La Storia di Maryam

Maryam e suo figlio. Metropoliz occupato. Roma, 21 Dicembre 2012


QUESTA è una vecchia storia, raccontata la prima volta nel Dicembre del 2012, su un portale giornalistico che racconta le storie dei migranti Frontiere News, con cui ho collaborato per molti anni, scrivendo i miei articoli, le mie foto, e organizzando i miei primissimi corsi di "Fotografia come Mediazione Culturale".

Questa è una fiaba dalla fine amara, e per me una ferita che non potrà mai rimarginarsi nel mio cuore, perché era iniziata nel migliore dei modi, con la speranza che, lottando insieme, era possibile pensare un futuro migliore per chi ha difficoltà, vedendo come la solidarietà e l'amore rischiaravano anche i luoghi più bui e sporchi. Però, la vita dà severe lezioni, e spesso ci dice che non sempre le cose vanno come noi speriamo.

È una lunga storia avvenuta negli anni, che mi ha insegnato moltissimo: in primis, a cercare di sconfiggere quelli che sono i nostri pregiudizi, e Maryam mi ha insegnato tanto: lei è stata la prima a darmi questa importante lezione, come solo la vita in ospedale aveva fatto prima di lei. E se io oggi sono come sono e faccio quello che faccio è anche grazie a lei.

Lei sarà sempre dentro il mio cuore, per sempre, nella ferita che ancora sanguina quando penso a lei. La storia che qui riporto è in senso cronologico, dall' articolo del nostro primo incontro fino alla fine.

Metropoliz occupato. Roma,  21 Dicembre 2012


IN QUESTI TEMPI di sofferenza e sacralità, queste immagini fanno tornare alla mente tutti gli studi di arte, l’iconografia cristiana, le decine e decine di storie di migranti ascoltate da me in questi lunghi anni. La precarietà e il consumismo, l’amore e la crisi, e sembra che nei loro sguardi tutto questo si riassuma compresi i pregiudizi e la loro crudeltà. La santità dell’essere umano ridotta ai minimi termini come forse deve essere l’iconografia di Maria.

Metropoliz occupato. Roma,  21 Dicembre 2012

Maryam è una giovane mamma rom che viene da Calarsi, in Romania. Vive in un palazzo diroccato occupato a Roma con molte altre famiglie rom e di altre nazionalità, in condizioni difficili. Ha solo 21 anni, due figli e un marito molto tenero. Tra poco tornerà in Romania con i figli perché è troppo difficile vivere qui. Sono di forte fede cristiano ortodossa. Io credo che sotto il Natale queste storie servano a farci riflettere su tanti nostri falsi problemi, ora che la crisi ha colpito al cuore anche noi. E spero serva anche a far cadere qualche pregiudizio.

Quando sono andato la prima volta nella loro camera la mamma stava dando da mangiare un’unica pizza surgelata ai due bambini, ma ha insistito talmente tanto che ho dovuto accettare un pezzo anche io, che ho diviso a metà per darlo ancora ai bambini. 


MetropolizOccupato. Roma, 21 Deciembre 2012
  

MetropolizOccupato. Roma, 21 Deciembre 2012
   

Un anno è trascorso da quando ho conosciuto Maryam. Quelle fotografie e la sua storia hanno colpito molte persone, perché raccontavano una storia diversa di famiglia rom. Ma poi chi può dirlo che è diversa? Loro sono semplicemente se stessi, nella loro gentilezza e dignità. Non è colpa loro se lo stereotipo della famiglia rom è di tutt’altro carattere in Italia.

Dopo aver visto le loro fotografie e letto l’articolo, una giovane madre indonesiana, Nenti Sandan, mossa a tenerezza ha deciso di donare alla famiglia di Maryam i vestiti piccoli di suo figlio ormai cresciuto. Mentre una mediatrice culturale romena, Adriana Jugaru, che è responsabile di un asilo vicino al casale dove vive Ionut, ha voluto conoscerli di persona per convincerli a mandare i figli piccoli a scuola.

