Il Palazzo dell'Amore – Prima Parte

 

Makcik. Kampung Alor Ganu, Anak Bukit, Alor Setar. Kedah, Dicembre 2017


Mak* Saodah si svegliò alle 5.30, come ogni mattina, guardò il letto vuoto e si alzò per andare in bagno. Indossò il kain* batik marrone e rosso con la blusa lunga celeste a fiori blu e i capelli corti, più bianchi che neri, legati dietro il collo.

Prima di pregare andò in cucina a preparare la colazione. Le foglie di ulam* le aveva già tagliate la sera prima; le sciacquò e preparò la daun pegaga che era la colazione preferita di suo marito, Pak Mohammed.

Aggiunse la sambal, la salsa piccante e del riso bianco.

Appoggiò il piatto pieno sul tavolo in legno scuro e camminò lentamente verso la loro stanza.

Dalle finestre laterali della grande casa in legno entravano le prime luci dell'aurora e il canto degli uccelli dalla vegetazione che circondava l'abitazione.

 


Fece l'abluzione nel catino in ferro battuto sul pavimento bianco del piccolo bagno e tornò in camera. Prese il telekung* bianco e consumato, lo indossò per la preghiera. Vicino al muro giaceva il tappetino piegato in due, lo stese con i suoi colori verde e oro e la Mecca nella parte alta.

Dopo aver pregato sistemò il tappetto e il telekung nello stesso posto, dove lo teneva da decenni.

Tornò in cucina che i primi raggi di sole e il verso delle galline le davano il buongiorno.

Si sedette sulla sedia in legno e mangiò un poco della colazione di vegetali con la mano destra.

Poi ne prese una bella porzione e la mise in un piatto bianco. La lasciò sul tavolo con diverse salse e una coppetta di alici essiccate, coprendo il tutto con una cesta in rete in plastica dura per le mosche.

Mak camminò verso la porta mentre indossava un hijab dal colore indefinito, tra crema e giallo, logorato dal tempo.

 


Uscì nel cortile e guardò subito verso suo marito che sedeva sulla sua panca ricavata da canne di bamboo.

Con il suo sarong verde, la camicia bianca come la kopiah, il copricapo usato dagli uomini mussulmani, Pak fumava la sua sigaretta sottile in legno, rokok daun.

Lei gli fece un sorriso mentre cammina davanti.

“La colazione è sul tavolo, vado dalle galline.”

Disse Mak con la voce roca un poco stridula.

I piedi rugosi dalla pelle dura ondeggiavano nei sandali di un numero più grande.

Appena voltò l'angolo della casa tre galline le andarono incontro.

Lei prese dei semi da una sacca in iuta e iniziò a lanciarli per terra.


Il sole era ormai a livello della chioma degli alberi.

Mak faceva il verso delle galline mentre, piegata un poco in avanti, con la mano sinistra si reggeva il fianco.

Si raddrizzò con una smorfia di sofferenza mentre si accarezzava i fianchi dietro la schiena.

Guardò la casa e da lontano il marito seduto a fumare.

Aveva più di ottant'anni quella vecchia casa. Era appartenuta alla famiglia del marito e loro si erano trasferiti a viverci dopo il matrimonio.

Lei era ancora una ragazza, si erano sposati che aveva appena sedici anni, tra loro correvano sei anni di differenza, ma aveva subito amato quell'uomo scelto da suo padre.

Anche lui l'aveva sempre amata. Certo, ormai la passione era un lontano ricordo, ma avevano avuto sette figli: quattro femmine e tre maschi.

Ormai erano tutti sposati, c'è chi viveva ancora là a kedah, chi nello stesso kampung Alor Ganu, ad Alor Setar, chi in altri kampung, mentre una figlia viveva a Perlis. L'unica più distante era sua figlia Maslina che lavorava a Kuala Lumpur.

Era una nonna felice.

Saya punya 26 cucu, tau kan!?”* amava ripetere alle sua amiche al mercato.


Andò a sedersi su una sedia in plastica verde alla sinistra del marito che fumava, sotto il tronco largo di un albero.

Guardava la bandiera malese appesa sopra la finestra e ripensò al suo matrimonio.

Si erano sposati nella moschea di Alor Madi, unica concessione ad un matrimonio semplice, con poca gente e la festa di kenduri* a casa della famiglia di lui.

Mak osservava il volto rugoso di pak, gli occhi piccoli incassati sotto le sopracciglia folte dietro gli occhiali dalla montatura rossa, e le guance punteggiate da un filo di barba incolta bianca.

Socchiudeva gli occhi mentre aspirava intensamente dal legno arrotolato.

Non avevano mai lasciato quel kampung, solo una volta lui l'aveva portata a fare un viaggio di due giorni alla Cameron Highlands.

Era stata felice? Per mak Saodah la felicità era quella vita, le sue abitudini e aver creato una famiglia numerosa. I figli venivano con le loro famiglie per le feste di Eid e lei era commossa nel vedere tutti quei bambini piccoli giocare nel piazzale davanti casa con le biciclette, e poi la fotografia tutti insieme con il vestito di Raya dello stesso colore. Cucinava per tutti due giorni prima.


Pak Mohammed tossì, e lei lo guardò in modo severo. “Mmm…,” lo rimproverò lei con un verso gutturale. Poi premette le mani sulle cosce e si alzò lentamente.

