Spiriti e fantasmi in Oriente – Parte Seconda



Nella prima parte abbiamo dato uno sguardo rapido sulle molteplici forme che possono assumere gli spiriti e i fantasmi in Oriente; considerando che ancora moltissimi rimangono fuori dalla lista.

Però vorrei ora soffermarmi in particolare sull'estremo Oriente, poiché quello è stato l'abbrivio della nostra storia.

 

I malesi, come tutti gli altri popolo asiatici, come abbiamo visto, hanno sempre avuto un grande interesse per le storie di fantasmi e spiriti. Va sottolineato che a causa della radice animistica del folklore malese, questi fantasmi sono visti come persone che condividono il piano dell'esistenza con gli umani e non sono sempre considerati malvagi, anche se la sottile co-abitazione dei due piani esistenziali può determinare un conflitto che può sfociare in disturbi come i possessi.

La parola malese per fantasma è hantu, anche se con questa parola si fa riferimento anche a tutti i tipi di demoni, goblin e creature non morte e si pensa che abbiano corpi fisici reali, invece di semplici apparizioni o spettri. Il più famoso di questi è il pontianak o matianak: il fantasma di una bambina nata morta che attira gli uomini sotto forma di una bella donna.



Voglio dedicare la mia attenzione è questo fantasma e ad altri ad esso affini.

Innanzitutto, per essere precisi, Il Kuntilanak (nome indonesiano), è chiamato anche Pontianak (nome malese), ed è una creatura mitologica in Indonesia, Malesia e Singapore. È simile a Langsuir in altre regioni del sud-est asiatico. Il Pontianak di solito assume la forma o di una bambina, come detto sopra, o di una donna incinta che non è in grado di dare alla luce un bambino. In alternativa, è spesso descritto come uno spirito femminile vampiresco e vendicativo.

 

Partiamo proprio dal Langsuir.

Il langsuyar è un revenant femminile in Malesia e in altre mitologie dell'arcipelago malese, e prende il nome dalla parola malese per aquila (helang).

Un langsuyar è un tipo di fantasma-vampiro di una donna morta durante la gravidanza o il parto.

La sua descrizione è simile a quella di altri fantasmi che abbiamo già visto: una bella donna, con lunghi capelli neri fino alle caviglie, a volte sono stati anche descritti come dotati di unghie incredibilmente lunghe e mani che si estendono fino ai piedi. Predano gli umani, preferendo il sangue dei neonati maschi, ma consumano anche le femmine appena nate.



Nel suo libro “Malay Magic”, Walter William Skeat, un antropologo inglese, ha riportato le origini del mito langsuyar, come raccontato dai malesi a Selangor:

“L'originale Langsuir (la cui incarnazione dovrebbe essere una specie di nottambulo) è descritta come una donna di bellezza abbagliante, morta per lo shock di aver sentito che suo figlio era nato morto e aveva preso la forma del Pontianak. Ascoltando questa terribile notizia, “ha battuto le mani” e senza ulteriori avvertimenti “è volata via nitrendo verso un albero, su cui si è appollaiata”. Può essere conosciuta per la sua veste verde, per le sue unghie affusolate di straordinaria lunghezza (un segno di bellezza), e per le lunghe trecce nero corvino che lascia cadere fino alle caviglie – solo, ahimè! (perché bisogna dire la verità) per nascondere il buco dietro il collo attraverso il quale succhia il sangue dei bambini! Queste sue inclinazioni da vampiro possono, tuttavia, essere combattute con successo se vengono adottati i mezzi giusti, perché se sei in grado di prenderla, tagliarle le unghie e le trecce lussureggianti e infilarle nel buco nel collo, lei diverrà docile e indistinguibile da una donna comune, rimanendo tale per anni. Si conoscono casi in cui è diventata moglie e madre, fino a quando le è stato permesso di ballare in una festa del villaggio, allora è tornata subito alla sua forma spettrale ed è volata via nella foresta oscura e tenebrosa da dove era venuta.”

