Mohamed Hoessein Enas, “Ammonizione”, 1959 |
Ci sono alcune immagini che hanno il potere di raccontare un'epoca, un
popolo, un momento storico.
Facile pensare alla fotografia scattata da Elliott Erwitt nel Nord Carolina
nel 1950, in cui era racchiusa in una cornice il dramma profondo della
segregazione razziale. Di immagini che raccontarono quel periodo storico ce ne
furono a centinaia, ma quella semplice fotografia scattata in un bagno pubblico
rimane un'icona insuperabile.
Elliott Erwitt, North Carolina, 1950 |
Lo stesso vale per la pittura e ogni forma di arte che lavora con l'immagine. Per questo motivo mi piace cercare non solo nei libri di fotografia qualcosa che possa raccontarmi un popolo o la sua cultura. Specialmente per i paesi che amo di più.
Della Malesia ho scritto in abbondanza su queste pagine e nel mio libro; però rimangono sempre delle zone in ombra, non dette. Mi piace tornare a parlarne.
Questa volta è di un quadro che vi voglio parlare.
Comprai questo piccolo libro sull'arte tradizionale malese. Assieme alla fotografia, la passione per le foto d'epoca e la pittura vanno di pari passo. Qualsiasi cosa possa educare i miei occhi mi provoca piacere.
È tra quelle pagine che vidi questo quadro, intitolato “L'Ammonimento”, dipinto nel 1959. Curioso poi che l'artista neanche fosse malese per nascita bensì lo divenne poi.
Mohamed Hoessein Enas è considerato tra le prime generazioni di artisti
malesi. Nato nel 1924 a Bogor a Giava, fuggì dall'occupazione olandese, nel
1947, prima a Singapore dove lavorò come guidatore di rickshaw per poi arrivare a
Penang ed infine a Selangor.
Fu il fondatore del Majlis Kesenian Melayu che alla fine divenne
l'Angkatan Pelukis Semenanjung, dedita alla produzione di opere d'arte della
tradizione malese, ed ottenne la cittadinanza nel 1956.
Il Sultano di Selangor lo proclamò Ritrattista Reale nel 1990; nel 1991
fu insignito del titolo “Dato” e nel 1996 morì.
È ancora celebrato oggi per i suoi splendidi ritratti, in stile
europeo, soprattutto quelli dei reali.
Mohamed Hoessein Enas |
Questa scena mi ha colpito fin dal primo sguardo.
Penso racconta molto bene parte della cultura non solo malese.
In realtà non è descritta in nessun modo ma è facile capirne il senso.
Una giovane ragazza seduta “bersimpuh” (come si dice in lingua malese),
con indosso il kain batik e kebaya sopra, mentre l'uomo veste in classico stile
malese da kampung, da villaggio, con sarong (kain pelekat) e baju Melayu con in
testa il Songkok nero, seduto “bersila”.
Davanti a loro una lettera. Lei ha lo sguardo di lato, imbarazzato e
triste, lui ha lo sguardo severo.
Di certo quella è una “surat cinta”, una lettera d'amore (proibito) e
il padre dopo averla trovata sta ammonendo la figlia.
La ragazza sembra giovane, di certo non è ancora sposata, magari è
promessa a qualcuno scelto dalla famiglia ma ha un fidanzato segreto.
Questo è un tema classico, che è – per esempio – la trama di un vecchio
film in bianco e nero del 1960, “Antara dua darjat” (Tra due classi), diretto e
interpretato dal celebre P. Ramlee, che racconta proprio il difficile amore tra
una ragazza di famiglia ricca e il fidanzato di origini povere, ostacolato
dall'odio del padre di lei. Anche là c'è il ritrovamento della lettera d'amore.
Ma anche in Indonesia questo momento è nella trama del famoso romanzo
classico “Sitti Nurbaya”, scritto da Marah Rusli, nel 1922, in cui è raccontato
l'amore impossibile di due adolescenti sotto il colonialismo olandese. L'amore
tra Sitti e Samsul ostacolato dalle famiglie che finirà in tragedia, con la
morte della ragazza offerta in matrimonio ad un ricco olandese per pagare i
debiti del padre; romanzo che è stato accostato a “Romeo e Giulietta”.
“P. Ramlee”. Mohamed Hoessein Enas |
Ho amato da subito questo dipinto, come altri che raccontano la cultura
e la tradizione della Malesia. Quella dei tempi andati, lo “zaman dulu” come si
dice in lingua.
Non che sia scomparsa del tutto questa atmosfera che si respira nel
dipinto, ma adesso magari è un messaggio letto sul telefono invece di una
lettera.
Mia madre mi ha raccontato che quando lei era ancora tredicenne, nel
piccolo paese della Sardegna, capitava che la madre trovasse delle letterine o
dei bigliettini per lei e li bruciasse arrabbiata.
Mia madre la implorava almeno di dirle chi le avesse scritte, non
voleva leggerle ma almeno sapere a chi piaceva. Niente.
Non è certo una questione legata alla religione.
Perlomeno non è una prerogativa islamica per cui solamente dopo il
matrimonio ci può essere intimità, e – in certi contesti – il fidanzato deve
essere accettato, se non proprio imposto, dalla famiglia.
Accadeva anche nell'Italia del dopoguerra.
Mohamed Hoessein Enas si ispira al realismo di scuola europea, però è
nei dettagli che ha il suo fascino, nella fronte aggrottata del padre, nella
mani di lei che si torcono nervose, con lo sguardo che fugge di lato.
Sembra quasi di immaginare la madre che ascolta in silenzio, dietro la
porta della cucina, senza nessuna possibilità di intervenire. Questo è un
obbligo del padre – ammonire.
Non è un capolavoro o un'icona dell'arte asiatica, lo so bene, ma ha un
suo fascino particolare. Proprio nei dettagli e in come riesce a suggerire
anche ciò che non si vede. Sembra di sentire il verso dei polli fuori la casa
in legno, l'odore acre della sigarette senza filtro del padre, la madre che
cammina nervosa in cucina, con i capelli raccolti e il kain batik, le risate
dei bambini che corrono giocando davanti casa.
L'impossibilità della ragazza di giustificarsi, con le parole che
muoiono in gola.
Chissà quante donne, ormai adulte o anziane, avranno un lungo sospiro guardando questo dipinto. Senza sapere che, lontano miglia e miglia, anche mia madre, giovane bambina in piccolo paese della Sardegna, pativa le stesse pene.
Con abiti diversi, in case differenti.
Ma con lo stesso disegno dei sentimenti.
Questo è un dipinto che ci racconta non solo delle lontane terre della
Malesia o dell'Indonesia.
Ci racconta di un tempo che fu anche il nostro.
Così vicino, così lontano, disse qualcuno...
Mohamed Hoessein Enas |
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