Maryam prepara Nicu per andare a scuola. Metropoliz occupato. Roma, 24 Gennaio 2013

Il suo non è un asilo come tutti gli altri: è un Centro Interculturale per minori, “Shishu Bhavan”, che significa “La casa del Bambino” in lingua bangla, ispirata ad una casa fondata a Calcutta da Madre Teresa, che ha preso vita nel 2001, all’interno di un progetto culturale dell’Associazione Onlus chiamata ‘Zero in Condotta’, istituita nel Febbraio del 1999. È una scuola dell’infanzia; ospita bambini dai due ai sei anni. L’utenza della scuola è per la maggior parte di famiglia straniere, ma anche di famiglie italiane o a coppia mista. Una presenza massiccia è data da famiglie appena ricongiunte.




A scuola. Roma, 24 Gennaio 2013



Andato da Maryam a portarle i vestitini donati da Nenti Sandan; è stata molto felice perché erano perfetti per andare subito a vedere la scuola. Fatte indossare due felpe nuove ai bambini, tutti insieme abbiamo raggiunto Adriana che ci attendeva. Ionut era emozionato, si lamentava continuamente, lungo il tragitto, che non aveva tagliato la barba e aveva le mani sporche perché aveva costruito stufe tutto il pomeriggio. Seduti intorno ad un tavolo i genitori hanno parlato a lungo con le responsabili, mentre i bambini giocavano tra costruzioni e pennelli. Ionut ha confessato, ad occhi bassi, che lui e la moglie non hanno potuto studiare in Romania, perciò sarebbe felice che i propri figli potessero avere un futuro diverso, una cultura. Alla fine la scuola ha regalato a Nico il suo primo zainetto, ed è pronto ad iniziare la sua carriera scolastica, fatta di lettere e disegni; per ora.

Quello che ci piace sottolineare qui, in questa storia semplice, è la rete di solidarietà che si è stretta intorno a questa famiglia solo attraverso delle fotografie. Il senso della fotografia sociale dovrebbe essere sempre quello di raccontare a chi non può vederle, delle realtà sociali, appunto. Mostrare che spesso le cose sono differenti da come ce le raccontano. Che le famiglie rom sono composte da persone come noi, con uguale dignità e sentimento, non sono monoliti scuri di nefandezze e cattiverie.

Come mi raccontava Maryam: “Quando salgo sugli autobus tutti gli italiani si allontanano da me, stringendo le loro borse e guardando con pietà i miei figli e con ostilità a me, come se fossi la madre peggiore del mondo, senza conoscermi; questo è un dolore che porto sempre dentro di me.”

Metropoliz occupato. Roma, 6 Dicembre 2012
    
Metropoliz occupato. Roma, 6 Dicembre 2012

E che noi siamo migliori di quanto crediamo, che la solidarietà non ci abbandona mai se siamo in grado di commuoverci, anche davanti una fotografia. Allora quella fotografia non è più una semplice foto, ma una chiave, che apre mondi e possibilità di amore. Come è successo ad Adriana e Nenti, che ringrazio con tutto il cuore. Perché grazie a loro, un articolo con delle fotografie è diventato un futuro migliore per un bambino. L’amore muove il mondo.

Da allora molte cose sono successe.


LA COSA più bella fu la solidarietà che mosse quella fotografia, portando una madre indonesiana a donare degli abiti usati ai figli di Maryam, e ad un’operatrice culturale rumena a convincere i giovani genitori ad iscrivere i due figli alla sua scuola per bambini stranieri.

Ma anche qualcosa di terribile è accaduto l’estate scorsa: Ionut, il giovane e forte marito di Maryam, è stato stroncato da un infarto quando erano in Romania, e la moglie era incinta. Lasciando tutti noi annientati dal dolore e dallo sconcerto. Ma Maryam è tornata a Roma, e ha dato alla vita un bellissimo bambino dagli occhi azzurri che ha chiamato, ovviamente, Ionut, come il marito.

“Sono tornata perché qui, anche se sono sola, posso continuare a mandare i miei figli a scuola”, mi disse Maryam quando tornai a trovarla dopo l’estate. È forte per i suoi ventidue anni, porta il lutto (e lo farà per un anno intero) ma non ha perso il sorriso, circondata dai suoi tre figli. Mi chiede le fotografie che avevo scattato al marito, e io mi rendo conto che nelle fotografie, a volte, veramente si condensano esistenze e diventano dei biglietti timbrati per continuare a viaggiare oltre la scomparsa, oltre la morte.


