“Adoriamo e amiamo la vecchiaia;
perché è ricca di piacere se si sa come farne uso.
I frutti sono i benvenuti quando sono quasi maturi.”
(Seneca)
Pasar Ramadhan. Penang. Malaysia, Maggio 2019 |
Ad essere onesti a me proprio non piace portare in giro mio nonno.
È una noia terribile. Mia mamma mi prega sempre.
“Dai, porta nonno al mercato, gli piace tanto!”
“Su! Porta nonno al fiume, portalo in moschea!”
Portalo di là e di qua.
Io spero sempre che i miei amichetti non ci incontrano.
Mi prendono sempre in giro, io che devo tirare nonno con la mano per
farlo camminare. Neanche fosse un asino!
Poi, il più delle volte, non so neanche se mi capisce quando parlo.
Io l'ho detto a mia mamma, ho paura ad uscire con lui.
Devo stare sempre attento sennò me lo perdo nella folla del marcato, o
lo mette sotto una macchina per strada.
Per non dire tutte le volte che è inciampato ed è caduto!
Vai a farlo rialzare! Io ho solo 10 anni, mica sono Superman!
Niente... Mia madre insiste sempre.
Ogni tanto lei mi racconta di quando era una bambina, quando viveva
ancora a Kota Bharu, in un piccolo villaggio.
Non erano tempi facili, erano tanti fratelli e sorelle e i soldi non
bastavano mai. Non era facile andare a scuola, e l'università era un sogno,
quasi sempre solo per i maschi.
“Però mio padre sapeva quanto io ci tenessi a studiare: volevo
diventare una dottoressa, forse perché tua nonna era diabetica da giovane, e in
cuor mio avrei voluta curarla meglio. Invece la malattia la uccise giovane e
tuo nonno rimase da solo con tutti noi.”
Mi racconta mamma mentre sfiletta il pesce in cucina.
“Come hai fatto, allora, a diventare una dottoressa all'ospedale?”
Le chiedo mentre ogni tanto butto uno sguardo al nonno seduto in sala a
vedere la televisione.
Lei si volta, con la fronte sudata e i capelli mezzi bianchi e neri
appiccicati sulle guance, e sorride. “Grazie a nonno!”
Ogni volta che vedo mia mamma sorridere così mi viene da ridere, perché
le manca un dente proprio davanti. Però poi lei si offende e mi tira le cose in
testa.
Mi ha raccontato un migliaio di volte questa storia, ma io la lascio
raccontare, lo so che è felice così. Io intanto penso ai compiti che devo fare
dopo.
Nonno all'epoca lavorava nei campi. Però aveva anche la passione
dell'elettronica, gli piaceva ripappare le cose, forse perché non era riuscito
a riparare la nonna.
Quando la mamma terminò la scuola iniziò ad essere triste, perché
sapeva che avrebbe dovuto sposarsi e rinunciare ai suoi sogni, mentre i
fratelli potevano scegliere tra sposarsi o andare all'università.
Ogni sera piangeva sul cuscino.
Poi una sera nonno entrò nella sua stanza, si sedette al bordo del
letto e tirò fuori una busta.
Mia mamma la aprì e dentro c'era un mucchio di banconote.
Lei guardò nonno con gli occhi rossi, senza capire.
Si, si, lo so... ormai lo so a memoria!
“...allora tuo nonno mi accarezzò i capelli, e mi disse che non c'era
per lui gioia più grande di vedere sua figlia inseguire i suoi sogni. Lui non
aveva potuto andare a scuola, erano altri tempi, si lavorava e ci si sposava
giovani. Lui era convinto che la sua ignoranza aveva ucciso la mamma. Ogni
volta che pregava chiedeva perdono per questo. Anche se lui non aveva nessuna
colpa, se non avere amato la mamma alla follia.
Lui mi disse che ogni volta che aggiustava una radio, una televisione o
una lavatrice, per anni, metteva dei soldi da parte.
Sarebbero stati per la mia università. Per riparare le mamme e le mogli
di altri nonni come lui.”
Ecco, a questo punto non c'è una volta che la mamma smette di parlare,
si volta e continua a cucinare. Io lo so che piange. Allora mi alzo e vado via.
Di solito mi piace sedermi sul pavimento ai piedi del nonno. Guardare
la televisione insieme, almeno non devo trascinarlo in giro.
Anzi, quasi mi piace.
Lui ogni tanto mi fa pat sulla testa.
“Tu che sogni hai, Fiqr?”
Mi chiede. “Ma che ne so? Sono piccolo. Mi piacerebbe fare il
calciatore.”
Lui sorride sempre, con gli occhietti piccoli, e mi fa pat sui capelli.
Ad essere sinceri lui mi fa tenerezza. Sembra con il cervello più
piccolo di me. Hihihi...
“Non c'è cosa più importante dei sogni”.
Mi dice. Allora io mi volto e lo guardo dal basso, con il suo sarong
marrone e verde ormai consumato, e gli occhiali sottili.
“Nonno, un mio amichetto a scuola ha la playstation che non funziona
bene. Tu riusciresti a ripararla?”
Nonno si toglie gli occhiali, fa un sorriso grande, “ma certo! Che
piacere!”
Mi dice mentre pulisce gli occhiali con il sarong.
“Non sempre si possono riparare le cose, però noi dobbiamo provarci. Soprattutto
le cose che amiamo di più. Se poi noi non siamo in grado, allora dobbiamo fare
in modo che ci siano altre persone che possono riparare al posto nostro.”
Lui mi dice con la voce roca.
“Questi sono i sogni di cui parlavi, Opah?”
Lui annuisce con la testa, si mette gli occhiali e sospira.
Gli anziani non capisci mai quando piangono, perché hanno sempre gli
occhi umidi.
Allora penso alla mamma, la vedo in cucina che cucina e canticchia.
E mi sembra di volere un po' più bene al nonno.
Anzi, domani lo porto a pescare al fiume!
E chi se ne importa se i miei amici mi prendono in giro, poi voglio
vedere quando mi verranno a cercare per farsi riparare le cose! Ishh....
Si, si, domani si va al fiume, così anche mia mamma è felice.
Un racconto che tocca un tasto molto profondo: i nonni, il nostro passato. E quando i nonni sono saggi e rivoluzionari nello stesso tempo, allora si progetta meglio il futuro.
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