La Rivincita di Saanvi – Terza Parte


Miranda Hemalatha

Digerita la delusione, Saanvi tornò alla sua quotidiana normalità.

La scuola fino alle due e poi in casa ad aiutare la zia Komala, il suo momento privato di gioia in cortile a danzare, un giro nel villaggio e l'appuntamento serale con il teledramma sorseggiando il the iguru dapu*.

Il prossimo anno avrebbe provato ad iscriversi in qualche scuola a Negombo, lo  aveva già detto a sua madre e anche lei era d'accordo – per ora continuava ad esercitarsi nel cortile di casa e le era sufficiente a sorridere ogni giorno.

Quando non andava in spiaggia o lungo il fiume, lei rimaneva tutto il tempo con la zia, nella loro empatica armonia. Ovviamente le mancava tanto sua madre, ma si riteneva fortunata nell'aver incontrato Komala. Alcune sere Saanvi e la zia parlavano a lungo nella cucina illuminata da una piccola lampadina a macinare le spezie e cucinare i roti per il giorno dopo, tra i badairingu* e i paduru arrotolati appesi al soffitto. Parlavano e scherzavano, imitando i diverbi amorosi del teledramma e ridevano come due bambine. La zia ogni mattina le preparava l'idiyappam, prima di andare  a scuola.

Ogni settimana che trascorreva Saanvi sembrava diventare sempre più una piccola donna.

Rani riusciva a venire a trovarla almeno una volta al mese. Le aveva raccontato che dopo i primi tempi in cui lo zio non faceva che sbraitare e inveire contro di lei, ultimamente pareva essersi rassegnato all'idea della nuova vita di Saanvi, e aveva smesso di parlare di matrimonio. Lavorava sempre di meno e beveva di più: era diventato un otre gonfia poggiata sul tavolo che russava ed esalava fumi di arack.

 

Quando c'era una puja, Saanvi e la zia si recavano alla stazione di Pallansena Three-well Taxi e presero un tuktuk che le condusse verso Negombo in venti minuti, per scendere qualche chilometro prima al Sri Singama Kali Amman Kovil su Sea Street, dedicato al dio Ganesh. Saanvi alzò gli occhi verso la cima del grande albero che cresceva nel cortile dell'ingresso e le coloratissime statue sulla torre e all'entrata; presero delle noci di cocco e le spaccarono a terra in un piccolo fosso sacro  prima di entrare nel kovil e pregare insieme.

Ancora le capitava di ascoltare qualche commento su di lei o delle occhiatacce mentre camminava nel villaggio e nel pola, ma iniziava a non farci più caso: Saanvi aveva la danza e, come le diceva sua zia, diventava ogni giorno più brava.

 

Anuradha conosceva bene la casa di Komala, non troppo distante dal tragitto che conduceva dalla sua scuola al mercato e a volte faceva una piccola deviazione, il tardo pomeriggio, terminata la lezione.

Neanche lei sapeva bene il motivo di quei passi in più.

Camminando, buttava uno sguardo oltre le mura che cingevano il cortile e proseguiva verso il mercato. Un giorno sentì dei colpi al suolo con il piede, che lei conosceva bene, e vide delle mani che comparivano oltre lo spigolo del muro della casa, allora aggirò il cortile e, senza essere vista, si fermò ad osservare Saanvi eseguire dei movimenti di Bharatanatyam.

Il pomeriggio seguente, alla stessa ora, Anuradha era di nuovo là ad ammirare Saanvi, in silenzio. Finché una sera Komala, tornando dal mercato, si accorse della sua presenza dietro il muro del cortile e andò verso di lei; Anuradha neanche si era accorta dell'avvicinarsi di Komala: se la trovò improvvisamente alle spalle e la sua voce quasi la fece sobbalzare: “È diventata brava la mia nipotina, vero teacher?”

Anuradha riprese immediatamente il controllo dell'espressione del volto e del corpo, si voltò verso Komala e fece un piccolo cenno dondolante del capo come consenso.

“Portala domani alla mia scuola.” Disse con voce ferma.

“Veramente?” Domandò la zia con un sorriso a denti bianchi che le illuminò il volto. Anuradha annuì mentre si defilava di lato e si allontanò a passo spedito.

Komala non disse nulla a Saanvi, mangiarono insieme un bel piatto di parippu*e andarono a dormire corteggiate dalla salsedine che profumava l'aria.


