Tre donne eccezionali dell'India (più una) – Prima Parte


“C'è una sola ambizione nella mia vita.
Ovvero rimanere totalmente immersi nella musica e raggiungere quel punto in cui, attraverso la mia musica, posso sentirmi tutt'uno con il divino”


Sharan Rani


Io credo molto nelle combinazioni del caso, soprattutto quando gli si va incontro rendendolo una non coincidenza. È come aprire una porta casualmente e capire che la porta successiva è in qualche modo connessa, continuando a percorrere il corridoio fino ad arrivare dove si doveva arrivare.

Così si scoprono cose che altrimenti sarebbero rimaste per sempre ignote.

Parlo di libri, fotografi, storie, amori o amicizie.

 

Così è come sono arrivato a scrivere questo lungo articolo e a raccontarvi la vita di tre incredibili donne indiane.

Quasi come accadde per un recente articolo sul proto-femminismo in Indonesia, che ha molto in comune con la tematica che qui tratterò.

Tutto ha avuto inizio da un cd musicale. La prima porta. Il caso.

Nella ricerca di musica tradizionale indiana mi è capitato di vedere un cd con le registrazioni di tre famosi raga indiani, ovvero delle melodie su cui i musicisti  improvvisano. Ho acquistato questo cd ma prima mi sono andato a cercare chi fosse questa Sharan Rani e cosa fosse il suo strumento, il sarod.

Ho scoperto, in tutta la mia ignoranza, che stiamo parlando di una vera e propria leggenda.

La sua biografia è incredibile, così come la maestria con cui suona questo antico strumento, che molti fanno risalire a circa duemila anni fa, nell'antica India dell'età dei re Gupta. Infatti, una moneta del periodo Gupta raffigura il grande re Samudragupta che suona una veena, che molti ritengono essere il precursore del sarod, lo strumento sacro suonato dalla Dea Saraswati.



Sharan Rani nacque nell'aprile del 1929 a Old Delhi da una famigli indù conservatrice e di educatori. Fin dall'infanzia fu invaghta della musica e della danza, studiando anche danza classica Kathak.

Ma fu l'incontro con il sarod che le cambiò la vita, facendola ricordare come una donna di incredibile perseveranza, coraggio e devozione alla musica.

Perchè la sua era una famiglia di non musicisti e a quell'epoca si poteva diventare musicisti solamente se si proveniva da una famiglia gharanas, dove la professione musicale era ereditaria, inoltre nella musica Hindustani – la musica classica del nord dell'India, conosciuta anche come shastriya sangeet, che si differenzia da quella del Sud chiamata carnatic – le donne potevano solamente cantare o danzare come era tipico delle baiji,  o tawaif, ovvero le cortigiane dell'epoca Moghul, giovanissime ragazze rapite dai villaggi a cui veniva insegnato la danza classica Kathak o la musica Hindustani, quanto la letteratura ghazali, per deliziare i nobili delle corti. Insomma non proprio una professione appropriata per una famiglia dignitosa come quella di Sharan.

Ma quando suo fratello più grande Brij Narayan, collezionista di strumenti antichi, portò a casa il sarod, di cui neanche lui sapeva l'uso, la sua vita cambiò per sempre. Non aveva ancora neanche dieci anni.

Se per la danza, solamente la madre supportò i suoi studi, all'età di sette anni, mentre l'intera famiglia la minacciò addirittura di spezzarle le gambe se non avesse smesso, per la musica fu ancora più complicato perché quello era un mondo dominato solamente da uomini.

Dopo un lungo periodo in cui quel misterioso strumento rimase a prendere polvere sopra dei libri, un giorno Sharan lo tirò giù e iniziò a pulire le sue corde per l'intera giornata. Come racconta la stessa musicista, non sapeva ancora né come doveva essere suonato né con cosa, si limitò ad accordare le quattro corde principali con una moneta di rame: Sa, Ma, Pa e Shadaj. Suonarono accordate e qual suono entrò direttamente nel suo cuore.

“Ho deciso lì per lì che ero fatta per il sarod e che il sarod era fatto per me.” (Sharan Rani)



A dieci anni si esibì in un concerto suonando davanti al grande maestro Ali Akbar Khan. Lui ne fu così impressionato che si offrì di diventare il suo maestro. Non solo, la diresse verso suo padre, il famosissimo Baba Allauddin Khan, il quale però prima tentò di nuovo di dissuaderla dal suonare questo strumento tipicamente maschile. Suona il sitar, il surbahar, qualsiasi strumento ma non questo che è per uomini!

