Spiriti e fantasmi in Oriente – Parte Prima


Mae Nak Phra Khanong
 

Un libro che ho recentemente comprato ha riportato a galla il mio interesse per i fantasmi e gli esseri soprannaturali dell'estremo Oriente.

Fin dal mio soggiorno in Malesia ho cercato di indagare sulla profonda convinzione della loro esistenza anche tra persone di alta cultura, mentre da noi di solito la credenza nei fantasmi è associata ad un “pensiero magico” relativo a persone di scarso livello scolastico, se non del tutto paesano o “contadino”.

Invece in Malesia, come in Indonesia, la certezza dell'esistenza degli spiriti è trasversale, per età e livello socio-culturale.

Fino al punto quasi di convincere anche me.

Breve racconto in proposito. La mia abitazione, all'interno dell'università, era vicino ad un lago, e la sera facevo sempre lo stesso tragitto, al buio, attraversando il lago su di un ponticello. Ho sofferto molto in quell’anno, camminando molto e scattando centinaia di fotografie. Ero molto, molto stanco.

Si può dire che fossi piegato dalla stanchezza.

L'ustadz dell'università, un esperto di Islam, un pomeriggio fece la lettura della mia aurea e mi disse che ero sempre stanco perché tornavo ogni sera per il lago e quel luogo era pieno di jins, gli spiriti, che amavano seguirmi fino in casa. Tra questi c'era il fantasma di una vecchia donna che si era avvinghiata alle mie spalle, innamorata di me, e non mi abbandonava mai e la notte quando dormivo mi succhiava il sangue.

Io mi feci una sonora risata.

Poi andai a Giacarta, in Indonesia, e mi fu proposto di fare un messaggio tradizionale. La donna che me lo fece emetteva strani suoni gutturali, espellendo a forza aria dalla bocca. Fu alquanto comico.

Quando però iniziò a massaggiarmi la schiena iniziò a pronunciare una formula islamica per richiamare Allah, e i suoi suoni gutturali crebbero di intensità. Le chiesi che stava succedendo e lei mi rispose che aveva trovato il fantasma di una donna anziana che era abbracciata a me e mi rendeva malato.

Io strabuzzai gli occhi. Come era possibile? La massaggiatrice e l'ustadz non si conoscevano ed erano in due differenti nazioni.

Comunque, alla fine, lei me la tirò via tra rutti e massaggi aggressivi.

Quando sono tornato in Malesia ero molto meno affaticato. E per un po' evitai di passare per il lago la notte.

Chiamiamola suggestione.

 

Una cosa sapevo: quasi tutti i fantasmi e gli spiriti di quelle parti sono femminili, come si evince bene anche dai tanti film horror asiatici.

Nell'università conobbi una studentessa che stava scrivendo una tesi di post-laurea proprio su questo argomento, sulla motivazione sociologica della predominanza femminile tra spettri e spiriti maligni.

Sono andato via prima che la concludesse ma, entrambi, avevamo ben chiaro che la motivazione profonda era quella di associare la donna alla paura, per poterla meglio controllare. Fin da bambini si cresce, in quei luoghi, così come in Giappone, Thailandia, Filippine, con la consapevolezza inconscia che le donne sono esseri mostruosi e da temere.

L'uomo ha la saggezza – akal, dicono in Malesia – la donna è nakal, lussuriosa, vogliosa, corruttrice, in preda ad istinti carnali.

La donna è divoratrice e compito dell'uomo è contenere la sua natura pericolosa.

 

Non è che in Occidente questa visione della donna sia latitante.

Se famose sono le streghe che andaavano al rogo nel Medioevo, merita ricordare per il loro valore simbolico le Keres della mitologia greca, gli spiriti di morte femminili, ovvero le dee che personificavano la morte violenta, attratte da morti cruente sui campi di battaglia. Esse non avevano nessun potere di uccidere ma attendevano, assetate di sangue umano, per poi banchettare con i morti. Le Keres erano essere oscuri con denti e artigli digrignanti figlie di Nyx (la Notte) e come tali sorelle di esseri come Moirai, che controllava il destino delle anime, e Thanatos, il dio della Morte. Alcune autorità successive, come Cicerone, le chiamarono con un nome latino, Tenebrae (“le Tenebre”).

 


Keres


In assoluto, la figura a cui più si avvicina il fantasma o lo spirito maligno femminile in Asia è quello del vampiro, appunto: colei che succhia il sangue quasi sempre maschile.

Non a caso il libro che ho letto con avidità si intitola proprio: “Mae Nak – Donne vampiro e spiriti famelici dal lontano Oriente”, scritto da Alessandra Campoli per Exòrma Edizioni.