Sri Lanka, 1880



Il pomeriggio seguente a Saanvi parve strano che la zia le chiedesse di uscire con lei, questo accadeva raramente se non per andare al kovil, ma non era previsto andassero quel giorno.

Quando mancavano due traverse alla ragazza iniziò a sorgere l'idea della destinazione ma non ne comprendeva la ragione.

Si fermarono davanti l'entrata della scuola la quale risuonava di note e battiti di mani e piedi come la cassa armonica di un veena.

Saanvi guardò la zia con un'espressione confusa e anche un poco contrariata. Komala le accarezzò i capelli e sorridendo le diede una spinta.

“Vai, vai. Oggi è il tuo primo giorno di lezione.”

“Ma, nanda!? Come...?” Rispose Saanvi quasi puntando i piedi a terra per non avanzare.

La voce che venne dalla porta fu un colpo ancora più forte per la povera Saanvi che navigava nella confusione come una oruvas nella tempesta.

“Vieni, ti stiamo aspettando.”

La ragazza si voltò e vide Anuradha in sari, sulla soglia della scuola. Allora Saanvi si affretto verso di lei, si chinò ai suoi piedi e a mani giunte la salutò.

“Ayubowan, Guruthumi.”

Poi tornò a guardare la zia per un ultimo saluto e seguì l'insegnante all'interno della scuola.

 

Appena entrate nell'ampia sala luminosa Anuradha disse a Saanvi di andarsi a sedere a terra tra le allieve.

“Salutate Saanvi, la vostra nuova compagna.”

Alcune di loro fecero spazio; una ragazzina apparentemente della stessa età le fece cenno di sedersi a fianco a lei. Appena Saanvi si accomodò lei le sorrise e si presentò: “Mi chiamo Isuri”, ed entrambe fecero un cenno con la testa.

Era una bambina magrolina, con il viso allungato e la pelle chiara, con sopracciglia folte e i capelli ricci e neri.

Anuradha batté le mani per richiamare l'attenzione.

“Bene! Dato che abbiamo con noi una nuova allieva, prima di iniziare farò un breve ripasso dei tratti essenziali della danza Bharatanatyam.”

Si posizionò dunque ritta davanti alle allieve, con il mento sollevato e lo sguardo fermo.

“Un programma Bharatanatyam è un insieme di movimenti, di ritmi, di espressioni articolate del volto, di gesti della mano, di movimenti del corpo e di altri gesti. Tutto questo può essere raggruppato in sei voci: alaripu, jathisvaram, sabda, varna, padam, tillana accompagnata da sloka conclusivi.

Alaripu è una danza di invocazione. Il suo nome in dialetto Telegu significa fioritura,’ pertanto sta ad indicare far fiorire il corpo,’ cioè prepararsi per il numero seguente.

Jathisvaram è il secondo numero del programma ed è una combinazione di jhati e svara,’ cioè prima sono esibite le jhati o sillabe ritmiche e in accordo a questo si battono i ritmi dei tamburi. Nel Natya Sastra, il significato di questa danza è stato descritto come semplice bellezza perché è la danza più pura: ovvero essa non risponde a nessuna necessità specifica se non quella di creare bellezza.

Sabdam è la prima forma di danza ad introdurre allo spettatore l'espressione o abhinaya. È una danza interpretativa con sentimento religioso o erotico.

Varnam è la parte più interessante e allo stesso tempo più difficile di un programma Bharatanatyam. Il suo nome, che significa che si colora,’  indica la sua funzione nella danza. Per ogni linea della canzone le sequenze di danza sono eseguite attraverso alcuni movimenti e alla fine si raggiunge il culmine.

Ad essa segue il padam che contiene sei o sette pada per esibizione, ovvero la canzone di sei o sette linee il cui significato e interpretato per mezzo di abhinaya. Qui la danzatrice si occupa esclusivamente di gesti delle mani e dell' espressione del corpo.”

Mentre spiegava, Anuradha muoveva le mani, le dita o i piedi con un eleganza che lasciava Saanvi ipnotizzata e con il respiro trattenuto. Quello che a lei colpiva dell'insegnante era il suo continuo controllo e distacco, la sua persistente capacità di celare la minima emozione.

“Poi c'è tillana, che è pura danza con complicati ritmi per i piedi, grazie alla quale una danzatrice mostra tutta la sua abilità.

