Dalda 13, la prima fotogiornalista in India


Homai Vyarawalla ©Sam Panthaky /AFP via Getty Images
Homai Vyarawalla ©Sam Panthaky /AFP via Getty Images

È pieno di storie interessanti sparpagliate per il mondo. Ci sono persone che godono di grande fama ma sono sconosciute ai più. E a volte le loro vite sono avvincenti.

 

Vi voglio raccontare la storia di “Dalda 13”. Rimaniamo in India e nel mondo femminile.

Dopo aver conosciuto coloro che lottarono per l'istruzione e la parità di diritti nel grande continente indiano, torniamo nell'alveo tematico per cui è nato questo Blog, ovvero la Fotografia.

Mi ha molto colpito leggere la vita di Homai Vyarawalla, per questo motivo voglio farvela conoscere: una pioniera non solo in quanto fu la prima fotoreporter donna dell'India, ma nella sua carriera documentò il rovesciamento del dominio coloniale britannico.

E che fu capace di volgere a proprio vantaggio quello che sembrava essere una debolezza: ovvero essere una donna con una macchina fotografica in mano.

“Non avevo la minima idea che sarei diventata una fotografa.
Volevo fare il medico, ma quella è stata l'unica volta nella mia vita in cui mia madre si è rifiutata di farmi fare qualcosa.
Aveva visto i dottori nei turni notturni e non mi voleva in una professione del genere. Non si rendeva conto che la fotografia per la stampa sarebbe stata molto peggio!”
(Homai Vyarawalla)



Homai Vyarawalla nacque il 9 dicembre 1913 nello stato indiano occidentale del Gujarat. La sua famiglia apparteneva alla piccola ma influente comunità Parsi dell'India.

Trascorse gran parte della sua infanzia in movimento perché suo padre era un attore in un gruppo teatrale itinerante, finché la sua famiglia si trasferì presto a Mumbai (poi Bombay), dove frequentò la JJ School of Art.

Homai proveniva da una famiglia Parsi della classe media, quindi l'istruzione fu per lei una priorità. C'erano solo sei o sette ragazze nella sua classe, e fu l'unica delle 36 allieve a finire la sua immatricolazione.

Dossabhai e Soonabhai Hathiram, i genitori di Homai, non erano ben istruiti ma desiderarono che la loro figlia approfondisse lo studio dell'inglese e la iscrissero alla Grant Road High School di Tardeo. I tentativi di educazione di Homai incontrarono una varietà di ostacoli, sia sociali che di altro tipo: Homai cambiava spesso casa e percorreva lunghe miglia per andare a scuola a causa della scarsa situazione finanziaria della sua famiglia; inoltre, come tutte le altre ragazze del suo villaggio, ha dovuto sopportare lo stigma durante i suoi periodi mestruali, vivendo in isolamento per tutta la loro durata, impedendole di frequentare la scuola come fosse un tempio da non rendere impuro.

Dopo la sua immatricolazione, Homai ha continuato la sua formazione al St. Xavier's College, conseguendo una laurea in Economia.

Fu al college che incontrò Manekshaw Vyarawalla, un fotografo freelance, che avrebbe poi sposato, introducendola alla fotografia.

 


©Homai Vyarawalla



Vyarawalla iniziò la sua carriera negli anni '30. All'inizio della seconda guerra mondiale, ebbe i primi incarichi per la rivista “The Illustrated Weekly of India” con sede a Mumbai, nella quale pubblicò molte delle sue immagini in bianco e nero più ammirate, anche se nei primi anni della sua carriera, poiché Vyarawalla era sconosciuta ed era una donna, le sue fotografie furono pubblicate a nome del marito.

Vyarawalla affermò che proprio poiché le donne non venivano prese sul serio come giornaliste, fu in grado di scattare fotografie di alta qualità, senza che i soggetti delle foto la degnassero di particolare attenzione:

 

“La gente era piuttosto ortodossa. Non volevano che le donne si muovessero dappertutto e quando mi hanno visto in un sari con la macchina fotografica, in giro, hanno pensato che fosse uno spettacolo molto strano. All'inizio pensavano che stessi solo scherzando con la telecamera, solo per mettermi in mostra o qualcosa del genere e non mi prendevano sul serio. Ma questo è tornato a mio vantaggio perché potevo andare nelle zone sensibili anche per fare foto e nessuno mi fremeva. Così ho potuto scattare le foto migliori e pubblicarle. È stato solo quando le foto sono state pubblicate che le persone si sono rese conto di quanto seriamente stavo lavorando per quel posto.”

 

Come sfruttare a proprio vantaggio quello che sembrava essere un ostacolo od un'umiliazione. Una bella lezione.



