“L'attività artistica è divenuto il cuore pulsante della mia vita,
sono lieta di contribuire a diffondere nel mondo
i bellissimi suoni della Corea per farne condividere le emozioni.”
(Kim Jung Min)
“Heungboga, Il Suono della Corea”. Teatro Torlonia. Roma, 7 dicembre, 2021 |
“Heungboga, chiamato anche Baktaryeong, è una delle cinque
storie del Pansori, un genere di narrazione musicale coreana che deriva
dall'unione di pan, cioè “un posto dove molte persone si riuniscono”, e sori,
ovvero “suono”, ed è generalmente eseguito da una sorikkun, una
cantante, ed un gosu, un batterista che utilizza il tamburo buk.
È un repertorio musicale con caratteristiche fiabesche commiste a brevi
narrazioni.
Il migliore Maestro esecutore – Myeongchang – è considerato
colui che esprime l'aniri, cadenza con abbellimenti misti, unitamente a neureumsae,
uno straordinario connubio di espressione e gesti.”
Così è scritto nel libretto di accompagnamento all'opera “Heungboga
– Il Suono della Corea”, che ha avuto luogo a Roma, nello splendido teatro
di Villa Torlonia, organizzato da Spazio D, ed eseguito dalla cantante Kim Jung
Min e dal suonatore di buk Kwangsu Choi.
Per me è stata la prima volta in cui ho assistito ad un recital
tradizionale coreano, e devo ammettere che, pur non capendo una sola parola e
non potendo leggere la storia che scorreva sullo schermo, sono rimasto
ipnotizzato dalla cantante – anche se chiamarla solamente “cantante” è molto
riduttivo. La sua presenza scenica è incredibile e la tenuta del fiato e del
ritmo con la voce, a cui si aggiungeva lo schiocco dell'apertura del ventaglio
a tempo, veramente impressionante. Considerando una breve pausa tra i due atti,
di quindici minuti, Kim ha tenuto incantato il teatro per ben due ore e mezzo,
solo con la voce, i movimenti del corpo e le espressioni del viso, abitando il
palco in ogni suo centimetro.
Del resto Kim Jung Min è appunto il Migliore Maestro esecutore, come
dice il suo titolo, e lei esegue il patrimonio culturale immateriale nazionale
Pansori da ben quarant'anni, iniziando da bambina, allieva del compianto
maestro Park Song-hee.
Laureatasi in Pansori presso il Dipartimento di musica coreana della
Daejong-Ang University ha ricoperto anche ruoli di attrice. È dal 2013 che
esegue spettacoli completi di Pansori, il che le è valso nel 2019 il premio
“Korea Grand Prize Award”, rivolto a coloro che si impegnano della diffusione
del patrimonio culturale coreano.
Si ritiene che il Pansori debba la sua origine alle muga, le
canzoni dello sciamanesimo coreano. Anche il pannorum, l'intrattenimento
pubblico non rituale, ha fortemente influenzato il Pansori, che infatti è
considerato un tipo di pannorum.
Il Pansori nacque nel diciassettesimo secolo, durante la dinastia
Joseon (1392-1897). Le forme più mature di pansori emersero solo più tardi, nel
diciottesimo secolo, ma è il diciannovesimo secolo ad essere considerato l'età
dell'oro del Pansori, con un aumento di popolarità e un avanzamento nella
tecnica. Durante la prima metà del diciannovesimo secolo, vennero utilizzate
principalmente melodie e tecniche vocali che attirassero l'attenzione delle
classi più abbienti. Comunque, la musica folk fu usata per ampliare il
vocabolario musicale. Uno sviluppo importante del Pansori è dovuto a Shin
Jae-hyo (1812-1884): egli reinterpretò e redasse canzoni adatte alle classi
superiori, e istruì le prime cantanti importanti. Nella seconda metà del 1800,
si ebbero nuovi progressi sotto forma di nuove variazioni e versioni.
Le compagnie di danza Pansori, popolari verso la metà del ventesimo
secolo, vennero dimenticate con l'arrivo degli anni Sessanta. A causa del calo
di popolarità e alla modernizzazione della Corea del Sud, il Pansori fu dichiarato
Proprietà Culturale Nazionale Intangibile nel 1964, ciò contribuì a renderlo di
nuovo famoso, sia accademicamente che praticamente, e a fargli guadagnare un
riconoscimento del suo valore culturale e il sostegno delle istituzioni: il 7
novembre 2003 venne dichiarato patrimonio orale e immateriale dell'umanità.
Voglio ricordare Jin Chae-seon (Gochang, 1842 o 1847), considerata la
prima donna ad essersi esibita nel Pansori, in un'epoca in cui solo agli uomini
era permesso salire su un palco, contribuendo alla comparsa di molte altre
artiste femminili. Nata in un villaggio di pescatori da madre sciamanna e padre
intrattenitore locale, rimane una figura leggendaria sulla cui fine non si sa
nulla: secondo alcune voci mai confermate, si sarebbe fatta monaca in un
piccolo tempio buddista a Gimje, morendo in solitudine.
L'Opera è divisa in due parti, ognuna di nove racconti.
Riguardo alla storia raccontata riporto in breve parte del testo – che
trovate nel link alla fine – scritto da Claudio Elli:
“La storia riguarda due fratelli, Heungbo e Nolbo. Heungbo, che è
povero ma ha un buon cuore, cura la zampa rotta di una rondine, la quale
restituisce la gentilezza di Heungbo portandogli un seme di zucca. Il seme
viene interrato e nasce un nuovo frutto ricco di tesori. A questo punto il
fratello maggiore Nolbo, facoltoso quanto avido e malizioso, venuto a
conoscenza dell’accaduto spezza deliberatamente una zampa di rondine per
curarla a sua volta. Il volatile porta anche a lui un seme di zucca, ma il
frutto che ne nasce è abitato da paurosi mostri.”
Lo spettacolo si è concluso con uno scroscio di applausi, con i due
artisti chiamati più volte sul palco per gli onori e la fotografia finale con
l'Ambasciatore della Corea Mr. Hee-seog Kwon.
Ovviamente non è facile la fotografia di scena, anche se rimane tra le
mie preferite, soprattutto per il canto poiché la voce non può essere
“mostrata”, pertanto nelle immagini quella voce diventa il corpo, l'espressione
del volto, i gesti. Spero che sia riuscito a catturare l'incanto di questo
spettacolo.
Ultima nota va alla squisita cortesia degli organizzatori per la
disponibilità e per avermi lasciato totale libertà di movimento per le
fotografie.
Un grazie speciale a Davide.
Selfie con gli artisti prima di andare in scena. |
Per godere dell'abilità vocale di Kim Jung Min:
HEUNGBOGA. L’INCANTO DELLA TRADIZIONE
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