Infine c'è la conclusione del programma con sloka: ovvero, la recitazione di un breve verso in sanscrito senza né ritmo né musica.

Non dovete mai dimenticare: questa è una danza assolutamente espressiva, che include il corpo, il viso e le mudra delle mani. Gli asamyukta hasta sono le mudra eseguite con una sola mano e gli samyukta hasta quelle con due. Per ciò che riguarda abhinaya del viso, Bharatanatyam conta nove tipi di movimenti del capo, nove movimenti delle pupille, otto differenti sguardi, otto movimenti delle ciglia, sette movimenti delle sopracciglia, sei movimenti del naso, sei tipi di mozioni delle guance, sei tipi di movimenti delle labbra, sette tipi di movimenti del mento, nove movimenti del collo, quattro tipi di colorazione del viso....”

Saanvi finalmente era davanti all'immenso oceano della conoscenza di ciò che aveva sempre amato, e non davanti ad una semplice scatola a transistor come era stata costretta fin da bambina.

“Bene, in posizione!” Disse Anuradha.

Ogni allieva si alzò e corse ad inchinarsi davanti all'insegnante sfiorando i suoi piedi nel gesto di rispetto chiamato guru wandana (l'inchino all'insegnante). Alcune di loro che non avevano ancora indossato le salangai andarono a prendere e le porsero ad Anuradha che le avvicinò al viso e le benedì, sussurrando: “Budu saranai (Che Buddha ti benedica).

Anche Saanvi andò verso le salangai a terra, vicino al muro, ma Anuradha la fermò: “Tu no. Non è ancora il momento.”

La ragazza annuì e si mise in posizione con il resto delle allieve.

Non dimenticò mai quella prima lezione.




Saanvi frequentava ogni giorno la scuola di danza, salvo il fine settimana. Con 250 rupie al mese stava dando forma ai suoi sogni, e pensare che da RIO non ci comprava neanche un Sundae Special.

Isuri divenne la sua migliore amica. La sua famiglia era originaria di Duwana da generazioni e il padre era un ottimo pescatore. Lei aveva iniziato a danzare da un anno e frequentava la scuola cattolica “Ave Maria Convent” in Chilaw Road. Komala era molto felice della loro amicizia ed invitava spesso Isuri a guardare la televisione tutte insieme.

Entrambe avevano la passione per il mare. Nei fine settimane, in cui lo zio tornava per stare insieme a Komala, loro due trascorrevano molte ore insieme, lontane da casa. Sedevano a cavallo dei tronchi contorti delle mangrovie con i piedi nell'acqua del fiume, seguendo le traiettorie degli ibis testa nera a pelo d'acqua, mentre i versi acuti dei pappagalli o dei garruli scimitarra rimbalzavano da un lato all'altro della foresta. Oppure correvano intorno alle barche inseguite dai cani randagi sulla spiaggia,  per poi cadere sfinite e felici sulla sabbia con il naso rivolto alle nuvole in cielo: le piogge sarebbero arrivate presto, a maggio, con i monsoni del sud-ovest.

La domenica Saanvi l'aspettava fuori dalla chiesa, dopo la messa, e correvano a giocare fino a sera.

 

Sri Lanka. © Bruno Barbey
Sri Lanka. © Bruno Barbey


Anuradha doveva ammettere che Saanvi imparava velocemente e in pochi mesi era diventata una delle sue migliori allieve. La zia aveva ragione, era dotata per la danza, ma lei se ne era resa conto quando la spiava ballare da sola nel cortile di casa, senza aver frequentato mai una scuola.

Dopo il primo mese la portò al kovil insieme alla zia Komala per far benedire le salangai dal bramino; poi dopo aver chiesto simbolicamente il permesso alla zia, in vece della madre, di poter danzare, ricevette la benedizione da Anuradha che si chinò ai suoi piedi e cinse per la prima volta alle caviglie le sue salangai.

 



I genitori spesso venivano a prendere le proprie figlie alla fine delle lezioni.

Fu allora che il padre di un'allieva, vedendo Saanvi uscire con il gruppo, disse con voce sprezzante rivolto verso Anuradha: “Ci mancava pure la piccola terrorista a lezione! Almeno le controlli la cintura quando entra? Non è che si fa saltare in aria con tutta la scuola?”