Mae Nak è forse il fantasma più celebre, non solo in Thailandia dove abita.

Nel libro sono descritti diversi spiriti anche se lo spazio maggiore è dedicato alla terribile Mae Nak, a cui è dedicato anche un tempio a Bangkok, oltre a decine di film dell'horror.

Come molti di questi spiriti, Mae Nak condivide una storia tragica, un'esistenza terribile che l'hanno resa la fonte di terrore che è ora.

È una storia che risale al XVIII secolo.

Ambientata durante il regno di Re Mongkut, in un piccolo villaggio nella foresta presso la riva del fiume Phra Khanong. Quello era un periodo di guerre ed il regno era costantemente minacciato dalle tribù nemiche.

In quel villaggio viveva la bellissima Nak, divenuta sposa dell'amato Mak.

La loro era una vita semplice, fatta di agricoltura e immenso amore reciproco. Finché un giorno arrivò per il marito la chiamata alle armi, proprio quando la giovane moglie aspettava il loro primo figlio. Lui partì promettendole che sarebbe tornato in tempo per veder nascere il loro bambino.

Mentre Nak attendeva con ansia il ritorno del marito, Mak fu ferito gravemente in guerra e curato in un monastero. Appena fu in grado di camminare, dopo mesi di convalescenza, chiese ai monaci di lasciarlo andare per vedere sua moglie. L'abate del monastero – che era anche un potente esorcista – gli suggerì di non andare e di diventare monaco nel monastero, ma l'uomo era intenzionato a tornare e così fece.

Lui trovò la moglie con in braccio il loro bambino, che lo aspettava come ogni giorno sulla riva del fiume.

Così sembrò concludersi la storia, nel segno dell'amore.

Ma la verità era un'altra.

Il parto di Nak fu difficile e sia la madre che il bambino morirono per le complicanze della nascita. Inoltre, come era credenza del villaggio, quando una donna moriva con il suo bambino durante il parto tutti erano colti dal terrore, perché sapevano che loro sarebbero potuti tornare come spiriti malefici e vendicativi; perciò venero eseguiti i rituali necessari a scongiurare l'infausto evento: con lunghi aghi furono chiuse le loro bocche affinché i loro spiriti affamati non tornassero a nutrirsi di sangue e i loro corpi furono sepolti nella foresta, lontano dal villaggio.

Ma tutto ciò non bastò ad impedire a Nak di tornare come revenant, ovvero quelle creature decedute ma non morte le quali, inconsapevoli della loro morte, o restie ad inoltrarsi nel mondo dei defunti, restano attaccate al mondo dei vivi divenendo presenze infestanti e pericolose.

Di solito sono creature vampiresche intrappolate in un limbo tra la vita e la morte, ed il dolore che esse provano è la fonte della loro natura oscura e violenta.

Non a caso, in Thailandia, gli spiriti più temuti sono i phi tai hong, ovvero gli spiriti deceduti per morte violenta. Non essendo ancora pronti a morire, il trauma del decesso violento li rende terribilmente affamati di esistenza, che viene appagata nutrendosi della linfa vitale – molto spesso il sangue – di chi incontrano.

Tra esse la più pericolosa e violenta è phi tai hong tong klom: gli spiriti di donne morte durante una gravidanza o nel dare alla luce il neonato, il quale muore con la madre.

In questo caso lo spirito arrabbiato e vendicativo non è solo quello della madre ma anche quello del neonato, ed entrambi vanno alla ricerca del perduto marito, in un affascinante e pauroso miscuglio di ricerca di amore e vendetta.

Questo è lo spirito di Nek, la quale avvolge in un incantesimo il marito facendogli credere che tutto è come prima, la loro casa (in realtà distrutta), il loro amore, lei stessa ancora bellissima.

Oltre le mura domestiche invece il suo spirito continua a uccidere tutti coloro nel villaggio che ritiene colpevoli della sua morte e chiunque provi ad avvertire Mak del maleficio.

Sarà per un caso fortuito che l'uomo conoscerà la vera natura mostruosa della moglie e fuggirà rifugiandosi nel tempio buddista di Wet Mahabut.

In breve, le sorti del villaggio verranno salvate da un monaco buddista che riuscirà a chiudere lo spirito di Nek in un'anfora e gettata nel fiume.

Fu solo disseppellendo i corpi che Nak troverà la pace, con la promessa del monaco che nella vita futura potrà vivere in pace con il suo amato marito e loro figlio.

 

Di questa storia esistono molte versione cinematografiche: è un classico dell'horror asiatico.

