La Virtu' Della Banalità


Laghetto dell'Eur. Roma, 19 Maggio 2020


“Noi abbiamo che questa virtù: cominciare
ogni giorno la vita – davanti alla terra,
sotto un cielo che tace – attendendo un risveglio”

Così scrisse Cesare Pavese nella sua poesia “Fine della fantasia” del 1933.

E, dopo questi lunghi giorni di confinamento nelle nostre case, cominciare liberi le nostre giornate suona veramente come una virtù. Il “risveglio” a cui fa riferimento Pavese è quello della fantasia, della poesia.

Io ho notato la scorsa settimana, quando andavo a camminare i miei 10 chilometri vicino casa, come le persone camminassero in maniera diversa, lentamente, godendo della camminata in sé e non come mezzo di spostamento tra un luogo ed un altro.

Per la prima volta, ieri pomeriggio, ho portato la macchina fotografica con me, per tornare a vedere, dopo due mesi, di nuovo attraverso un mirino. Niente di mistico, intendiamoci, a breve la vita tornerà normale come prima. Le persone dimenticano in fretta.

Però vedere l'acqua del lago, le cascate zampillanti, il cielo blu intenso e poi il gabbiano che vola davanti a me, mi ha regalato il senso dei versi di Pavese: cominciare la vita ogni giorno, attendendo il risveglio della nostra fantasia, perché ogni momento difficile accade nella vita per ricordarci qualcosa, che non è solo l'importanza della vita in sé, ma anche l'importanza dei piccoli gesti, di una camminata o un abbraccio, o osservare un gabbiano che vola. E poterlo osservare con occhi diversi è una virtù, non lasciamola sfuggire tra le dita solamente perché adesso è possibile vederlo di nuovo, banalmente, come se niente fosse successo.

Impariamo dalle lezioni.

 

Cesare Pavese: “Poesie del disamore” (Einaudi, 1992)


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