Il rito del Baby Shower


Om Hindu Mondir. Torpignattara. Roma, 6 aprile 2022


Recentemente ho avuto la fortuna di assistere ad un rituale induista per me totalmente nuovo, chiamato in bangla Shaadh bhakhan e dedicato alla donna in gravidanza. Mi è stato detto che non è facile da vedere perché solitamente si festeggia in casa con la famiglia e gli amici più cari. Questa volta la coppia di sposi ha deciso di celebrarlo al tempio.

Shaadh si può tradurre con “desiderio” ed ha lo stesso significato rituale del “baby shower” che si trova in diverse culture e parti del mondo, con cui si celebra il parto o la nascita di un figlio che verrà a breve, di solito durante il settimo mese di gravidanza: la “doccia” non è altro che la quantità di doni con cui la futura mamma è “indondata” dai partecipanti alla festa.

Solitamente il “baby shower” è riservato solo al primo figlio ed è un rituale esclusivamente per donne, anche se poi è cambiato nel tempo.

Ve ne sono tracce addirittura fin dagli antichi egizi e greci, anche se allora il rituale aveva luogo dopo il parto e comportava la separazione della madre dal bambino per un preciso periodo, come a “purificare dal parto”, e poi doveva trascorrere un lasso di tempo di dieci giorni prima che la neo mamma potesse tornare alla società. Mia madre mi ha detto che questo accadeva anche in Sardegna ai tempi dei suoi nonni, ed è ancora attuale in Iran.

Il moderno baby shower in America iniziò alla fine degli anni Quaranta e Cinquanta, quando le donne del dopoguerra vivevano l'esplosione demografica grazie alle migliori condizioni di vita economiche e il baby shower diventava un modo per aiutare la madre con beni materiali, come era il corredo per le donne che si sposavano.

È incredibile come ogni paese e cultura lo celebri a suo modo.



Ma rimaniamo nell'area del sub-continente indiano.

In India, sin dall'età vedica si eseguiva un rituale di gravidanza chiamato seemantha, che si teneva nel 6° o 8° mese. La futura mamma veniva inondata di frutta secca, dolci e altri doni propiziatori alla buona crescita del bambino. Ad esso si accompagnava una musica per compiacere l'udito del bambino fin dall'interno dell'utero.

Poi il rituale ha assunto diversi nomi a seconda della regione in cui viene praticato: godh bharai (ventre pieno) nell'India settentrionale, Seemandham tra i malayali o Valaikappu tra i tamil e Shrimant tra i gujarati. Nel Karnataka costiero, specialmente a Tulunadu (regione di lingua Tulu), la cerimonia è anche conosciuta come “baayake” ('ಬಾಯಕೆ'). Baayake in Tulu significa desiderio: poiché le donne incinte bramano frutta e cibi commestibili durante il periodo di gravidanza questa cerimonia è nata fin dai tempi antichi per soddisfare il desiderio di cibo della futura madre.

Come si vede ogni regione declina il rituale in modo differente anche se il fine rimane lo stesso, ovvero lusingare l'aspirante madre con i suoi piatti preferiti, benedetta e ricoperta di doni dai suoi amici e parenti: la si fa sentire speciale giunta al termine del viaggio che la renderà presto madre.

Nel Bengala occidentale, la festa è chiamata appunto “sadh” (সাধ) o “sadhbhokkhon” (সাধভক্ষণ) al settimo mese di gravidanza. Dopo questo, la donna risiede nella casa del padre invece che in quella del marito fino alla nascita.






  

Chinmoy and Puja
Chinmoy e Puja


Io ho assistito al sadhbhokkhon di Puja, la giovane moglie del mio amico Chinmoy Ghosh, alla sua prima gravidanza.

La cerimonia è stata officiata dal brahmino nell'Om Hindu Mondir a Torpignattara.

Prima il brahmino ha benedetto il marito e il suo anello d'oro, dono dei genitori di lei proprio per questa cerimonia.

Poi ha benedetto con le preghiere la coppia mentre il marito teneva premuto sulla pancia di Puja l'anello d'oro, che è il metallo dal più alto valore.

Terminata la parte in comune Chinmoy ha lasciato il posto a Puja e alle donne per il cuore del rito: Puja ha dovuto bere in una ciotola il latte con una banana, perché il latte nell'induismo è simbolo di purificazione, per sé stessa e il bambino dentro di lei. Allora le donne – sette, perché devono essere sempre in numero dispari – si sono raccolte intorno alla futura madre e le hanno prima consegnato della frutta intera che lei ha messo in un tessuto e dato loro indietro, le quali dopo essersi passato l'involto una ad una lo hanno ridato a Puja che lo ha stretto a sé. Il significato di questo atto sta nella frutta che viene data intera, non tagliata, a simboleggiare il bambino che nascerà sano, senza nessuna menomazione fisica.

Infine le donne le hanno offerto il piatto con il cibo da mangiare, sempre in contatto una con l'altra, e si sono sedute con lei per mangiare tutte insieme.


















Qualche giorno dopo sono stato invitato per lo stesso tipo di festeggiamento baby shower a casa della coppia, ma questa volta come semplice festa privata, più laica, come puro momento di gioia tra le amiche più care.

 

Quello che è mi ha colpito in questo rituale è il suo mutamento di significato nel tempo. Parliamo di centinaia di anni fa, quando la mortalità delle donne incinte era molto più alta, alla futura mamma le veniva esaudito ogni desiderio, proprio perché i suoi genitori temevano che non sarebbe sopravvissuta la parto. Ai tempi d'oggi non esiste più questo rischio e Shaadh è un momento di gioia che ogni donna in gravidanza attende con entusiasmo.

Rimane quel legame antico, nella mia mente, tra vita e morte che mi affascina, anche se ormai ha perso – per fortuna – quel significato.



Torpignattara. Roma,  8 aprile 2022

Continuerò a raccontarvi questi rituali e la vita dei migranti, con il loro bagaglio di tradizioni antiche trapiantate nelle strade di Roma.


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