Una piccola Scuola di Arte a Torpignattara


Gli studenti della “Rong – Art & Craft School”. Torpignattara, Roma.


“Ci sono pittori che trasformano il sole in una macchia gialla, ma ce ne sono altri che con l'aiuto della loro arte e della loro intelligenza trasformano una macchia gialla in sole”
(Pablo Picasso)

Ormai nelle uscite fotografiche o durante i Workshop a Torpignattara, la visita alla “Rong – Art & Craft School”, in Via Benedetto Bordoni 50, è una meta fissa.

È una scuola che ha aperto da poco, il 30 luglio di questo anno, dopo l'arrivo a Roma dell'insegnante M. Shafik, un artista piuttosto celebre in Bangladesh, il cui direttore è un mio carissimo amico, quasi come un fratello minore, Dipu Avi Saha.

Ad ora hanno una quindicina di bambini, i quali ogni sabato mattina, per qualche ora, trascorrono il loro tempo disegnando a mano, modellando oggetti e figurine con la carta, copiando oggetti dal vero per colorarli con matite o colori a cera.

La cosa che mi fa più piacere è che, ogni volta, i fotografi che entrano in questa scuola ne rimangono entusiasti. Si salgono le scale verso l'uscita sempre con un sorriso naturale sul viso, come dopo un'ora di un massaggio rilassante tra candele ed incensi.





Momenti della scuola 


Con il Direttore Dipu e i fotografi del mio ultimo Workshop su Torpignattara. Novembre 2022



Non stiamo certo parlando dell'Accademia delle Belle Arti, ma proprio nel suo essere una piccola scuola che il suo fascino viene amplificato.

Perché vedere piccoli bambini bangladesi – il più piccolo ha 5 anni fino al più grande di 14 – sporcarsi le mani con matite e colori su grandi album, nel 2022, l'era digitale, è una gioia che illumina il profondo del cuore.

Poi è noto, per chi mi segue su questo blog, quanto io sia legato al disegno.

È stata la prima forma di arte che ho utilizzato per lasciare uscire rose e spine, sorrisi e demoni.

Posso affermare con assoluta certezza che sono un “visivo”, e anche quando scrivo uso le parole per vedere e far vedere. Ovviamente la fotografia non è che l'ultima forma che ha assunto questo processo fluido che è la mia vita.

 


Alcuni miei disegni dell'adolescenza.


Mi ci ha fatto riflettere una notizia che ho letto da poco.

È stato realizzato, in modo digitale, un prototipo dell'uomo come sarà tra 100 anni, nel 3000. E’ stata una ricerca commissionata da Toll Free Forwarding: i ricercatori di un'azienda americana hanno ‘creato’ questo essere che hanno poi chiamato Mindy, una donna le cui caratteristiche fisiche saranno condizionate pesantemente dall’eccessivo uso di apparecchiature elettroniche come smartphone, tablet e pc: ovvero, ingobbiti, testa piccola con il collo largo per sostenere il capo rivolto in avanti per osservare gli schermi, le ossa del cranio più spesse per proteggere dalle radiazioni degli apparecchi usati e la mano destra irrigidita a forma d'artiglio per il continuo uso dello smartphone.

Niente di confortante.

L'idea che il nostro corpo sia deformato dalla dipendenza compulsiva agli apparecchi elettronici è assai deprimente.

Mindy, l'ominide del futuro


Anche se mi tornano in mente le parole poetiche di Yusof Gajah, uno dei più celebri illustratori malesi, famoso per i suoi elefanti, scomparso purtroppo  nel marzo di questo anno. Io lo conobbi diversi anni fa proprio alla Fiera del Libro per Bambini a Bologna e poi andai nella sua casa studio a Kuala Lumpur, nel dicembre del 2017. Parlando del futuro dell'illustrazione gli chiesi se pensava che in un domani non troppo lontano i libri per bambini sarebbero stati tutti su piattaforma digitale, così come il disegno e la pittura. Lui mi rispose che, a suo parere, i bambini preferiranno sempre i libri stampati, il contatto con la pagina e i colori vivi.

Bisogna veramente sforzarsi di credere in questo sogno ma una parte di me vuole pensare allo stesso modo.

Con quella mano ad artiglio l'uomo del futuro non riuscirà neanche più a tenere in mano una matita.

 

Yusof Gajah. Kuala Lumpur, Dicembre 2017



È un futuro che provoca immensa tristezza.

Questo penso sia la ragione dei sorrisi inconsapevoli che sbocciano sui volti di chi osserva i bambini della scuola d'Arte “Rong”, che poi vuol dire proprio colore in lingua bangla.

Se le scuola di lingua o di musica e danza tradizionale servono a mantenere l'identità di una nazione, soprattutto per i popoli in diaspora, una scuola come questa, di disegno e arte, ha forse una funzione ancora più alta, quella di salvare – in tutti i suoi significati – la creatività e la fantasia, affinché le nostre anime non siano gelide superfici di pixel e silicio.

 

Dimenticavo: le iscrizioni alla scuola sono sempre aperte.

 

 

Ringrazio per le foto della scuola Dipu Avi Saha.

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