I langsuyar sono anche associati ad un falco notturno o un gufo, che si dice si appollai sul tetto della casa mentre una madre incinta o un bambino vengono attaccati dal vampiro. In alcune tradizioni, i langsuyar assumono del tutto la forma di un uccello notturno, ritenendo che il verso del gufo sia il grido di una donna in cerca del figlio perduto.

La popolazione del kampung può impedire a una donna deceduta di tornare come langsuyar inserendo perline di vetro nella bocca del cadavere, un uovo di gallina sotto le ascelle e aghi nei palmi delle mani: si ritiene che in questo modo la donna deceduta non può diventare un langsuyar poiché non può spalancare la bocca per gridare o agitare le braccia e aprire e chiudere le mani durante il volo.



Pertanto, anche se con alcune somiglianze non sono la stessa cosa del nostro Pontianak.

Il Pontianak deriva da miti e racconti popolari, alcuni dei quali sono particolarmente popolari in Kalimantan (Borneo). Essendo uno dei miti più famosi del folklore indonesiano, ha ispirato il nome di una capitale nella regione del Kalimantan occidentale. La città di Pontianak, si narra, fu terra da sempre infestata di fantasmi, fino a quando Syarif Abdurrahman Alkadrie li cacciò a colpi di cannone; in quella zona nella foresta il sultanato progettò di costruire le fondamenta di una moschea e di un palazzo. Quel primo Sultanato di Pontianak, in carica dal 1771 al 1808, fu perseguitato da queste malvagie creature. Oggi il luogo è ricoperto di alberi e la gente del posto crede ancora che sia infestato dai Pontianak.

L'origine del primo Pontianak risulta essere a Selangor, in Malesia, ed è legato alle tragiche vicende di una bellissima madre di Selangor che partorì il suo bambino per poi vederlo morire un attimo dopo – nel dolore lei spiccò il volo e si perse nella foresta alla ricerca del suo bambino perduto tra gli spiriti che la abitavano. Il termine Pontianak significa, infatti, letteralmente “fantasma che porta un bambino”.

Il Pontianak è spesso raffigurato come una donna dai capelli lunghi vestita di bianco, e rappresenta variazioni locali di un vampiro. Attira uomini ignari per infondere terrore e compiere la sua vendetta. I segni che un Pontianak è vicino sono il pianto di un neonato e l'odore di un cadavere in decomposizione o del fiore di plumaria.

In altre leggende si dice appaia solo durante la luna piena, e che i segni della sua presenza – oltre alle grida dei bambini – siano le risate femminili: se questi suoni sono forti allora è lontana, se sono bassi allora è molto vicina, così vale anche per l'ululato di un cane, più è forte l'ululato più il fantasma è lontano, ma se il cane si lamenta sommessamente lei è già a pochi passi.

La sua rabbia e vendetta nascono dalla sua incapacità di partorire, quando era in vita, il proprio figlio nato morto nel grembo; in Malesia, la tradizione li descrive come vampiri succhiasangue nelle sembianze di splendide donne per attirare gli uomini a cui, poi, squarciano gli organi interni.

Pontianak uccide le sue vittime usando le lunghe unghie per rimuovere fisicamente i loro organi interni da mangiare. Se una vittima ha gli occhi aperti quando un Pontianak è vicino, esso li risucchierà dalla testa. Si dice che il Pontianak localizzi la sua preda dall'odore del loro bucato pulito; per questo motivo, alcuni malesi evitavano di lasciare qualsiasi capo di abbigliamento fuori casa durante la notte.



In Indonesia il Pontianak diventa Kuntilanak, ad esso simile ma qui assume comunemente la forma di un uccello che succhia il sangue di vergini e giovani donne.

Anche questo fantasma può assumere sembianze femminili. Quando un uomo le si avvicina, attirato dalla sua bellezza, la Kuntilanak si volta improvvisamente e rivela che la sua schiena è cava e da quel buco divora la sua preda: può essere sottomesso affondando un chiodo affilato nella parte superiore della sua testa, o nella cavità dietro il collo, che è la sua bocca divoratrice.