   

Occupied Metropoliz. Rome, 25 September 2013

Io non smetto di pubblicare le sue fotografie, non per una speculazione della sua vita, ma perché è un modo per essere vicino a lei; perché mi illudo, ingenuamente, che Ionut riceva le mie cartoline da Roma; e – motivo principale – perché sono fermamente convinto che le persone siano buone, e che la solidarietà è un cerchio nell’acqua, ma se non c’è una mano che lancia il sasso non può esservi nessun cerchio.

6 Dicembre 2013. Ed infatti venerdì scorso, 6 dicembre, sono tornato da loro perché era San Nicola e Maryam voleva festeggiare l’onomastico del figlio maggiore, Nicu; ma non aveva soldi per comprare una torta. Allora sono andato da lei, ma non a mani vuote, bensì carico di due buste piene di vestiti per tutti loro, donati da una mia cara amica filippina, Ave Vida, e dalle sue amiche della chiesa, la quale visto le mie fotografie, si è intenerita – come madre – e ha raccolto molti vestiti per la famiglia rom. 

Perciò sono andato con Maryam a comprare bibite, patatine, cioccolato e gli ingredienti per la torta, dopo che aveva visto tutti i vestiti per lei, e poi mi sono immerso nel clima di festa, tra le luci tenui delle lampadine dell’edificio diroccato, della comunità rom che festeggiava altri Nicu, nome comune in Romania.

Metropoliz occupato. Roma, 6 Dicembre 2013

Mentre le sue parenti l’aiutavano a preparare la torta, io ho conosciuto la madre di Ionut, la quale era giunta a Roma per festeggiare il piccolo Nicu e poi sarebbe tornata a Napoli il giorno seguente, e piano piano mi presentava le sue sorelle e tutti i suoi nipoti, fino a dare la sensazione che ognuno di loro fosse parte di un’unica grande famiglia. Io all’inizio ero visto con diffidenza, in quanto italiano sconosciuto con macchina fotografica. 

Ma in mente avevo sempre la lezione di Josef Koudelka mentre fotografava gli zingari per il suo libro capolavoro; non per la qualità delle mie foto (imparagonabili alle sue), bensì per il rispetto assoluto che lui aveva per loro, il cui sguardo era assolutamente scevro da ogni giudizio, era semplicemente un uomo tra gli uomini, con una macchina fotografica. E questo le persone lo avvertono, e dopo un po’ arrivavano le prime donne a portarmi un piatto di torta, un bicchiere di aranciata, i primi sorrisi, gli uomini ebbri che volevano farsi fotografare, i gesti di tenerezza davanti a me.

Sono andato via appena la torta era pronta, ho lasciato tutti loro a festeggiare fino a tarda sera. Due cose, ho chiesto a Maryam, se era felice e il suo viso si è illuminato e ha risposto “Certo!”. Una domanda ed una risposta semplice, ma che illumina giardini nel cuore. E poi Nicu, il quale mentre indossavo la giacca mi chiedeva “Dove vai?” “A casa.E lui con il suo sorriso dolcissimo mi ha risposto: “Questa è casa.

Occupied Metropoliz. Rome, 30 December 2013

È una storia semplice, una storia di Natale e solidarietà, di un grande dolore e di una nuova vita dagli occhi azzurri. È una storia di zingari a Roma (dico zingari perché nel mio cuore c’è sempre il riferimento al libro fotografico di Koudelka che si intitola appunto Zingari).

Ed è una storia dolce, perché un anno non è mai stata intralciata per un secondo dai soliti pregiudizi, ed è già tanto, e solo per questo vale la pena continuare a raccontarla. 

E poi è una storia di cerchi nell’acqua.


MARYAM  l'ho vista l'ultima volta nel 2013, poi è tornata in Romania, e ho perso ogni sua notizia, e forse ho perso anche le sue ultime foto. Non è riuscita da sola a rimanere a Roma, con tre bambini piccoli, senza possibilità di lavorare, con i pregiudizi che ogni giorno le accoltellavano il cuore. Ha sacrificato una vita migliore per i figli tornando nella sua povera città dove però aveva la famiglia come aiuto per i bambini.

Io non lo dimenticherò mai.

Il pregiudizio nasce sempre da ciò che non si vede. La fotografia può servire anche a questo. Dedicato a Maryam.

Maryam and IonutOccupied MetropolizRome, 30 December 2013

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