Finalmente il suo lavoro iniziò a farsi notare a livello nazionale, in particolare dopo essersi trasferita a Delhi nel 1942 per entrare a far parte dei British Information Services. Come fotografa per la stampa, ha ritratto molti leader politici e nazionali nel periodo che ha portato all'indipendenza, tra cui Mohandas Gandhi, Jawaharlal Nehru, Muhammad Ali Jinnah, Indira Gandhi e la famiglia Nehru-Gandhi.

La sua istruzione presso la Sir JJ School of the Arts di Mumbai, così come le immagini moderniste che vedeva nei numeri di seconda mano della rivista LIFE, influenzarono il suo senso grafico. Queste ispirazioni possono essere viste nei suoi primi ritratti della vita urbana comune e delle giovani donne moderne a Mumbai, ma poiché Vyarawalla era sconosciuta ed era una donna, questi furono pubblicati per la prima volta su “Illustrated Weekly” e “Bombay Chronicle” sotto il nome del marito Maneckshaw, o sotto lo pseudonimo “Dalda 13”, il quale veniva dal suo anno di nascita, il 1913, all'età di 13 anni in cui conobbe suo marito e dalla targa della sua prima auto recitava “DLD 13”.

 

©Homai Vyarawalla

Nonostante il suo successo in patria e la lunga galleria di leaders indiani ritratti da Homai, rimase sempre in secondo piano rispetto ai fotografi occidentali, come sottolineò Sabeena Gadihoke, la curatrice delle sue mostre fotografiche: “Era l'unica fotoreporter donna professionista in India durante il suo tempo e la sua sopravvivenza in un campo dominato dagli uomini è tanto più significativa perché la professione continua a escludere la maggior parte delle donne anche oggi. Ironia della sorte, i fotoreporter occidentali che hanno visitato l'India come Henri Cartier-Bresson e Margaret Bourke-White hanno ricevuto più attenzione dei loro contemporanei indiani. In una storia già invisibile, la presenza di Homai Vyarawalla come donna è stata ancora più emarginata.” (Gadihoke, Sabeena, “INDIA IN FOCUS: CAMERA CHRONICLES OF HOMAI VYARAWALLA” The Alkazi Foundation for the Arts. Accesso il 26 gennaio 2020.)

 

Nel 1970, poco dopo la morte del marito, Homai Vyarawalla decise di abbandonare la fotografia, proprio al culmine della sua fama, lamentando i “cattivi comportamenti” della nuova generazione di fotografi. Non scattò una sola fotografia negli ultimi 40 e più anni della sua vita: Homai Vyarawalla si trasferì a Pilani, nel Rajasthan, con il suo unico figlio, Farouq, tornando a Vadodara (ex Baroda) nel 1982. Dopo la morte di suo figlio per cancro nel 1989, visse da sola in un piccolo appartamento a Baroda dedicando tutto il suo tempo al giardinaggio.

Nel 2011, l'anno prima della sua morte, Homai Vyarawalla ha ricevuto il Padma Vibhushan, il secondo più alto riconoscimento civile in India.

Nel gennaio 2012, Vyarawalla cadde dal letto e si fratturò un osso dell'anca. I suoi vicini la aiutarono a raggiungere un ospedale dove però sviluppò delle complicazioni respiratorie; una malattia polmonare interstiziale la condusse alla sua morte il 15 gennaio 2012.



Quando le domandavano perché avesse abbandonato la carriera di fotografa all'apice del successo Homai rispondeva:

“Non ne valeva più la pena. Noi fotografi avevamo delle regole; seguivamo persino un codice di abbigliamento. Ci trattavamo con rispetto, come colleghi. Ma poi le cose sono cambiate in peggio. A loro interessava solo guadagnare qualche soldo in fretta; non volevo più far parte della folla”.

Poco tempo prima di morire donò la sua collezione di fotografie alla “Alkazi Foundation for the Arts” con sede a Delhi e, nel 2010, in collaborazione con la National Gallery of Modern Art, Mumbai (NGMA), la fondazione presentò una retrospettiva del suo lavoro.


Homai Vyarawalla. @indiahistorypics

 

Credo che raccontare la storia di questa donna in sari con la Rolleiflex in mano, poco considerata dai soggetti che ritraeva, costretta a lungo a firmare le sue foto con il nome del marito e sempre nell'ombra dei più celebri fotografi occidentali, sia importante.

Perché dimostra una grande tenacia e una profonda umiltà e dignità. Non sono molti coloro che abbandonano ciò che hanno più amato proprio al culmine del loro successo solamente perché il denaro primeggia sui valori etici.

 

Una grande lezione che viene ancora una volta da una donna in un contesto profondamente maschilista.

Anche questa è l'India che amo.

 

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