A Saanvi si gelò il sangue; rimase immobile tra l'imbarazzo delle altre bambine. Allora Anuradha andò verso l'uomo, lo guardò così intensamente che gli altri genitori in attesa fecero un passo indietro, e gli rispose con emozione controllata ma dura: “Qui l'unico terrorista sei tu con la tua lingua. Non ti azzardare a parlare ancora in questo modo davanti alle mie allieve, nella mia scuola, nella mia casa!”

L'uomo afferrò la mano della figlia, la tirò con sé e sputando per terra disse prima di andare via: “Proprio tu parli!”

Le bambine cercarono di consolare Saanvi mortificata, anche se lei accennò un piccolo sorriso, dando l'impressione che non era successo niente; poi si allontanò a testa bassa per la via di casa.

Anuradha la seguì con la coda dell'occhio mentre salutava una ad una le allieve.

 

Il sabato successivo Komala si affacciò in cucina dove la nipote stava cucinando i roti tra le hatti* per il pranzo, sapendo che lo zio sarebbe arrivato a breve.

“Si, nanda?” Disse la ragazza.

“Guarda chi c'è”, rispose sorridendo la zia e dietro di lei apparve Anuradha in un bellissimo saree bianco dai bordi dorati. Saanvi rimase di stucco, si pulì velocemente le mani in un canavaccio e andò verso l'insegnante per salutarla, ma Anuradha la fermò prima che si inchinasse: “Vieni con me.”

La ragazza guardò la zia quasi a chiederle il permesso. Komala con le mani giunte sulla pancia rotonda dondolò la testa sorridendo con denti bianchi.

Camminarono verso la stazione di Pallansena Three-well Taxi e presero un tuktuk color smeraldo adornato di campanelli e dagli altoparlanti argentati che occupavano metà della cabina del conducente.

“Dove andiamo, Guruthumi?”

“Poi vedrai”, rispose Anuradha con un mezzo sorriso.

Il tuktuk procedeva spedito sulla strada che costeggiava la spiaggia di Negombo. Saanvi, rassegnata al mistero della loro destinazione, si abbandonò al paesaggio che le correva accanto e alla brezza marina che le accarezzava il viso, mentre le casse pompavano i dolci versi di una vecchia canzone popolare.

සූරිය සුනෙර වට දෙවරක් ගියා දො
සූරිය යනෙන රථ ඇණ ඉගි ලුනා දො
වීරිය කරන රාහුට අසු උනා දො
සූරිය උදා නූනෙ එම නිසාදො

(“Suriya Sunera ha fatto il giro due volte
Il sole sta tramontando
Rahu che stava lavorando sodo è stato catturato
È per questo che il sole non sorge?”)

Dopo un quarto d'ora il tuktuk iniziò a rallentare su Temple Road avvicinandosi ad un edificio da qui si ergeva una stupa bianca e la testa di Buddha. La ragazza, scendendo dal veicolo, guardò in modo confuso Anuradha: “Ma questo è un pansala...”

L'insegnante le prese la mano e annuì: “Sì, questo è il Tempio di Angurukaramulla Raja Maha Viharaya, il mio preferito, dove vengo sempre a pregare. Vieni...”

 

Angurukaramulla Raja Maha Viharaya Temple
Angurukaramulla Raja Maha Viharaya Temple



“Ma Guruthumi... Io non sono buddhista.” Le disse Saanvi disorientata.

“Non importa, seguimi!” Rispose la donna in modo deciso ed entrambe varcarono il cancello, con la ragazza che si guardava intorno incuriosita, soprattutto a quell'ingresso contornato dalle fauci del drago, ai piedi della statua del Buddha alta sei metri, che si dice protegga dagli spiriti maligni il tempio e i suoi devoti, con una pozza d'acqua di fronte ad essa. All'interno del parco camminarono negli ampi spazi circondati dagli alberi e Saanvi si sporse sullo stagno per vedere le tartarughe. Un grande stupa bianco era adiacente al tempio, con alla base della sua scalinata le statue di due leoni di bronzo che si ergevano su piedistalli. All'interno dello stupa vi erano numerosi dipinti e sculture, oltre a pareti intagliate e decorazioni alle finestre. Saanvi osservava tutto quanto senza proferire parola, estasiata.

Anuradha le porse una candela accesa e andarono di fronte la statua di Buddha disteso sul fianco.

“Che devo fare?” Chiese ingenuamente Saanvi.

