le spezie con il miris gala,
ma aveva anche imparato a cucinare: quando tornava da scuola e sua madre ancora
era fuori amava farle trovare pronto il parippu*, che era il piatto che
le veniva meglio e tra i favoriti di Rani.
Jaffna Nallu Festival |
Il problema era suo zio. Almeno una volta alla settimana andava a
trovarle e non perdeva occasione per fare una ramanzina alla cognata. Era come
se si sentisse in dovere di prendersi cura di loro dopo la morte del fratello.
Ogni volta tirava fuori il nome di un possibile candidato come marito
di Saanvi; ripeteva che la scuola era una perdita di tempo e la danza
un'idiozia. Che al mercato del pesce di Nallur cercavano di continuo donne e
ragazze per pulire il pesce pescato.
Saanvi ascoltava da dietro la parete della cucina, spiando di tanto in
tanto la madre intenta a dissuadere Sarvananthan dal continuare a cercare
marito per sua figlia perché la scuola era la cosa più importante al momento;
che loro stavano bene in quella casa e
non avevano bisogno di aiuto.
Ma ogni settimana lo zio si faceva sempre più pressante, soprattutto se
arrivava già intontito dall'arack – allora diventava anche aggressivo con la
sua stazza da elefante nero.
Indicava la foto appesa al muro e cominciava ad urlare: “A cosa è
servito il sacrificio di tuo marito? Di mio fratello?! Non è abbastanza
doloroso aver dovuto rinunciare al sogno di un nostro stato sovrano Tamil? Deve
anche assistere al declino della sua famiglia per colpa di una figlia che
preferisce le piroette al matrimonio? Se fosse stato ancora in vita il nostro
grande Velupillai Prabhakaran, a
quest'ora avrei già spedito tua figlia nella giungla con un fucile in mano:
almeno era utile a qualcosa!”
Poi si affacciò di colpo dal varco della cucina facendo sussultare
Saanvi, piantò gli occhi arrossati dall'alchol in quelli della ragazzina e
ruggì con l'indice della mano premuto sul centro del suo petto: “Preparati che
la prossima settimana verrò con un mio amico: è interessato a conoscerti, è un
buon partito!”
E andò via caracollando verso il furgone lasciando Saanvi tremare dalla
fronte ai piedi.
Quello fu troppo anche per Rani.
A malincuore decise che sua figlia doveva abbandonare Jaffna. Le
raccontò la sera che a Udappu viveva la famiglia di una zia che abitava in un
villaggio non lontano da Negombo.
Sarebbero andate insieme a chiedere a quella zia il permesso di poter
vivere con loro, poi Ranvi sarebbe tornata nella loro antica casa. Saanvi era
triste per sua madre, anche preoccupata: lo zio non l'avrebbe presa bene.
Rimasero abbracciate a lungo e così si addormentarono la notte, distese sulla stuoia illuminata da un raggio di luna, tra il battito ritmico sulla parete delle code dei gechi in amore.
CONTINUA...
*Gamma,
villaggio.
*Quando moriva
qualcuno era tradizione, durante la veglia funebre, capovolgere le fotografie
in casa a testa in giù in modo che le persone nelle foto non fossero possedute
dagli spiriti della persona defunta.
*Le Tigri per
la liberazione della patria Tamil, comunemente conosciute come Tigri Tamil o
LTTE, è stato un gruppo paramilitare di stampo terroristico, di ideologia
comunista e nazionalista Tamil presente nella zona nordorientale dello Sri
Lanka. Fondato nel maggio 1976 da Velupillai Prabhakaran, il gruppo ha condotto
una violenta campagna secessionista contro il governo dello Sri Lanka dal 1970,
al fine di creare uno Stato sovrano socialista Tamil nel nord e nell'est dello
Sri Lanka, conosciuto come Tamil Eelam. Ciò ha portato allo scoppio della
guerra civile nello Sri Lanka, che iniziò nel 1983 e terminò nel 2009, quando
le Tigri furono definitivamente sconfitte dall'esercito singalese durante la
presidenza di Mahinda Rajapaksa.
