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Penang, Malaysia. October 2019

 Vorrei tornare a sedere davanti all'isola a Queensbay, di pomeriggio, guardano i corvi che zampettano sulla terra e le coppiette di giovani che si baciano sotto gli alberi lontani dagli sguardi della macchine che corrono alle mie spalle.

Guardando a sinistra pensando quando finiranno i lavori della nuova piattaforma, e seguendo i percorsi degli aerei sulla testa che partono e arrivano al vicino aeroporto.

 

Vorrei prendere ancora una volta il bus verde davanti all'università, girando per quasi un'ora con il naso attaccato al vetro della finestra, per poi scendere vicino la moschea e andare al mio negozio di CD a Little India, scegliendo i CD con la musica che pompa potente dagli altoparlanti su tuto l'incrocio della strada.

 

Vorrei dormire ancora una notte nella stanza piccola dell'hotel a Kota Bharu,  nei palazzi davanti l'entrata principale del grande ospedale.

Guardando in televisione, fino a notte fonda, gli incontri di Thai Boxing sdraiato sul letto.

Comprando la bottiglietta d'acqua la sera nella libreria davanti e prendendo il caffè, la mattina, nel bar alla sinistra.

 

Vorrei tornare a ballare, solo una volta, per la Dago Street a Bandung, la domenica senza macchina. Tutti insieme, sulla musica ipnotica sundanese, per dire all'uomo dalle dita piene di anelli in pietra colorata, davanti a me, che anche io ho la “magia”.

Bandung, Indonesia. July 2016

 

Vorrei, per una sola notte, fare il DJ di musica techno, fino all'alba, vedendo danzare davanti a me centinaia di persone con le braccia alzate, con i piedi che vibrano ritmicamente al suono della cassa in 4\4 sul pavimento.

 

Vorrei potere fare un concerto per pianoforte, in una grande sala da concerto, con pantaloni neri, scarpe di ginnastica e girocollo nero, per due ore. Con le dita che corrono velocissime sui tasti che sembrano neanche toccarli. E alla fine, vedere tutto il pubblico che salta in piedi e applaude fragorosamente, salutando l'ultimo concerto della mia lunga carriera.

 

Vorrei vedere la collezione dei miei libri fotografici in una grande libreria, sfiorandoli senza che gli altri sappiano che sono io l'autore, e magari vedere la ragazza dai grandi occhiali con la montatura turchese sfogliarne uno, accarezzando con la punta della dita una della fotografie, inconsapevole che la sto guardando. E sorrido.

 

Vorrei, solo una volta, planare con il deltaplano, tra i monti altissimi, sopra laghi che specchiano le nubi, con il vento che colpisce forte il mio viso.

Volare per due ore, attraversando vallate, monti, fiumi; come quei simulatori di volo in cui vedi il cielo venire velocemente contro di te e tutto il mondo è sotto le nostre ali.

 

Vorrei poter bere ancora così tanto da sentire le voci degli amici e le loro risate allontanarsi piano, dentro la testa, come suoni nell'ovatta, mentre lo stomaco brucia dolcemente, e hai lo zucchero in bocca mentre le tempie pulsano caldissime.

L'attimo precisamente prima che arrivi la nausea.

Quando sei tu da solo, con la testa che gira e il sorriso sulle labbra; perché così non senti più le urla di dolore dentro la testa e le ferite al cuore.

Tutto è ormai ovattato e lontano.

 

Vorrei chiudere gli occhi ondeggiando sulla vecchia sedia a dondolo in legno che aveva a casa mia nonna, nella sua stanza da letto.

Mi ci rifugiavo da piccolo, mentre i miei genitori erano tutti insieme in sala da pranzo, e rimanevo così, avanti e indietro, ascoltando i rintocchi del grande orologio a pendolo all'ingresso. Tic toc, tic toc, tic toc...

Con il rumore delle ali in legno della sedia che gracchiavano dolci sul pavimento.

 

Vorrei sapere, per una sola volta, così si prova a correre velocissimo, testa bassa, con i piedi che sembrano quasi non toccare terra. Con il fiato che pompa potente in gola.

 

Vorrei tornare ancora una volta a disegnare, con la matita B, nera e grezza, sul foglio spesso 120 grammi grande 30 X 40, ruvido; per poi sfumare le ombre con la punta dell'indice che diventa completamente nera.

Che piacere era controllare le grana della grafite con il tocco pesante o leggero della mano per dare spessore alle linee...

 

Vorrei parlare davanti ad una classe di giovani studenti sulla bellezza delle etimologie, facendo battute stupide per fare scoppiare tutti quanti in risate fragorose e poi ascoltare le loro domande con le guance rosse di passione e impeto per le due ore di lezione senza pausa.

 

Vorrei tornare indietro nel tempo, per incontrare il me goffo a undici, dodici anni, grasso e timido, per dirgli di non essere triste se ero considerato solo il buffone della classe, o l'amico che ascoltava ogni pena d'amore mentre io rimanevo innamorato in segreto e mai corrisposto.

Vorrei farlo sedere al mio fianco, sui gradini del cortile della scuola, e dirgli chi sarebbe diventato, e quanto amore avremmo poi trovato negli anni futuri, così tanto da essere dipendenti e imparare a governare il cuore nella sua insaziabile sete.

Vorrei dirgli che nessuna donna avrebbe creduto a lui come era adesso, impacciato e timido, con quegli occhiali grossi come coccia di tartaruga.

 

Vorrei per una volta almeno attraversare i villaggi dell'India rurale fotografando le donne dalla pelle bruciata dal sole che si coprono metà volto con l'ulna colorata di giallo e arancione.

Entrare in un tempio con l'odore di incenso che brucia il naso e attraversare i grandi fiumi su una barca di legno, con il suono del remo di legno che colpisce l'acqua.

 

Vorrei tornare, un ultima volta, davanti alle due donne che, in passato,  più hanno ferito il mio cuore, riempiendolo di rabbia, odio e dolore, per guardarle in silenzio, con occhi gelidi, e dire loro che io non dimentico mai, mai, nell'odio e nell'amore. Che non chiedo nessun perdono e neanche lo concedo.

 

Vorrei tornare ancora una volta—che follia!alla notte prima dell'operazione che mi ha rimosso il tumore e parte della mia vita normale, ascoltando ancora una volta per due volte di seguito le canzoni di Elisa, senza poter dormire, per assaporare quella sensazione inenarrabile di puro terrore e consapevolezza estrema di ogni minuto, suono, colore, luce, respiro.

 

Vorrei per una sola volta stringere a me mio figlio di pochi mesi, con ancora l'odore di latte sulla pelle morbida, con le braccine avvinghiate al mio collo, paffutelle, e la testa poggiata tra il mio mento e il petto.

Con il cuoricino che batte forte sul mio petto.

Questo era forse il mio desiderio più grande, che avrebbe cambiato tutta la mia vita, rendendomi migliore di ciò che sono oggi.

Ma la vita non si fa con i “se” e i “vorrei”.

 

A questo servono le liste dei desideri.

 

Rome, Italy. May 2017

 






 

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