“Prega, come vuoi tu”, rispose Anuradha, per la prima volta da quando la conosceva, con un tono della voce più dolce. Poi le accarezzò con un dito il viso rotondo. Si inchinò per poterla guardare dritto negli occhi, in quel modo fermo che era la sua caratteristica.

“Lo sai che noi buddhisti seguiamo il dharma, l'insegnamento di Buddha, che è racchiuso nelle Quattro Nobili Verità e il cui punto di partenza è riconoscere che la vita è sofferenza, e che sta a noi avventurarci nel cammino che ci allontana da quella sofferenza. Finché tu rimarrai incatenata all'odio da cui provieni, qui...”, le disse mentre con la punta dell'indice premeva alla sinistra del suo petto, “...tu proverai sempre odio e quello attirerai: è la legge del karma. Devi accettare ciò che sei e aprirti al mondo. Diventa fluida, libera. Lascia che l'odio ti scivoli via. Solamente così la danza vivrà dentro di te, perché la danza è armonia. Ecco perché ti ho portato qui oggi. L'armonia è la convivenza pacifica e melodiosa di note differenti. Vedi, le stesse persone che ti offendono e insultano, in passato, erano Tamil. Fu un vescovo locale, Edmund Peiris, che impose di cambiare il mezzo di istruzione dal tamil al singalese: nonostante la distinzione tra Singalesi e Tamil oggi sia così marcata, in un passato non toppo lontano questi gruppi etnici erano fusi, soprattutto su questa costa occidentale tra Negombo e Puttalam, dove gran parte degli abitanti del villaggio, sebbene si definiscano Singalesi, parlano ancora Tamil e sono senza dubbio di origine Tamil. Pensa che il dialetto Negombo della lingua Tamil è parlato da forse 50.000 persone che però si identificano come Singalesi! Tutti noi siamo la convivenza di differenti storie, lingue, religioni, ma siamo tutti figli della stessa terra: noi siamo srilankesi! Hai capito?” Chiese Anuradha con un sorriso.

Saanvi, con le lacrime agli occhi, annuì, stringendo forte la candela tra le mani; poi entrambe si rivolsero verso la statua di Buddha ed ognuna recitò le sue preghiere in silenzio.

 


Oramai la stagione stava per finire.

Anuradha informò le allieve che i corsi sarebbero ripresi dopo qualche mese, con l'inizio del nuovo anno scolastico.

Aggiunse anche che in una delle accademie di danza più celebri ed esclusive di Negombo, la Bhashini Nruthya Kala Dance Academy, si sarebbe tenuto un esame di ammissione per l'anno successivo e la direttrice, amica di Anuradha, le aveva chiesto se avesse delle candidature da fare per la sua scuola.

“Io ho proposto come candidata per questo anno te, Saanvi”, disse, e tutte le allieve si voltarono a guardare la ragazza che pareva una statua di cera.

“Io?” Fu l'unica parola che riuscì a pronunciare.

Anuradha annuì: “Tra tre giorni andremo a Negombo e ti esibirai per il test di ammissione.”

La sua gioia fu incontenibile. Saltava in casa come un grillo con Komala che cercava di calmarla.

“Guarda che così ti rompi una gamba prima dell'audizione!” Le diceva mentre le andava dietro in ogni angolo della stanza.

Riuscì a farlo sapere anche a sua madre e Rani le promise che sarebbe venuta per quel giorno.

La sera precedente all'audizione Saanvi non riusciva a credere alla vista del furgone dello zio Sarvananthan parcheggiare davanti casa e veder scendere le sue cugine che non vedeva da anni, sua madre.

Lo zio si piegò su di lei come un elefante e pizzicandole il braccio bofonchiò, con il solito alito impregnato di arack: “Però terminata l'Accademia prometti che cerchi marito!”

Saanvi scoppiò a ridere: “Bappa! Non so neanche se riesco ad entrarci!”

La sera mangiarono tutti insieme e dormirono a terra, tutti pressati ma felici.

 

1934


L'Accademia era un enorme edificio elegante e dai colori sobri.

La sala interna era piena di gente, intere famiglie dei candidati arrivate da ogni angolo dello Sri Lanka. Davanti al palco una fila di sedie rosse su cui erano seduti gli insegnanti e al centro la direttrice, Miss Bhashini Thamesha Herath, una bellissima donna dal volto severo, la carnagione bianca e lunghi capelli lisci e neri in un saree rosso vermiglio.