“Vado al mercato, Abang,* voglio vedere se c'è del buon pesce,” disse mentre andava a prendere la vecchia bicicletta color argento appoggiata al muro di casa.

I raggi delle ruote erano già arrugginiti e la pelle del sellino era bucata con la stoffa che usciva fuori.

“Ci vediamo dopo, e mangia…,” disse Mak.

Lui borbottò annuendo.

Salì in bici, sorridendo.

 


 

Suo marito aveva sempre parlato poco ma era stato un grande lavoratore. Fu lui a ristrutturare la casa quando ormai il legno iniziava a cedere.

Murò con i mattoni la parte bassa della casa, quella che prima era vuota sotto il pavimento rialzato. Erano case antiche, solide, ma il tempo rendeva fragili i piloni in legno. Murò anche il retro e rinforzò le assi del tetto.

Avevano lavorato nei campi, raccogliendo tutto ciò che cresceva nella fitta vegetazione che abbracciava la casa: mangosteen, rambutan, belimbing (frutta Averrhoa bilimbi), mango, una volta c'erano anche alberi di durian.

Finché ebbero le energie andavano a vendere il raccolto al mercato.

Pasar pagi Nat Ahad al mattino e Pasar malam* la sera.

Sempre insieme. Era una vita semplice ma non avevano mai preteso niente di più.

Pensava mak mentre pedalava con la sua bicicletta cigolante al bordo della stradina che costeggiava un piccolo torrente che conduceva al fiume dietro casa.


Il mercato era già affollato. Lei camminava piano reggendo il manubrio della bici alla sua sinistra mentre guardava attentamente il pesce a terra e i banchi di frutta.

Salutava tutti. Ognuno si conosceva da anni, si sapevano le vicende personali e per la maggior parte dei casi avevano partecipato ai matrimoni o alle feste kenduri dei propri figli.

Scelse dei pesci sottili e argentati mentre sorrideva all'uomo che li stava mettendo in una busta di plastica.

“Stasera voglio cucinarli arrosto per abang!”, disse soddisfatta. L'uomo le diede la busta annuendo con il volto serio.

Tra i banchi di frutta incontrò Mak Rokiah, la sua più cara amica.

Assalamualaykum, Mak. Allora ci vediamo come al solito alle 17 al fiume,” disse Mak Saodah, mentre la sua amica di qualche anno più giovane annuiva, “Insha Allah.

Non avevano saltato un giorno nell'ultima decina di anni – l'appuntamento con la pesca era il loro momento per stare da sole e non pensare a niente.

 



 

Tornò a casa.

Pak Mohammed era ancora seduto sul suo trono di bamboo mentre cercava di addrizzare i denti di un rastrello in ferro.

Lei si fermò davanti a lui e gli mostrò la bicicletta.

“Abang, i freni iniziano a non andare più. Gli dai un'occhiata?”

Lui guardò la bici e annuì con un mugugno. Mak appoggiò la bici al muro e nel frattempo che entrava nella porta di casa vide l'anziano uomo andare verso il suo capanno degli attrezzi e uscirne con una pinza e un cacciavite.

Lei sorrise, si sfilò l'hijab e i sandali davanti l'uscio della porta ed entrò in casa con la busta del pesce e della frutta.

Si accorse che il piatto era ancora pieno sul tavolo ed ebbe uno sbuffo di contrarietà.

Già dopo il matrimonio dell'ultimo figlio, pak aveva iniziato a soffrire di glicemia alta ma era un testardo e non voleva assolutamente andare dal medico o in ospedale. Anche i figli avevano provato a convincerlo, ma lui niente.

“Meglio andare a pregare!” diceva con il suo tappeto di preghiera marrone sotto il braccio e la kopiah piantata bene in testa, mentre camminava dondolante verso il surau* ad un centinaio di metri da casa.

Mak si legò per bene i capelli e iniziò a pulire il pesce sul tavolo in legno, con il gatto bianco e nero che si allisciava sulle sue gambe.

Accese la radio che era vicino al tavolo e iniziò a canticchiare un vecchio successo di Uji Rashid.


CONTINUA...



 



*Makcik, Pakcik, sono gli appellativi usati davanti al nome per chiamare gli anziani in Malesia.
*Kain, è il tessuto di vari disegni usato dalle donne malesi stretto in vita per coprire le gambe.
*Ulam, è la tradizionale insalata fatta con erbe selvatiche, ortaggi o frutta che può essere mangiata a crudo o cotta in acqua calda.
*La daun pegaga, Centella asiatica, è mangiata con alici, gamberetti salati e salsa piccante, tipica di Malacca ed un classico piatto vegetale dei villaggi.
*Telekung è l'indumento composto da una parte superiore e una lunga gonna che lascia solamente il volto e le mani scoperte, usato dalle donne musulmane per pregare.
*”Io ho 26 nipoti, lo sai?!”
*Kenduri è il ricevimento di nozze con cibo e bevande che dura anche mezza giornata per celebrare un matrimonio, nei villaggi sostituisce i pranzi nei ristoranti usati più in città o nelle classi alte.
*Abang è il modo con cui le mogli chiamano il marito.
*Pasar significa mercato e pagi mattina, malam sera: sono mercati aperti ogni giorno che si smontano alla fine della vendita, uno solo al mattino e uno solo la sera. Poi ci sono quelli grandi la domenica che durano tutto il giorno.
*Surau è una moschea più piccola, di solito usata dagli abitanti di un singolo kampung.

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