La Ferita di Soma – Prima Parte


© Kishor Parekh
© Kishor Parekh
 

Soma era nata nel piccolo villaggio di Tarimul, vicino alla riva del fiume Sendhel, nel distretto di Kendujhar dello stato dell'Orissa, a 160 km dalla capitale Bhubaneswar.

Ed aveva una storia triste.

Quando aveva appena 14 anni rifiutò il corteggiamento molesto di un cugino prepotente; lui aveva 28 anni ed era conosciuto da tutti nel villaggio per il carattere violento.

Provò anche a chiederla in sposa a suo padre, ma Soma pianse una notte intera ai piedi di sua madre implorando di non accettare – piuttosto si sarebbe tolta la vita la notte stessa. 


© Anderlini, Gia
© Anderlini, Gia

Una mattina, mentre Soma andava verso il fiume reggendo la kalash, l'otre in coccio per prendere l'acqua, suo cugino saltò fuori dall'erba alta, le chiuse la bocca con la mano trascinandola nella fitta vegetazione, la scaraventò a terra e in un attimo fu sopra di lei.

La povera ragazza provò a divincolarsi ed urlare ma lui la schiaffeggiò con forza, le alzò la lunga gonna del sari, le strappò le mutandine e la penetrò con violenza. Abusò di lei per oltre venti minuti, mentre Soma non faceva altro che piangere.

Raggiunto il piacere, non soddisfatto di quell'umiliazione le promise da quel giorno che nessun altro uomo l'avrebbe mai desiderata o chiesta come sposa; poi estrasse da una tasca una piccola boccetta con un liquido trasparente e lo lanciò sul suo volto.

Soma non ebbe il tempo di pensare che un dolore lancinante le bruciò la pelle del viso. Fu così intenso e terribile che non avvertiva neanche più il dolore tra le gambe, mentre il sangue imbruniva la terra brulla.

Le urla colme di terrore e sofferenza provocate dall'acido fecero accorrere alcuni contadini i quali si trovarono davanti una scena che non poterono più dimenticare.

 

© Ugo Panella
© Ugo Panella


Soma fu portata in ospedale. Vi rimase per mesi.

Quando poté tornare a casa, nel piccolo villaggio, i bambini e le donne uscirono in strada per vedere il suo volto devastato dall'acido. La madre, Parvati, le coprì il volto con il velo del suo sari, implorando pietà tra le lacrime a quelle donne che osservavano sua figlia con ribrezzo e compassione.

Soma, come il significato del suo nome che è proprio della Luna, non uscì dalla sua stanza per anni: come la luna, si celava nella notte della sua piccola stanza di pietra e fango.

Pregava e leggeva. Scriveva poesie e non mangiava quasi nulla. Anche i suoi fratelli provavano vergogna a vederla.

Suo padre, un contadino che non sapeva né leggere né scrivere ma era molto devoto, piangeva e interrogava le divinità sul perché di quel destino nefasto caduto sulla sua famiglia, non bastasse avere avuto una figlia femmina, anche deturpata in viso. Nessuna dote sarebbe stata sufficiente per farla chiedere in sposa.

 

© Raghu Rai
© Raghu Rai



Trascorsero molte stagioni e Soma era ormai una giovane donna; con il tempo iniziò ad uscire, sempre con il velo a coprire il suo volto.

Sua madre si sedeva spesso con lei, mentre nel khal batta* macinava chutney* e masala, nel retro della casa dove suo marito aveva piantato degli alberelli.

Ormai anche gli abitanti del villaggio si erano dimenticati di quella triste storia del passato, anche se il tempo aiuta a curare meglio le ferite della memoria che non quella della pelle – la loro curiosità morbosa aveva ceduto il posto all'indifferenza.

A volte, Parvati le sedeva accanto e l'abbracciava accarezzandole il braccio dalla pelle scura.

“Figlia mia, sai perché i figli sono chiamati putra?”

Soma, che non guardava mai nessuno negli occhi, fece cenno di no con il capo.

Allora la madre le prese il volto tra le mani e lo rivolse verso di lei. La ragazza cercò di distoglierlo ma le madre le bloccò il viso con mani ferme, e con la voce dolce come lo sguardo le disse:

“Perché un figlio tira, tra, i genitori fuori dall'inferno, pu”.

Poi le accarezzò la gota consumata dall'acido: “Tu sei la nostra salvezza, non dimenticarlo mai...”, continuò asciugando con la punta del dito calloso una lacrima che scendeva lentamente.

 

© Ugo Panella
© Ugo Panella

Soma aveva grandi occhi scuri, labbra carnose e i capelli lunghi e lucenti come l'oceano di notte.

Con gli anni, reclusa nella sua piccola stanza, aveva sviluppato un talento enorme per la poesia e nulla le dava più piacere di leggere e imparare a memoria le poesie classiche.

Quando era fuori dalla casa, trascorreva le ore ad osservare crescere i due piccoli alberi piantati dal padre, mentre leggeva e recitava poesie.

La sofferenza le aveva donato un'intelligenza fuori dal comune che iniziava a raggiungere i villaggi vicini. Tra gli uomini correva voce che nel villaggio di Tarimul ci fosse una giovane donna dal volto sfigurato ma dotata di intelletto e capacità poetica sopraffina.