Si esibirono diverse bambine e qualche ragazzo in diversi stili di danza, dal classico Kanadyan agli stili indiani Kathak, Kuchipudi e Bharatanatyam.

Saanvi aspettava nel retro con Anuradha e le altre candidate frementi, con le salangai tra le mani sudate per il nervoso.

Un ragazzo le fece cenno di prepararsi perché sarebbe venuto il suo turno alla fine dell'esibizione in atto.

La ragazza iniziò a tremare, quasi non sentiva più le gambe; mentre diede le salangai ad Anuradha per avere la benedizione, bisbigliò con voce vibrante: “E se mi succede come la prima volta che sono venuta a scuola? Se mi blocco? Se perdo il ritmo?”

Le lacrime le rigavano le guance scure.

Anuradha si piegò ai suoi piedi e le allacciò le salangai; poi sempre in ginocchio le asciugò le lacrime con un dito e afferrò con forza le braccia di Saanvi.

“Ascolta. Ricordi quello che ci siamo dette al tempio buddhista? Questo è il tuo momento! Lo sai perché hai scelto ciò che devi danzare, giusto? È uno tra i più difficili.”

Saanvi annuì con vigore.

“Tu danzerai Aigiri Nandini, uno degli stotram più potenti composto da Adi Sharkaracharya, in cui la danza calma la furia di Sakthi Durga dopo aver ucciso l'asura Mahishasura, il bufalo demoniaco. Questa è la tua occasione di uccidere una volta per tutte il demone che è dentro di te, la paura, ed iniziare una nuova vita. Vai, piccola mia. Danza davanti a Shiva.”

Saanvi tirò su con il naso, annuì di nuovo, si strinse forte il laccio che le legava la coda dei capelli ed entrò nel palco.

Si volse verso la statua di Naṭarāja al lato e guardò davanti a sé, nel magma di volti irriconoscibili tra i fasci di luce puntati su di lei.

Poi la musica iniziò e Saanvi iniziò a danzare.

Sicura di sé. Di ciò che era diventata.

Le mudra delle mani seguivano la musica mentre le espressioni degli occhi cambiavano a secondo della narrazione.

“Sinjitha Mohitha Bhoothapathe,e l'impatto del piede al suolo veramente produsse un suono melodioso della cavigliera, come nel verso.

“Jaya jaya hey mahishasura mardini ramyaka pardini shailasuthe”

Come un fuoco ardeva nel suo intero corpo la voce di Anuradha.

“Naditha Nataartha Nadi Nada Nayaka

Naditha Natya Sugaanarathe”

Anche Shiva è ipnotizzato dalla bellezza della danza cosmica e rimane con un piede sollevato, come Saanvi. Immobile.

Il demone era stato sconfitto.

Quando si fermò ci fu un attimo che parve durare all'infinito, mentre il sangue ancora pompava furioso nelle vene delle tempie e nel petto, con il sudore che le imperlava il viso. Poi aprì gli occhi e vide che l'intera sala era in piedi ad applaudire, riuscì a scorgere anche quel bufalo di suo zio in piedi battere le mani con vigore.

Si voltò immediatamente verso il lato del palcoscenico dove vide Anuradha con le mani giunte e la punta delle dita sulle labbra che annuiva con il capo.

Saanvi fu una delle cinque candidate su quaranta ad essere ammessa. Si sarebbe trasferita a Negombo in un piccolo alloggio pagato dall'Accademia.

 

I saluti nella scuola furono intensi e commoventi. Ormai era nata una grande amicizia tra tutte loro. Saanvi abbracciò Anuradha e la ringraziò per tutto ciò che aveva fatto per lei, promettendole che sarebbe tornata a trovarla ogni volta che poteva, in fondo erano appena trenta minuti di tuktuk.

Si avviò con Isuri verso casa; anche di lei avrebbe sentito la mancanza, e dei loro pomeriggi tra le mangrovie o a correre sulla sabbia tra le barche.

A pochi passi dall'abitazione di Komala, Isuri la guardò e tirò un lungo sospiro.

“Certo che è stato proprio un miracolo!”

Saanvi le diede una manata forte sul braccio esplodendo in una risata: “Hey! Ma che miracolo! Guarda che me la sono meritata l'ammissione! Vuoi insinuare che non ho danzato bene?”