Al centro c'è sempre questo spirito femminile vendicativo e affamato.

A volte esula dal solito ritratto di donna dalle vesti bianche, i capelli e le unghie lunghissime e il volto come una maschera, che in Occidente è stato reso celebre dalla serie “The Ring”, remake americano del classico horror giapponese diretto da Hideo Nakata del 1998, tratto dal romanzo di Koji Suzuki.

Orribile è phi krasue, forse la più inquietante, una testa di donna volante con appeso sotto il collo i suoi organi interni penzolanti, che infetta con la sua saliva viaggiando di corpo in corpo.

In Malesia è conosciuta come penanggalan, che popola gli antichi racconti e leggende malesi. Come nelle streghe del Medioevo, anche lei era in origine una fattucchiera che per fuggire al linciaggio cadde mozzandosi la testa che invece di rotolare iniziò a volare.

In questo caso la sua sorte è ancora più oscura della versione thailandese, perché il suo nutrimento è il sangue puerperale, succhiando come una vampira la doppia linfa vitale della donna incinta e del suo feto.

Perciò era tradizione in Malesia di circondare la casa di una donna incinta di pali appuntiti in modo da far impigliare le interiora volanti dello spirito.

In Filippine diventa manananggal, che ha inoltre una lunga proboscide per introdursi alla interno della donna incinta e nutrirsi del cuore del nascituro.

In questo caso lo spirito può diventare una donna bellissima per ingannare gli esseri umani.

Di questi spiriti emerge un tratto che è molto importante e si lega al mio discorso iniziale, ovvero quello della potenza simbolica dietro a questi miti.

Come scrive bene la Campoli nel libro:

“Suggendo avidamente il prezioso liquido, penanggalan si fa emblema di quel legame che esiste tra l'apparizione del mostruoso e il sangue del parto che, motivo di impurità e portatore di un'intrinseca potenza distruttrice e di influssi funesti è, come il sangue mestruale, oggetto indiscusso di ancestrali tabù.” (Pag. 50)

 


Manananggal


E qui il discorso diventa antropologico più che di mero folklore legato a spiriti e fantasmi.

La leggenda sancisce lo stigma collettivo per l'impurità femminile, la sua pericolosità, e lo fa raccontando di teste volanti e spiriti vendicativi.

 

Ma io voglio concentrarmi sugli spiriti della Malesia e dell'Indonesia.

Lo farò nella prossima parte.

Vi lascio, comunque, con un breve elenco degli spiriti che abitano quei luoghi per far capire la ricchezza della tradizione popolare.

 

Bajang: lo spirito di un bambino nato morto sotto forma di uno zibetto (musang).

Bota: un tipo di spirito malvagio, di solito un gigante

Hantu galah: un fantasma con gambe e braccia lunghe e sottili come canne di bambù.

Hantu kopek: un fantasma femminile con grandi seni che attira gli uomini che tradiscono le loro mogli.

Hantu kum-kum: il fantasma di una vecchia che succhia il sangue delle ragazze vergini per riconquistare la sua giovinezza.

Hantu lilin: uno spirito errante che di notte porta una torcia o una candela accesa.

Hantu Pemburu: il cacciatore spettrale la cui testa guarda sempre in alto con un germoglio che gli cresce dal collo

Hantu punjut: un fantasma che cattura i bambini che vagano nella foresta a tarda notte

Hantu tinggi: lett. “fantasma alto”, un tipo di gigante che fugge alla vista di un corpo nudo

Jembalang: un demone o uno spirito malvagio che di solito porta malattie

Lang suir: la madre di un pontianak. In grado di assumere la forma di un gufo con lunghi artigli e attacca le donne incinte per gelosia.

Mambang: spiriti animisti di vari fenomeni naturali.

Orang minyak: un uomo maledetto coperto d'olio nero, che stupra le donne di notte, reso celebre da un film del famoso attira e cantante P. Ramlee del 1958.

Pelesit: un tipo di cavalletta che precede l'arrivo del polong.

Penanggal: una testa volante con la sua sacca gastrica disincarnata che penzola sotto e succhia il sangue dei neonati.

Penunggu: spiriti tutelari di luoghi particolari come grotte, foreste e montagne.

Pocong: un fantasma avvolto in un sudario funerario bianco

Polong: uno spirito simile a una donna delle dimensioni di un pollice.

Puaka: spirito della natura di un luogo che in genere si dice risieda in edifici abbandonati

Raksaksa: demoni umanoidi mangiatori di uomini spesso in grado di cambiare aspetto a piacimento.

Toyol: lo spirito di un bambino nato morto, appare come un bambino nudo.

 

 

CONTINUA...

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