Ma la piccola Sharan, lo fissò negli occhi e gli rispose: “È come dire 'Ama un uomo ma sposa un altro'. Non posso farlo, Baba! È il sarod che amo, non un altro strumento. Ci ho dedicato il mio cuore, quindi non c'è ragione sul fatto che io sia fedele a un altro”.

Nonostante sapesse bene che quello era uno strumento ed un mondo totalmente maschile non fece un passo indietro.

Ci vuole devozione, determinazione e volontà per compiere dei sacrifici se si vuole prendere la musica seriamente – questo era il suo pensiero.

E quanto fosse vero che il sarod era uno strumento per uomini Sharan lo imparò a sue spese. Non tanto per la sua difficoltà, ma perché per suonare le sue 21 corde la sua cassa armonica va posizionata premuta sullo stomaco. Non può essere suonato in nessun altro modo, perché anche un piccolo spostamento farebbe stonare le corde, e quando rimase incinta la prima volta si ricordò delle parole del vecchio maestro Baba. Ebbe tre aborti spontanei a causa del sarod.

Nonostante questo Sharan Rani fece concerti per sette decadi, diventando “ambasciatrice culturale dell'India”, fino ad essere chiamata “Sarod Rani”.  È stata una delle prime a registrare per l'UNESCO e a pubblicare registrazioni musicali con le principali case discografiche negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Francia.

Nel 1960 sposò il sultano Singh Backliwal che apparteneva a un'importante famiglia d'affari di Delhi, con il quale ebbe una figlia nel 1974, Radhika Narain. Dopo aver combattuto contro il cancro per alcuni anni, morì l'8 aprile 2008, un giorno prima del suo 79esimo compleanno, riuscendo prima a donare circa 450 strumenti dal XV al XIX secolo, della sua collezione di oltre 40 anni al Museo Nazionale di Delhi.

Il celebre attore indiano Thespian Prthivaraj Kapoor disse un giorno di lei:

“Ascoltare i recital di Sharan Rani è come se ‘Ma Saraswati’ (Dea della musica) avesse lasciato la sua veena e avesse preso il sarod in grembo.”

 

“Il sarod è stato il mio migliore amico oltre che il peggior nemico. Mi è stato vicino al cuore, ma allo stesso tempo ho lottato molto per questo. Non potevo comportarmi come una persona normale perché era difficile far fronte alle pressioni della vita”. (Sharan Rani)



Da questa fascinazione fatale per Sharan Rani è nata una piacevole chiaccherata con una mia carissima amica indiana di Calcutta.

Lei ovviamente conosceva bene questa musicista anche se ignorava i particolari della sua biografia.

Ciò che mi ha colpito ancora una volta è la grandezza morale, la forza di questa donna in un contesto quasi totalmente maschile. Con amarezza abbiamo rimarcato la difficoltà di essere donne nei secoli passati dell'India, ma anche nel presente, a volte. Per secoli le donne sono state chiuse nel ruolo di mogli e quando il marito moriva venivano arse vive con il corpo perché ormai non aveva alcun senso per loro vivere, quasi fosse stata una colpa la loro sopravvivenza al marito. Ancora oggi, molto spesso, nei matrimoni è la famiglia della sposa che deve pagare quella del marito per far sposare la figlia.

Per non dire il dramma delle famiglie che vivevano la nascita di una figlia femmina come una sventura. Una mia amica bangladese che lavora nei consultori a Roma mi ha confessato che ancora oggi, a Roma e non in un villaggio sperduto, ci sono famiglie che vanno consolate quando vengono a sapere di aspettare una figlia femmina.

Tutto questo è paradossale quando, nell'induismo, si venerano e pregano per la maggior parte dei casi divinità femminili: da Parvati, che è la moglie di Śiva e madre di Ganesh e Skanda, a Saraswati, la dea della conoscenza, da Radha che è la divina amante di Krishna e Sita che è la moglie virtuosa di Rama a Laksmi che è la divinità della ricchezza, della fertilità a e della bellezza, e Kali la dea della guerra. Per non parlare, infine, di Sakti  che è addirittura l'Energia Cosmica, o Realtà Suprema, la forza creatrice collegata a Śiva o Durga, la grande Dea seduta sul leone che è l'incarnazione dell'energia creativa femminile (Shakti), con entrambi i poteri di creazione e distruzione, che è forse la divinità con il culto più potente e partecipato in India e nell'induismo.