Parvati, spesso, rimaneva alla finestra osservando sua figlia di spalle, cercando di decifrare quale destino avrebbe incontrato quella figlia sfortunata.

 

© Raghu Rai
© Raghu Rai
 

Suo padre aveva da tempo accettato il volere che gli dèi avevano scelto per sua figlia. Terminato il lavoro nei campi e il tempo nell'aia con la figlia andava a piedi fino al vicino Tempio dedicato ad Hanuman, il dio dal volto di scimmia, figlio di Pavana e Anjana, e ad esso offriva la sue preghiere affinché guarisse Soma dagli influssi maligni.

Lo stesso faceva sua madre ogni mattino dopo la doccia e la sera al tramonto, prima delle sette di sera nel mese di Sravana*. Preparava la dipa, la lampada ad olio con gli stoppini con il burro o la canfora, gli incensi, la frutta sul patra, il piatto per le offerte, e dopo il lavaggio dei piedi, della bocca e delle mani, si inginocchiava davanti al suo bigraha* con la murti, l'immagine sacra di Laksmi and Jagannath, e recitava la puja, la preghiera, implorando di liberare la figlia dalla influenza degli spiriti maligni che le impedivano di sorridere.

Soma e suo padre parlavano raramente ma a lui faceva piacere ascoltarla recitare poesie mentre dava l'acqua alle radici dei due alberi che crescevano mese dopo mese.

 

© Abbas
© Abbas

Ogni sera al tramonto, un giovane giungeva dal villaggio vicino, camminando per miglia, per spiare dall'angolo della casa quella ragazza con il volto celato dal velo declamare versi a suo padre.

    “E allora, colorata dai raggi del crepuscolo morbido,
    la coppia degli uccelli che ha il nome dell'arma di Hari
    divisa si leva in volo, come cosparsa di sangue
    colato dai cuori aperti per la pena della separazione.”

Recitò con voce calda Soma, allorché il padre si rivolse a lei e le domandò:

“Che versi meravigliosi, jhia*, ma che significano?”

Soma sorrise nella trasparenza del velo giallo.

“Sono i versi del poeta Magha. Egli non fa che descrivere il tramonto, bapa*,” disse indicando con la mano il sole che scompariva oltre la collina dipinta d'arancio.

Anche il giovane guardava come l'anziano verso il tramonto.

“Al crepuscolo si levano in volo una coppia di oche rosse, sono un maschio ed una femmina e si stanno sperando. Il poeta chiama le oche con il nome dell'arma del dio Visnu, e la maledizione di Rama vuole che ogni notte la coppia di innamorati debba separarsi per ritrovarsi al mattino: il loro cuore ferito si tinge del sangue del colore del tramonto.”

Il giovane uomo, timoroso di essere visto, andò via ancora stordito dalla bellezza di quei versi che non aveva mai ascoltato.


© Luigi Primoli
© Luigi Primoli

Soma pregava e leggeva con avidità quei pochi libri che uno zio le aveva portato dalla città.

Nella sua stanza non v'erano specchi.

Solamente il letto, un tavolo in legno e il suo bigraha con gli strumenti per la puja.

Il giorno seguente, alla stessa ora prima del calar del sole, quel ragazzo con i piedi sporchi di terra per la lunga camminata era ancora là, nascosto nell'angolo della casa ad ascoltare la voce di Soma deliziare il padre, piegato a versare acqua con amore alle radici degli alberi.

    “Il suono della vina, l'emozione della poesia,
    il gusto della musica, i giochi dell'amore...:
    chi non vi sprofonda, affoga; giunge invece
    all'altra riva chi vi sprofonda, interamente.”

 

L'anziano padre, ancora una volta, interrogò la figlia sul significato di quei versi.

“Bapa, questi sono versi meravigliosi di Bihari Lal: solamente chi sa immergersi interamente nella melodia di una poesia è come gli innamorati, capace di sottrarsi alle sofferenze della vita e godere della felicità più alta.”

Mentre il ragazzo ascoltava estasiato, Parvati fece il giro della casa e giunta alle spalle dello sconosciuto lo colpì con un bastone.

“Che fai qui come un ladro? Vai via!”

Gli urlò, facendolo correre come una lepre tra le vie del villaggio.

Soma, spaventata, si coprì completamente il volto e si rifugiò nella sua stanza, con il cuore che fece sobbalzare il petto.

La sera, frattanto che eseguiva l'arati*, pianse fino a cadere in un sonno senza appetito né sogni.

 

© Raghu Rai
© Raghu Rai
 

CONTINUA...




*Mortaio in pietra.
*Condimento piccante a base di frutta o verdura con aceto, spezie e zucchero, tipico dell'India.
*Il mese che va da luglio ad agosto.
*Il piccolo altare per pregare presente in ogni abitazione.
*Jhia è l'appellativo usato dai genitori per la figlia.
*Bapa, è come viene chiamato il padre in Orissa, e Maa la madre.
*Arati è la venerazione di un'immagine compiuta muovendo in modo circolare lampade di canfora o di olio acceso poste su di un piatto di fronte l'immagine.


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