Evelyn De Morgan. “Medea”. Olio su tela, 1889 |
Che il mondo della pittura sia da sempre a prevalenza maschile è, purtroppo,
un dato di fatto, ma questo vale anche per la letteratura o la fotografia. Le
donne che hanno lasciato il loro nome nella storia dell'arte non sono molte,
anche se alcune di loro sono celebri a livello mondiale, alcuni nomi su tutte
Artemisia Gentilieschi, Tamara De Lempicka e Frida Kahlo.
Per onore e rispetto vanno però ricordate anche Sofonisba Anguissola,
la prima ritrattista della storia vissuta a cavallo tra Cinquecento e Seicento,
Lavinia Fontana, vissuta nello stesso periodo, Berthe Morisot, rara voce
femminile tra gli impressionisti insieme all'austriaca Tina Blau.
Altre donne hanno brillato nei secoli ma la cui arte è conosciuta solo
dagli esperti.
Io qui voglio parlare di un'altra pittrice, poco nota, ma che amo particolarmente
perché fa parte di uno degli stili che preferisco: i Preraffaelliti.
Passione nata ai tempi della scuola superiore, grazie alle ore di
Storia dell'Arte. Aver frequentato l'istituto di Grafica Pubblicitaria, se da
una parte non mi ha dato modo di studiare le lingue classiche e la filosofia,
dall'altra mi ha fatto conoscere e apprezzare la Storia dell'Arte e la
Psicologia, materie tra le mia preferite insieme alla Letteratura.
Nominare i Preraffaelliti, per tutti coloro che amano Shakespeare,
significa l'apparizione davanti agli
occhi di Ofelia tra le acque, il dipinto simbolo di tutto il movimento, dipinto
da John Everett Millais nel 1851, e divenuto icona e copertina di quasi tutti
gli “Amleto” pubblicati nel mondo.
Il movimento Preraffaellita fu fondato nel 1848 come società segreta
che rifiutava gli ideali classici e i dettami artistici dominanti dell'epoca
con un approccio più che altro spirituale e naturalistico.
Fondata all'inizio da Millais, William H. Hunt e Dante Gabriele
Rossetti, il gruppo divenne poi una confraternita di poeti, critici e pittori,
i quali vedevano in Raffaello l'emblema dell'arte classica e leziosa che loro
ripudiavano, ispirandosi più a tutto ciò che venne prima di lui, da qui il nome
Preraffaellita.
Soprattutto il medioevo e l'arte del Quattrocento, con i suoi colori
vividi, l'interesse per temi come la morte, la spiritualità, la natura, l'amore
che anticiperanno il Simbolismo e altri movimenti attigui.
Tra questi giovani ventenni ribelli che odiavano e combattevano con
l'arte le imposizioni convenzionali della Royal Academy c'era anche Evelyn De
Morgan, una delle artiste – insieme con Kate Bunce, Eleanor Fortescue-Brickdale
e Marie Spartali Stillman – attratte dallo stile preraffaellita.
Evelyn De Morgan |
Nata il 30 agosto 1855 a Londra da genitori dell'alta borghesia, fu
educata in casa e iniziò a ricevere lezioni di pittura all'età di 15 anni. La
mattina del suo diciassettesimo compleanno, annotò sul diario: “L'arte è
eterna, ma la vita è breve. Ora vi porrò rimedio, non ho un momento da
perdere”.
Fu lei a chiedere ai suoi genitori di essere iscritta in una scuola
d'arte e alla fine acconsentirono iscrivendola, nel 1873, alla Slade School of
Fine Art, ma fu suo zio John Roddam Spencer Stanhope, pittore preraffaellita,
che la ispirò maggiormente, durante le visite nella sua villa fiorentina, dove
ebbe modo anche di studiare dal vivo gli artisti rinascimentali, Botticelli su
tutti.
Ciò la portò ad abbandonare lo stile classico della Scuola per
elaborare un suo proprio stile, di forte impronta spiritista, soprattutto dopo
il matrimonio nel 1887 con il ceramista e novellista William De Morgan,
collaboratore di William Morris e figlio di Sophia E. De Morgan scrittrice di
“From Matter to Spirit” (1863).
Entrambi praticarono insieme la scrittura automatica ogni notte per
molti anni del loro matrimonio, comunicando con gli spiriti.
Evelyn fu fin dalla giovinezza ribelle, firmò la Dichiarazione a favore
del suffragio femminile nel 1889 e fortemente avversa alla suo debutto
ufficiale nella società come volevano i genitori, a cui rispose un giorno:
“Nessuno mi trascinerà fuori con una cavezza al collo per vendermi!”
Ma fu dopo il matrimonio che il suo stile divenne più profondo e
simbolico.
Temi come la morte, la luce e l'ombra, le passioni umane, presero forma
nei suoi soggetti sempre femminili.
Angeli, donne mitologiche, protagoniste di tragedie greche o allegoriche, che riflettevano diversi temi spirituali come il progresso dello spirito, il materialismo della vita sulla terra e l'imprigionamento dell'anima nel corpo terreno.
Evelyn De Morgan. “Helen of Troy”. Oil on canvas, 1898 |
Tra i miei preferiti c'è “Medea”, del 1889.
Uno dei personaggi più celebri e controversi della mitologia greca. Il
suo nome in greco significa “astuzie, scaltrezze”, infatti la tradizione la
descrive come una maga dotata di poteri addirittura divini, celebrata da
Euripide e Ovidio. Innamorata follemente di Giasone, ucciderà avvelenandola – o
bruciandola con una veste magica – la povera Glauce, figlia del re Creonte che
l'aveva promessa in sposa a Giasone.
Nel dipinto della De Morgan Medea cammina nelle sale lussuose con una
lunga veste rossa, simbolo di regalità ma anche della gelosia e del tradimento
di Giasone. In mano la boccetta con il veleno, sul pavimento le rose rosse
simbolo dell'amore e del sangue che verrà sparso.
L'amore ferito la rendono triste negli occhi perché ha destato in lei
la crudeltà che aveva soffocato.
Non a caso il dipinto fu esposto alla New Gallery nel 1890 con una
citazione del poema di William Morris:
“Giorno dopo giorno
lei vide dissolversi la felicità
e come precipitò fuori da quei momenti felici
cominciò a ritornare l'artefice
di cose terribili che un tempo era stata.”
Rimane intrigante la passione dell'artista per lo spiritismo e la
comunicazione con gli spiriti. Nell'arte ha cercato quel varco verso una realtà
capace di liberare il corpo e i sentimenti, anche quelli più oscuri e
terribili.
Laddove gli uomini cercavano di rifondare la pittura con la loro
spavalderia e numerosi, Evelyn raggiungeva apici di pittura sublime, in
solitudine con il marito, trascinando sulla tela le passioni dello spirito, con
un piede nel mondo dei morti.
Credo valga la pena conoscere il suo lavoro e la sua personalità.
Evelyn De Morgan morì il 2 maggio 1919 a Londra, due anni dopo la morte del marito, e fu sepolta nel cimitero di Brookwood, vicino a Woking, nel Surrey. La loro lapide reca un'iscrizione da “The Result of an Experiment”, scritto insieme al marito:
“Il dolore è solo della carne / La vita dello spirito è gioia.”
Evelyn De Morgan. “La Prigione dell'Anima”. Olio su tela, 1888 |
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