“Macché!” Rispose stizzita Isuri mentre si massaggiava il braccio e con voce seria le disse: “Non intendevo quello. Dicevo, a pensarci bene, è stato un miracolo che Guruthumi ti abbia accettato nella sua scuola, che ti abbia preso come sua allieva, ecco...”

Saanvi scosse il capo.

“Ma che c'entra questo? Perché?”

“Ma come, non lo sai? Non te lo ha mai raccontato tua zia o Guruthumi?”

Rispose Isuri mentre ancora si accarezzava il braccio.

Saanvi la fissò dritto negli occhi: “No, detto cosa?”

Allora Isuri abbassò un poco gli occhi e con voce leggermente malinconica proseguì: “Guruthumi un tempo era sposata. Aveva anche una figlia che aveva su per giù la nostra età, mi sono dimenticata il nome. All'epoca vivevano a Colombo. Suo marito con la figlia erano alla Stazione Centrale dei bus di Pettah quando il 21 aprile del 1987 ci fu l'esplosione della bomba nella macchina da parte del LTTE: furono due delle 113 vittime. Ecco perché lei si trasferì a vivere in questo piccolo villaggio e ha aperto la scuola di danza.”

A Saanvi sembrò che l'intero Oceano Indiano stesse montando dal fondo del cuore verso i suoi occhi. Senza dire nulla si voltò ed iniziò a correre più forte che poteva. Giunse alla scuola che non c'era più nessuno; entrò correndo fino alla sala dove Anuradha stava chiudendo le finestre.

Non fece in tempo a dire nulla che Saanvi la stringeva fortissimo a sé con il viso premuto sul petto, piangendo a dirotto come se un aratro le solcasse l'anima.

“Grazie, Guruthumi. Grazie di tutto...”

Ripeteva con la voce piegata dal pianto incessante.

Allora Anuradha le accarezzò il viso con entrambe le mani e le sorrise dolcemente.

“Non ti dimenticherò mai! Mai!”

Urlò Saanvi con parte del volto premuto sul suo petto.

“Neanche io. Adesso va per la tua strada e costruisci il tuo destino: danza!”




Saanvi divenne poi una delle più celebri danzatrici Bharatanatyam dello Sri Lanka, dove aprì diverse scuole, e si esibì anche in America, Francia, India e Giappone. Si sposò, per la gioia dello zio, con un insegnante e visse a Colombo con i suoi tre figli. Anuradha insegnò finché l'età non la costrinse a ritirarsi ma non ha mai chiuso la scuola: tutti i bambini di Duwana sono stati liberi di andare a danzare in quella sala senza pagare una rupia, fino alla sua morte. Non ha mai perso uno spettacolo di Saanvi.

Isuri divenne una giornalista e ha più volte incontrato Saanvi per intervistarla e ricordare il loro passato da bambine. Con i soldi che iniziava a guadagnare Saanvi comprò una casa per la sua anziana madre Rani e un televisore nuovo di zecca per Komala.

L'Accademia di Saanvi passò alla storia con il nome “La Stella di Shiva”

Ah, dimenticavo. Il significato del nome Anuradha è proprio stella.


Thiripurasundari Yoganantham
Thiripurasundari Yoganantham

P.S.
Un ringraziamento speciale va a coloro che mi hanno aiutato a scrivere questa storia.
Prima di tutto a teacher Chanchala e a Shiromi.
Un grazie anche a Bianca, Bhagya, Asanka, Natasha e Nilani, Ruwan e sua madre.

Vi consiglio la mia versione preferita della danza “Aigiri Nandini” nella coreografia di Sayani Chakraborty:

Un grande aiuto anche dal Vlog di Nivii per comprendere la vita quotidiana a Jaffna:


*Iguru dapu è il famoso the allo zenzero srilankese.

*Il badairingu o mais essiccato veniva conservato nella dummassa, una rastrelliera di legno che veniva costruita proprio sopra il focolare o la stufa della cucina per conservarlo più a lungo. Se la quantità del prodotto era piccola, veniva legata insieme e appesa al soffitto del tetto della cucina.

*Il parippu è un piatto tipico della cucina srilankese e indiana che unisce il riso basmati al dahl, ovvero a uno stufato di lenticchie rosse, per questa ricetta cotte nel latte di cocco e con molte spezie.

*Hatti è una pentola di terracotta con un collo molto largo ma corto.

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