La Belva Addormentata



 

Alda Merini è stata una delle più grandi poetesse italiane.

Morta nel 2009, fu candidata al Premio Nobel nel 2001.

Ha pubblicato molte collezioni di poesie, ma sono anche molto belli i suoi aforismi, pubblicati da Rizzoli nel 1999 con il titolo “Aforismi e Magie”.

Intelligenza acuta e spesso cinica, senza filtri, come chi ha vissuto per anni l'esperienza della pazzia e degli istituti psichiatrici, in cui è stata rinchiusa per 12 anni.



Ce ne sono molto notevoli. Poi gli aforismi, più delle poesie, possono essere scelti e gustati in ogni momento: sono come brevi respiri.

Uno di quelli che mi piace di più è questo:

“Prima di parlare
con gli altri
addormenta
la tua belva
segreta.”

È sempre incredibile stupirsi di come certi versi, come alcune canzoni, ed ogni forma di arte in generale, a volte sembrino essere state concepite apposta per noi.

Frecce scagliate nella carne delle nostre anime; anche se questa è solo un'illusione di innocuo egocentrismo.

Non so se ognuno di noi ha la sua belva segreta. È impossibile sapere ciò che si cela nel profondo dei nostri cuori; si può giusto ipotizzare che non esistano anime senza zone d'ombra – almeno io credo così.


La Belva fu il titolo di uno dei primissimi lavori teatrali che scrissi quando ancora frequentavo la scuola superiore.

Nulla è mai uscito da quei cassetti, anche se in molti hanno letto ciò che famelicamente scrivevo quando ero adolescente.

Come ho già scritto, per me la scrittura, come il disegno a penna, sono stati sempre delle forme di eruzione, di graffi a raschiare il fondo della mia oscurità.

Con la Fotografia ho raggiunto la via perfetta, perché nulla più della luce può illuminare la notte.

E questo è: un'incisione di bisturi fatto di luce sul fondo oscuro della superficie (o della caverna) della macchina fotografica.

Anche se, come scrive Joan Fontcubertanel suo saggio “Il bacio di Giuda – Fotografia e verità” (Mimesis, 2022), la fotografia mente sempre, è una continua menzogna mascherata da verità, dal momento stesso in cui puntiamo il nostro occhio nel mirino.

La mia ossessiva ricerca del colore, del sentimento, alla fine possono essere il risvolto della mia oscurità.

Come scrive ancora magnificamente Alda Merini:

 “Sei una luce così intensa
che sei diventata ombra.”

Pertanto è cosa buona imparare ad addormentare la nostra belva segreta quando non siè da soli.

Ma anche nella nostra solitudine, perché è in quei momenti che diventa ancora più feroce e fa male.



Un giorno riuscirò a scrivere a proposito di Antoine D'Agata.

Il fotografo che ha fatto della sua oscurità la sua opera d'arte.

Anche se occorre molta precauzione ed ancora non mi sento pronto.

Perché, come scriveva Nietzsche: “Se guardi a lungo dentro un abisso, anche l'abisso inizierà a guardare dentro di te”.

 

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