Nelle sembianze di uccello, che emette un suono “Ke-ke-ke” mentre vola, esso può essere inviato attraverso la magia nera per far ammalare una donna, e il sintomo caratteristico di tale sortilegio è il sanguinamento vaginale.



Ora, non ci vuole certo la scienza di Freud per leggere queste leggende in chiave psico-analitica. È tutto estremamente palese.

Che la pericolosa “entità femminile” riveli la sua vera natura, celata dalla bellezza tentatrice, scoprendo dalla folta chioma nera la sua cavità che risucchia e divora gli uomini, è la limpida traduzione in termini simbolici dell'atto sessuale e del timore che la potenza lussuriosa della donna esercita sull'uomo.

Allora compito, dovere e sforzo dell'uomo saggio e pio è quello di conficcare il suo palo, o chiodo, in quella cavità per renderla una donna docile e sottomessa.

Ancora una volta, poi, compare il sangue mestruale come un segno nefasto di malattia e possessione.



Massima espressione di questa visione è l'ultimo demone di cui vi voglio parlare, che ho scoperto studiando questo argomento.

In questo caso simbolo e suo significato camminano mano per mano. Non c'è bisogno di scomodare l'antropologia o la psicologia.

Kuntilanak condivide le sue sembianze con Sundel Belong, il fantasma della prostituta che con il suo grande buco spalancato sulla schiena divora le sue prede maschili. Qui, anche nel nome siamo nella totale schiettezza: il nome “sundel bolong” deriva dall'aspetto fisico del fantasma, la parola “sundel”, significa prostituta o puttana e “bolong” in giavanese che significa letteralmente buco.

Nella mitologia indonesiana, un sundel bolong, è un mitico fantasma dell'arcipelago con le sembianze di una donna con bei capelli neri lunghi e un lungo vestito bianco (la sua forma è simile a Pontianak). Il mito è strettamente legato alle prostitute, il cui nome che si può tradurre pertanto la “prostituta con un buco in lei”, e fa riferimento al grande buco che si dice le compaia nella schiena.

Nel folklore, un sundel bolong è l'anima di una donna che è morta quando era incinta al di fuori del matrimonio e quindi ha partorito nella sua tomba, o che è morta durante il parto e il bambino è uscito dalla sua schiena (questo è il motivo per cui ha il buco nella parte posteriore) che è nascosta agli uomini dai suoi lunghi capelli neri.

Le vittime del sundel bolong sono principalmente uomini e bambini. In quanto spirito vendicativo, se viene rifiutata da un uomo, si dice che lo castri mentre i bambini, in particolare i neonati, vengano presi per sostituire il figlio perduto.

I moderni studi sul folklore ritengono che il mito sia stato sviluppato nella cultura di Giava per scoraggiare la prostituzione che si sviluppò durante la colonizzazione delle Indie orientali olandesi.

 



Questo è esattamente ciò che penso anche io e che ho trovato in alcuni libri e in queste storie. Ovvero, come certi miti e superstizioni, al di là di quanto poi uno ci creda, servono a codificare e iniettare nel tessuto connettivo di un popolo quelli che sono i valori e i taboo. Ciò che è bene e male.

Ficcando nel cervello, fin da bambini, attraverso fiabe e superstizioni, quelli che si ritengono siano i valori di una società. Per cui il sangue mestruale è magico e segno di sventura, la donna è demone e vampiro che deve continuamente soddisfare la sua fame sessuale, e che se una donna fallisce nel suo compito “naturale e ancestrale” – ovvero partorire – allora la sventura e il tocco del diavolo ricadrà su di lei.

Fino al mito, che è un puro precetto legislativo, della “puttana con il buco” che ti divora se ti avvicini a lei.

 

Poi ognuno crede a ciò che vuole.

Di certo è assai divertente e interessante conoscere questi miti perché raccontano molto anche sui popoli e i paesi a noi lontani.

Del resto, come scrive la Campoli nel suo libro, quando chiese ad un thailandese perché credevano ai fantasmi e non agli zombie, come noi in Occidente, lui le rispose: “Perché gli zombie non esistono.”

 

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