*Pan Pedura
(o paduru) è una stuoia multiuso dello Sri Lanka, in uso fin dai tempi
antichi. In passato, quasi ogni casa dello Sri Lanka aveva molti di questi
tappetini per scopi diversi. Una volta che è un letto a scomparsa, accanto a
una superficie per asciugare risaia, spezie e altri cibi secchi, a volte, un
tavolo da pranzo e una stuoia quando vengono messi sulla veranda, funge da
sedili nelle vecchie case di fango del villaggio dello Sri Lanka. Le materie
prime o i tessuti utilizzati per questa stuoia tradizionale sono le varietà di canna
da pan che è liberamente disponibile nelle sponde dei fiumi e dei laghi. Le
canne crude vengono prima bollite in coloranti naturali per iniziare il
processo. E solo allora inizia l'arte. Due canne essiccate della stessa
lunghezza vengono messe insieme verticalmente, correndo parallele l'una
all'altra come un binario, quindi un terzo viene introdotto nel telaio e
posizionato orizzontalmente per legare i due. La continuazione di questo
processo di intreccio si tradurrà infine in un colorato tappeto artigianale.
*Un ilapatha è una
scopa a bacchetta di palma che viene utilizzata per spazzolare superfici come
la veranda.
*L'Idiyappam
è una specialità culinaria tipica degli stati Indiani di Kerala e del Tamil
Nadu. Viene chiamato anche noolappam o noolputtu nella Lingua tamil per via
della parola nool che significa “stringa”.
La ricetta,
molto semplice, prevede l'utilizzo solo di farina di riso o di grano, sale,
acqua e ghee. Viene generalmente servito come primo piatto, accompagnato da
pietanze a base di curry, come curry di patate, uova, pesce o carne, e una
salsa chutney a base di cocco. In alcune zone di Kerala si può trovare anche del
latte di cocco zuccherato. Il colore, tipicamente chiaro, può divenire
leggermente bruno se si utilizza farina di grano.
*Miris gala
è una pietra per macinare le spezie comune in tutte le cucine del paese.
*Kotahaluweema è il
raggiungimento della maggiore età di una ragazza celebrato dopo il suo primo
periodo mestruale, più comunemente noto come l'occasione in cui è diventata una
“ragazza adulta”. Mentre in passato questo avrebbe significato la sua
disponibilità sul mercato del matrimonio, oggi è una scusa per fare festa, dove
ai riti tradizionali seguono regali e divertimento.
*Arack è un
distillato alcolico ottenuto dal toddy, la linfa di palma.
*Il presidente
Rajapaksa dichiarò la vittoria sopra le Tigri il 16 maggio 2009, dopo 26 anni
di conflitto. I ribelli si offrirono di consegnare le armi in cambio della
propria incolumità. Il 17 maggio, il capo del dipartimento per le relazioni
estere delle Tigri, Selvarasa Pathmanathan, ammise la sconfitta, affermando in
una email che “questa battaglia ha raggiunto la sua amara fine.” Selvarasa
Pathmanathan prese il posto di Prabhakaran alla guida del gruppo, ma
nell'agosto dello stesso anno fu arrestato in Malesia ed estradato in Sri
Lanka.
*Sarama
è in singalese il sarong che gli uomini legano in vita per coprire le gambe
come in molte parti dell'Asia.
*Uguressa,
piccole prugne rosse.
*Peraheras,
processione di danzatori, suonatori di tamburo, cantanti, elefanti adornati
portatori di fuoco, che animano le processioni durante i festival.
*Mudra è la
posizione delle mani nella danza e nello yoga: ognuna di esse ha un nome ed un
significato.
*La giungla
Vanni fu l'ultima roccaforte delle Tigri Tamil durante l'offensiva
dell'esercito srilankese che vide la conquista di Kilinochi, la capitale LTTE,
e di Mullaitivu: in quella giungla furono cacciati gli ultimi combattenti
ribelli e, con altri 300 mila civili Tamil, furono obbligati verso una
minuscola area costiera a nord-est di Mullaitivu.
*Bappa,
è come viene chiamato lo zio.
*Dottu è
il punto colorato sulla fronte tra gli occhi che usano le donne come
decorazione.
*Il parippu
è un piatto tipico della cucina srilankese e indiana che unisce il riso basmati
al dahl, ovvero a uno stufato di lenticchie rosse, per questa ricetta cotte nel
latte di cocco e con molte spezie.
*Kades sono i
piccoli negozi e mini-market.
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