Il Poeta di Strada


“Chi smette di sognare è destinato a morire”
(Ismail Aliosci)



Dopo le storie eccezionali di donne che hanno provato a cambiare la società in cui vivevano, come vi ho raccontato negli ultimi articoli, voglio questa volta tornare con i piedi per terra, anzi su di un marciapiede, per raccontarvi una storia semplicissima.

La storia di un poeta di strada.

Non un poeta di sublimi versi o vincitore di premi, ma un poeta veramente semplice nell'essenza pura del termine. E i marciapiedi sono quelli di Roma.




È una storia che ho letto nel fondo di un giornale tra la cronaca di Roma.

Quelle notizie di poche righe sopra le pubblicità di automobili o biscotti.

Lui si chiama Ismail Aliosci, ha 68 anni e viene dalla Macedonia.

Ismail aveva due grandi amori nella sua vita, la poesia, e sua moglie.

Nato a Plasnitsa, un comune nell'ovest della Repubblica di Macedonia, Ismail ha sempre scritto poesie a scuola, fino a che ha dovuto abbandonare entrambe a 16 anni per fare l'operaio.

In Macedonia aveva il suo lavoro, l'amata moglie e due figli adolescenti.

Ma nel 1993 è stato costretto a venire in Italia per lavorare e mantenere la sua famiglia, perché nel suo paese non c'era più lavoro.



Poi 21 anni fa l'amata moglie si ammala e muore.

Erano le 8 del 29 dicembre e lei aveva 41 anni.

Nel 2004 viene anche licenziato dall'azienda in cui lavorava a Milano.

Poi muore suo fratello e i suoi genitori.

I colpi della vita sono troppi e troppo duri.

Inizia una lenta discesa negli inferi del dolore e della depressione.

Fino ad abbandonare tutto ed iniziare a vivere per strada.

La sua zona è quella di Piazza della Repubblica, in cui è anche seguito da una struttura di aiuto.

Prima condivideva il giaciglio in terra con un amico che poi si è trasferito a vivere in una località di mare vicino Roma.

Ismail è rimasto da solo e si prende cura di quella parte di strada spazzando e pulendola dai rifiuti.

I figli non li ha mai più sentiti.




Fin qui potrebbe essere una storia come tante, perché Roma è piena – purtroppo – di storie di vita spezzata come quella di Ismail.

Però lui non è completamente solo. Gli è rimasta una delle passioni che aveva fin da ragazzo: la poesia.

E quale migliore modo di ricordare l'amata moglie scomparsa se non quello di dedicarle una poesia ogni giorno.

Non lunghi poemi ma appena poche righe, anche un solo verso, che poi lui regala ai passanti per qualche centesimo o anche solo un sorriso in cambio.

“Vorrei essere un sogno per stare con te la notte”

“L'amore è vita, io voglio vivere di te”




Poi accade anche che un passante che capita spesso da quelle parti inizi ad affezionarsi a questo omino che si ripara dal caldo e dalla pioggia con un ombrello piccolo. Lo aiuta a pubblicare un libro di poesie: cento copie stampate e vendute.

Lui non abbandona mai il suo quadernino in cui scrive versi ogni giorno e li offre alla gente che spesso neanche lo degna di uno sguardo.

Questa storia è un piccolo assolo di romanticismo e resistenza.

L'idea che la poesia possa essere una roccia che affiora e a cui aggrapparsi per resistere ai gorghi del mare in tempesta della vita è veramente toccante.



Scriveva Gibran: “L'amore che non sgorga incessante, è sempre un amore che sta per morire.”

Tutto ciò che più amava Ismail è morto ma, invece di rassegnarsi alla perdita, ha saputo rialzarsi a suo modo, proprio nel ricordo dell'amore scritto per essere donato in cambio di un sorriso da uno sconosciuto.

Credo che questa storia vada raccontata perché potrebbe insegnarci qualcosa. Ognuno di noi poi tragga le sue conclusioni.



Poesia e Dignità.


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