 

È per questo motivo che voglio raccontarvi, per farvele conoscere, la vita di tre donne eccezionali che sono vissute in India in un'epoca che non era per niente facile essere donna – e loro hanno lasciato un segno indelebile nella storia, anche se non sono molto conosciute.



Sarala Devi Chaudhurani

La prima donna di cui vi voglio parlare è Sarala Devi Chaudhurani.

Sarala Ghosal nacque a Jorasanko, a Calcutta, il 9 settembre 1872 da una famiglia bengalese di noti intellettuali. Il padre era un segretario del Congresso mentre sua madre Swarnakumari Devi era la figlia di  Debendanath Tagore, eminente leader brahmo e padre del poeta Rabindranath Tagore. I brahmo bengalesi sono coloro che aderiscono al brahmoismo, la filosofia di Brahmo Samaj fondata da Raja Rammohan Roy.

Sarala è passata allla storia per essere stata un'educatrice e attivista politica, fondatrice della Bharat Stree Mahamandal (All India Women's Organization) ad Allahabad nel 1910, ovvero la prima organizzazione femminile in India che aveva tra i suoi obiettivi primari quello di promuovere l'istruzione femminile.

L'organizzazione aprì diversi uffici a Lahore (allora parte dell'India non partizionata), Allahabad, Delhi, Karachi, Amritsar, Hyderabad, Kanpur, Bankura, Hazaribagh, Midnapur e Calcutta per migliorare la situazione delle donne in tutta l'India.

Nel 1890 conseguì la laurea in letteratura inglese al Bethune College, ricevendo anche la prima medaglia d'oro Padmavati del college per essere stata la migliore candidata femminile durante gli esami.

Dopo aver completato la sua istruzione, Sarala andò a Mysore State e si unì alla Maharani Girls' School come insegnante. Un anno dopo, al suo ritorno a casa iniziò a scrivere per Bharati, un diario bengalese, in cui prendeva forma il suo attivismo politico.

Dal 1895 al 1899 curò Bharati insieme a sua madre e sua sorella, e poi da sola dal 1899 al 1907, con l'obiettivo di propagare il patriottismo ed elevare lo standard letterario del giornale. Nel 1904 aprì il Lakshmi Bhandar (negozio per donne) a Calcutta per rendere popolare l'artigianato nativo prodotto dalle donne.

Infatti Sarala Devi non fu solo attiva nell'educazione femminile ma è stata una delle poche donne del suo tempo a partecipare al movimento indipendentista indiano. Durante l'agitazione contro la partizione ha promulgato il nazionalismo rivoluzionario nel Punjab.



Nel 1905 Sarala Devi sposò Rambhuj Dutt Chaudhary, avvocato, giornalista, leader nazionalista e seguace di Arya Samaj, il movimento di riforma indù fondato da Swami Dayananda Saraswati.

Dopo il suo matrimonio si trasferì in Punjab, dove aiutò suo marito a curare il settimanale nazionalista urdu Hindusthan, successivamente convertito in un periodico inglese. Quando suo marito fu arrestato per il suo coinvolgimento nel movimento di non cooperazione, il Mahatma Gandhi visitò la sua casa a Lahore come ospite, innamorandosi di lei. Gandhi lesse le sue poesie e i suoi scritti e li usò nei suoi discorsi, in Young India e in altri giornali e viaggiarono insieme in tutta l'India.

Dopo la morte del marito nel 1923, Sarala Devi tornò a Calcutta e riprese le responsabilità di editing per Bharati dal 1924 al 1926. Nel 1930 fondò la  scuola femminile Siksha Sadan a Calcutta. Si ritirò dalla vita pubblica nel 1935 e si dedicò alla religione.

Morì il 18 agosto 1945 a Calcutta.

Verrà per sempre ricordata come la fondatrice della Bharat Stree Mahamandal, considerata da molti storici come la prima organizzazione tutta indiana per le donne. Con diverse filiali in tutto il paese, ha promosso l'istruzione e la formazione professionale per le donne senza considerare la classe, la casta e la religione.

 

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